Di sparatutto è pieno il mondo. Il genere ha letteralmente invaso gli scaffali dei negozi, conquistando lentamente ma inesorabilmente posizioni che prima erano orgogliosamente presiedute da strategici, avventure, gdr, e quant’altro. Si tratta di uno sviluppo sensato considerando che si tratta di titoli dalle basi semplici ma stabilissime, accessibili, relativamente facili da strutturare e in grado di vendere molto con facilità. Ultimamente tuttavia iniziano un po’ a stancare, vuoi per l’assenza di reale evoluzione nelle meccaniche, vuoi per le somiglianze eccessive tra un prodotto e l’altro. In particolare molti giochi di questa tipologia tendono ad essere debolucci da un punto di vista narrativo: risultano spesso spettacolari ed esaltanti, certo, ma comunque mancanti quando si tratta di caratterizzazione e sviluppo dei personaggi e della trama, specialmente nel caso degli shooter militari. A mettere una pezza sono intervenuti i ragazzi di Yager Development, che hanno pensato bene di risolvere la situazione ispirandosi a una delle storie più oscure e disturbanti della letteratura, Cuore di Tenebra (e di conseguenza ad Apocalypse Now, che del libro era un adattamento). Una tale base aveva il potenziale di distaccare il lavoro degli Yager dalla immobile massa gelatinosa degli sparatutto in terza persona, e in parte è stata sfruttata a dovere. I giovani sviluppatori sono però inciampati sui fondamentali. Vediamo perché.
Inferno di sabbia e oroIn Spec Ops: The Line vestirete i panni del capitano Martin Walker, impegnato in una missione di salvataggio a Dubai in compagnia di due abili operatori Delta di nome Lugo e Adams . La splendida città araba è stata devastata da una terribile tempesta di sabbia, che ha imprigionato migliaia di superstiti disperati nel deserto. Walker ha due compiti, trovare i sopravvissuti, e scoprire che fine ha fatto il colonnello John Konrad, scomparso dopo il disastroso fallimento della prima missione di salvataggio. Si troverà ad affrontare un vero e proprio inferno sulla terra, in grado di mettere a dura prova il rapporto con i suoi collaboratori, e la sanità mentale di qualunque essere umano. Ci teniamo a precisarlo subito: la narrativa è il punto forte di Spec Ops: The Line. L’avventura del capitano Walker è una cruda e brutale caduta a corpo libero nell’abisso della pazzia. La storia non smorza mai i toni, e non cerca in nessun caso di attutire il colpo, mostrando immagini terribili e costringendo il protagonista a compiere azioni spesso disumane. Che gli sviluppatori abbiano puntato tutto su questo aspetto del gioco è ulteriormente evidenziato dalla cura riposta nella caratterizzazione dei personaggi. Walker e i suoi due compagni vanno incontro a una inesorabile degenerazione fisica e mentale durante la campagna, che li vede reagire in modo sempre più stizzito e infuriato nei dialoghi, e porta il protagonista ad avere momenti di follia palpabile. Sono tocchi di classe che aggiungono parecchio alla trama matura e ben strutturata del gioco, che non manca di colpi di scena (seppur alcuni dei principali siano facilmente prevedibili). Gli sceneggiatori sono riusciti a rimaneggiare il materiale originario in modo molto intelligente, questo gli va riconosciuto.
Dura la vita se non puoi fidarti della tua squadraPer descrivere al meglio il gameplay di Spec Ops: The Line è il caso di partire dalle meccaniche tipiche dei tps. In quasi ogni sparatutto con visuale alle spalle sono ormai presenti un cover system e un sistema di puntamento con zoom variabile derivante dall’arma, e questo titolo ovviamente non fa differenza. Il lavoro di Yager presenta però alcune caratteristiche distintive che è necessario descrivere singolarmente. In primo luogo le armi hanno un effetto semi realistico, che porta sia voi che i vostri nemici a morire molto rapidamente se colpiti da una scarica di proiettili. Altra caratteristica peculiare riguarda proprio le coperture, solo parzialmente sicure perché a volte distruttibili e non in grado di proteggere da nemici in posizioni vantaggiose (sono simili a quelle viste nei Kane & Lynch, seppur il sistema risulti complessivamente meglio strutturato). Per rendere le cose ancor più difficili gli sviluppatori hanno inoltre deciso di limitare le munizioni delle armi, cosa che costringe a utilizzare oculatamente le proprie risorse e a raccogliere di continuo fucili dai caduti, considerando che durante i capitoli si eliminano così tanti esseri umani da far sembrare Robocop un peluche. Un giocatore esperto dovrebbe comunemente gioire davanti a queste scelte di sviluppo, visto che sono calcolate per rendere l’esperienza più impegnativa. Solo un piccolo problema: in Spec Ops: The Line non si incastrano bene. Il livello di sfida è calcolato malamente, e ci si ritrova spesso a morire per un nonnulla o perché ci si ritrova in situazioni randomiche da cui è quasi impossibile sfuggire. Vedrete il vostro protagonista crepare in un nanosecondo più e più volte a causa di nemici estremamente aggressivi dalla mira praticamente perfetta, che spesso vi elimineranno stanandovi con le granate e vi trasformeranno in Emmental mentre tenterete di evitarle. Si può limitare al minimo la casualità delle sparatorie posizionandosi in modo furbo e attendendo pazientemente di rigenerarsi nei momenti di sicurezza, ma non si riesce a eliminare totalmente il problema, e i checkpoint posizionati male non aiutano. Le infamate legate alle meccaniche degli scontri sono però un problema parziale, che può risultare anche un aspetto positivo per certi giocatori. A dare davvero fastidio è infatti principalmente l’intelligenza artificiale dei propri compagni, anzi, la loro idiozia artificiale. Lugo e Adams possono risultare utili in molte situazioni, visto che è possibile ordinargli di eliminare determinati bersagli o di stordire gruppi di nemici con una granata flashbang. Peccato che risultino del tutto inutili in tanti altri casi, e non sia raro vederli uscire bellamente dalla copertura, sparare contro muri di cemento con la sola colpa di esistere, e ignorare completamente nemici pericolosi a pochi centimetri di distanza che sono riusciti ad aggirare la vostra posizione. Tutto ciò non sarebbe particolarmente grave se i due fossero perlomeno invulnerabili, ma non è così, e capita di dover correre a salvare uno dei membri del team che ha preso troppi colpi, prima che il tempo limite per farlo scada e lui decida di fare una visita al creatore. Inutile dire che non si è immuni ai danni durante questi “salvataggi”, e che il misto di mira perfetta dei nemici, inaffidabilità dei compagni, scarsità di munizioni, e cover parzialmente sicure può provocare una discesa nella pazzia non dissimile da quella del capitano Walker verso la fine della campagna, dove gli ostili diventano molto più pericolosi e resistenti. Affrontate le difficoltà maggiori solo se avete nervi d’acciaio, noi vi abbiamo avvertito. Per cavarsela meglio davanti al mare di soldati arrabbiati che la campagna non fa altro che lanciarvi addosso, i ragazzi di Yager hanno escogitato un’altra interessante meccanica, la “sabbia dinamica”. Dubai dopo la tempesta è stata invasa dal deserto, e voi potrete sfruttare questa condizione a vostro favore, provocando frane sabbiose grazie alla distruzione di vetri in cedimento, o sollevando nubi di polvere grazie alle granate, che limiteranno temporaneamente l’incredibile mira nemica. L’aggiunta è piuttosto originale, ma anche molto limitata, visto che viene introdotta solo in alcune mappe e si riduce nella maggior parte dei casi in una serie di scene scriptate. Buona invece la risposta delle armi, che fanno degnamente il loro lavoro e sono piuttosto numerose. La campagna è cortina e finibile in sei ore circa, ma presenta più finali (peraltro non difficili da ottenere), e situazioni di varietà passabile, sparse tra una serie infinita di scontri a fuoco. Altra componente del titolo è quella multiplayer, sviluppata separatamente da Darkside Games Studios. Il comparto online consiste in una serie di classici scontri a squadre, completando i quali è possibile guadagnare esperienza da spendere in perks ed equipaggiamento. Le armi e le abilità sono molte, ma la maggior parte dei perks hanno effetti piuttosto marginali, pensati probabilmente per non sbilanciare troppo le partite. Interessante la presenza di tempeste di sabbia e zone franabili anche nelle mappe online, che aggiungono un tocco di tatticità alle sfide, tuttavia non bastano a distinguere più di tanto la parte competitiva del gioco, anche a causa della risposta subottimale delle bocche da fuoco, che risulta stranamente inferiore a quella trovata nella campagna principale (forse a causa di qualche piccolo problema di latenza o della gestione leggermente diversa dei danni da proiettile online). Si tratta ad ogni modo di una gradita aggiunta, che può offrire qualche ora di divertimento extra e dovrebbe accompagnare un futuro dlc gratuito che conterrà una serie di missioni cooperative.
L’orrore?L’ambientazione di Spec Ops è all’altezza della sua narrativa. Dubai riesce a rimanere splendida nonostante il disastro che l’ha coinvolta, e il lusso delle locazioni si scontra magnificamente con le orribili scene di guerra che il giocatore è costretto ad osservare. Non si può quindi criticare l’atmosfera dell’opera di Yager, ma la tecnica sì: The Line presenta numerosi problemi visivi legati a imperfezioni e mancanza di rifinitura. Il motore usato è l’Unreal Engine che si difende più che bene come sempre, ma i suoi difetti più marcati, tra cui il caricamento ritardato delle texture, appaiono evidentissimi in questo lavoro. Strano soprattutto il fatto che gran parte delle imprecisioni grafiche appaia nell’ultimo quarto del gioco, probabilmente quello meno ritoccato considerando che presenta numerose imperfezioni legate non solo al motore ma anche alla giocabilità (mira imprecisa in uscita da qualche copertura, difficoltà ancora più cheap rispetto alla fase intermedia, e via così), almeno nella versione ps3 da noi provata. A salvare la baracca ci pensano fortunatamente gli ottimi effetti correlati alla sabbia, e una illuminazione lodevole, che valorizza notevolmente le mappe. Fantastico il sonoro, con un doppiaggio di ottimo livello e una soundtrack fantastica, che vanta pezzi di artisti come Kula Shaker e Mogwai. Il parlato italiano è degno di lode, ma non tiene testa a quello originale, principalmente perché il doppiaggio di Walker è affidato al mitico Nolan North, ed è dura reggere il confronto.
– Narrativa cruda e brutale dal grande impatto
– Ambientazione evocativa e sonoro notevole
– Meccaniche fondamentali solide e interessante uso della sabbia
– Livello di sfida mal calcolato
– Alcune imperfezioni tecniche
– Campagna singleplayer breve
– Intelligenza artificiale dei compagni penosa
Spec Ops: The Line è un’occasione parzialmente sprecata. Da una parte è una matura e brutale discesa nella follia umana, dotata di una narrativa dal grande impatto e di una campagna che rimane impressa, dall’altra è uno shooter dal gameplay scarsamente originale e rifinito, e dalla difficoltà mal calcolata. Con un po’ più di esperienza e di tempo a disposizione gli sviluppatori di Yager Development avrebbero potuto creare un titolo in grado di ergersi sulla vetta del genere. Purtroppo non è accaduto. Peccato.