Recensione

Smite

Avatar

a cura di Pregianza

I tempi in cui il gioco competitivo online su computer coincideva con gli strategici sembrano ormai passati. La community di Starcraft II viene ancora vista come il picco dell’abilità con mouse e tastiera, ma nei cuori di milioni di persone marine, zergling e zeloti sono stati sostituiti dai MOBA, il genere nato dall’indimenticabile Defense of the Ancients. 
Il motivo del successo di questa tipologia di giochi è presto detto: unisce tattica e team play a un sistema più accessibile di quanto sembra, che viene assorbito gradualmente di partita in partita e mantiene una varietà pressoché infinita, grazie a centinaia di eroi differenziati. 
Potrebbe sembrare un settore gustoso in cui buttarsi per gli sviluppatori, ma in realtà la torta se la stanno ormai dividendo tutta due colossi noti col nome di League of Legends e DOTA 2. A chiunque altro restano solo le briciole, e gli spiragli in cui infilarsi si fanno via via più minuti con l’avanzare dei mesi. Oggi, tuttavia, trattiamo uno dei pochi titoli dotati delle potenzialità necessarie a guadagnarsi le poche fette di pubblico rimaste in questo selettivo ambiente, Smite. Sviluppato dai ragazzi di Hi Rez Studios (Tribes: Ascend dovrebbe farvi illuminare qualche lampadina), questo MOBA riutilizza la formula fondamentale dei suoi concorrenti diretti, ma la rimodella in modo piuttosto unico, con una visuale in terza persona e la forza del… “divino” dalla sua. Già, perché in Smite gli eroi sono dei della mitologia nordica, greca, Azteca e così via, per un roster da non sottovalutare. 
Noi l’abbiamo provato, e oggi siamo pronti a dirvi se è il caso di ridarsi al paganesimo su PC. Per Atena!
Don’t f%&k with Anubis
Abbandonate qualunque velleità narrativa, e concentratevi subito insieme a noi sull’unico fattore che conta in questi titoli: la giocabilità. Come abbiamo detto, in Smite la formula è fondamentalmente immutata rispetto ai suoi predecessori, e due team da 5 giocatori si sfidano ancora senza esclusione di colpi in una modalità principale chiamata Conquest, dove l’obiettivo è ripulire tre vie in una mappa leggermente asimmetrica, costantemente percorse da soldati controllati dall’IA, finché non si arriva a distruggere la base nemica. Le cose sono state però cambiate un pochino con alcune interessanti aggiunte, tra cui i titani del caos, sostituti dei vecchi antichi che risponderanno ai vostri attacchi con delle bordate non indifferenti una volta raggiunti, rendendo ben più teso l’assalto finale al quartier generale avversario. La giungla, zona neutrale della mappa popolata da nemici che offrono denaro extra e buff vari, è a sua volta mutata, e in Smite risulta molto più intuitiva da navigare. Una mossa furba, visto che la nuova visuale da dietro renderebbe difficilissimo muoversi in un labirinto di mostriciattoli, cespugli e piazzole. 
A non variare invece è stato il sistema basilare di crescita dei personaggi, che guadagnano oro ed esperienza eliminando i nemici e devono acquistare oggetti durante la partita per potenziarsi. Le peculiarità qui dipendono dal modo in cui si ottiene l’oro, che permette anche ai support di equipaggiarsi degnamente poiché viene guadagnato restando nelle vicinanze dei nemici durante la morte (con solo un aumento di monete e punti xp in caso di last hit), e dalla gestione a tier degli oggetti comprati, che spinge a portare sempre ogni oggetto all’ultima evoluzione prima di passare al successivo. 
Una gestione lievemente semplificata che ben si adegua alla più grande forza di Smite, ovvero il suo essere molto più action dei suoi diretti rivali. Premesso che le abilità sono sempre tre con l’aggiunta di una ultimate devastante e le tattiche sulla mappa rimangono molto simili, la telecamera da dietro dona un feeling tutto particolare al lavoro degli Hi Rez, ulteriormente accresciuto dalla velocità delle fasi iniziali, dove le uccisioni si sprecano e le divinità tendono a crepare molto più di frequente rispetto agli altri titoli. Potranno sembrare piccolezze, ma queste sensazioni rendono l’esperienza più fresca di quanto si possa pensare, e hanno il vantaggio di rafforzare le tante modalità alternative alla Conquista offerte dal gioco. 
Lo si nota subito quando ci si lancia in una arena 3 vs 3 su una lane singola, o in un duello cooperativo contro l’IA: le modalità alternative di Smite sono divertenti, curate, e più giocate di quanto si possa credere. Non è una qualità da ignorare.
Tale struttura comporta ad ogni modo la presenza di alcuni difetti non realmente aggirabili. In primo luogo a risentire del modello di Smite è proprio la componente strategica, perché è molto più arduo coordinarsi in gruppo nelle team fight con una visuale ravvicinata e circondati dagli effetti speciali. I gank poi, le uccisioni improvvise di eroi che si allontanano troppo dal caldo riparo delle loro torrette, sono molto più difficili da prevedere. Non basta certo a rovinare il gioco, sia chiaro, ma gli amanti del controllo totale sono avvertiti. 
Release support Jesus, please
È quasi un paradosso che il più action dei MOBA sia forse al contempo quello con la miglior gestione delle partite ranked. Per passare alle leghe di Smite, difatti, non basta arrivare al livello 30 con il proprio personaggio, sono richiesti livelli di maestria con numerosi eroi diversi, un numero minimo di partite senza ragequit, ed è sempre possibile venir bannati a vita in caso di comportamenti eccessivamente caustici o da troll. C’è addirittura un periodo di tempo in cui le nuove divinità non possono venir utilizzate, perché il loro bilanciamento va ritoccato e perfezionato nei primi giorni di disponibilità. Le leghe sono presenti per tutte le modalità primarie e divise per capacità dei giocatori, come di norma, ma tali regole, e l’esistenza più “di nicchia” di Smite rispetto a DOTA 2 e LoL, hanno dato vita a una community più tranquilla e pacata rispetto alla bolgia infernale che solitamente popola i Dota-Like. 
Tecnicamente, peraltro, il titolo sfrutta in modo ottimo l’Unreal Engine, e offre personaggi di gran qualità, ben animati e piuttosto carismatici. Certo, il fatto che siano presi di peso dalla mitologia e dalle religioni antiche aiuta, ma l’art direction di Smite resta di alto livello, con dei restyle notevoli di ogni dio e un discreto numero di costumi alternativi. Siamo messi benone anche per  i neofiti, poiché al momento c’è un tutorial mode piuttosto completo, guide online visibili direttamente nel menù principale, stream diretti da twitch e replay vari. L’opzione replay non funzionava al momento della nostra prova, ma crediamo verrà sistemata a breve. 

– Eroi carismatici e variegati

– Ranked gestite ottimamente, e modalità extra divertenti

– In terza persona, più veloce, e più “action” di un normale MOBA

– Community leggermente meno caustica rispetto al resto del genere

– Trattasi pur sempre di un MOBA, quindi le teste calde (e vuote) non mancano

– Le team fight possono risultare confusionarie a causa della visuale

– Perde in tatticità rispetto ai diretti concorrenti

8.0

Smite si è rivelato un Dota-like nettamente superiore alle aspettative. Il prodotto di Hi Rez Studios è curatissimo, e offre sensazioni diverse da quelle dei suoi diretti avversari, grazie alla telecamera alle spalle e a un gameplay più action e veloce. Le sue caratteristiche gli fanno perdere qualche punto in tattica, ma poco importa. Sicuramente si tratta di uno dei pochi prodotti in grado di infilarsi tra i colossi di Valve e Riot, e dotati del potenziale necessario a mantenere una community appassionata a lungo. Se volete provare un MOBA diverso dalla massa, questo è il gioco che fa per voi.

Voto Recensione di Smite - Recensione


8

Leggi altri articoli