Recensione

Silent Hill: Homecoming

Avatar

a cura di AP

La paura, l’angoscia e l’ansia sono sensazioni decisamente spiacevoli che bene o male fanno parte della crescita emozionale di ognuno di noi. Nell’universo videoludico questi stati d’animo diventano tuttavia un tramite per raccontare storie cupe e oscure, capaci di divertire grazie alla non realtà delle stesse. Da paure ataviche come l’oscurità, la follia e l’ignoto pesca a piene mani la saga di Silent Hill. Questa cittadina corrotta dal male apparve per la prima volta su PSone nel lontano (videoludicamente parlando) 1999 come alternativa di Resident Evil, massimo esponente dei survival horror. Rischiare di mettersi in competizione con un titolo già ampiamente collaudato ed apprezzato fece sì che si cambiasse il tipo di orrore a cui il giocatore doveva andare incontro: classico e concreto quello del prodotto Capcom, psicologico e più metafisico quello Konami.La grande trovata della casa di Metal Gear, fu quella di fruttare un limite hardware per creare un’atmosfera in cui la nebbia, necessaria a rendere invisibili pop up e a rendere meno pesante il motore grafico, circondasse il giocatore facendolo sentire perso e solo in un luogo dove gli orrori non mancavano di certo. Dopo un terzo e quarto episodio piuttosto deludenti, arriva nei negozi Silent Hill: Homecoming, primo titolo per console casalinghe non sviluppato dallo storico team giapponese, ma affidato all’americanissimo studio Double Helix. Questo cambio di consegne ha portato alcuni cambiamenti nel gameplay, ma l’atmosfera non sembra averne risentito. Vediamo cosa si nasconde sotto la città.

Alla ricerca di JoshuaIn quest’episodio impersonerete Alex Shepard, ex militare che si ritroverà fin dall’inizio in grossi guai. Già dalla sua entrata in scena infatti capirete che lo spirito dei migliori Silent Hill alberga anche in questo capitolo. La trama che si andrà a dipanare da qui in avanti porterà a rivelazioni inaspettate e a colpi di scena notevoli, capaci di tenere desta l’attenzione e l’interesse di chiunque prenda in mano il joypad. Cercare di parlare del plot narrativo senza voler fornire indizi ai futuri acquirenti del titolo Konami risulta particolarmente arduo, per questo vi anticipiamo solo che il ritorno a casa che fa da sottotitolo al gioco vi riporterà nella cittadina natale di Alex, tale Shephed’s Glen, e qui scoprirà che tra le molte persone scomparse misteriosamente spicca il nome di suo fratello Joshua. Il suo incedere lo porterà a fare scoperte non propriamente gradite e, anche se per buon parte dell’avventura resterete spaesati, il finale riuscirà a mettere a posto tutte le tessere del puzzle, seppur seminando qua e la alcuni buchi nel plot.Nel vostro peregrinare farete la spiacevole conoscenza dei diversi mostri che vi faranno compagnia fino al doveroso epilogo. Le classiche infermiere saranno protagoniste del primo scontro in assoluto e già attraverso di esso potrete vedere con i vostri occhi quanto la modellazione poligonale sia decisamente migliorata rispetto ai titoli precedenti. Il loro incedere sarà sempre claudicante, incerto, nervoso e terribilmente ben fatto. A queste si aggiungeranno presto creature mostruose di ogni tipo, alcune già viste ed altre inedite, ma tutte particolarmente curate sia nel look generale, sia nelle animazioni e sia nei rumori che verranno prodotti dai loro movimenti. Tutto ciò riesce a creare un atmosfera decisamente unica, molto diversa da un qualunque altro survival horror che punti più sulla semplice mostruosità rispetto alle paure inconsce e psicologiche a cui la collina silente ci ha abituato.

Tutto come un tempo? QuasiIn quello che potremmo definire un prologo, impareremo a destreggiarci tra i menu e i pulsanti grazie ad alcune semplici istruzioni che compariranno a schermo e che ci aggiorneranno sulla funzione di determinati pulsanti. Tutto appare piuttosto classico: la visuale dietro le spalle del protagonista ci permette di vederlo sempre al centro dell’azione, accedere all’inventario darà la possibilità di accendere o spegnere la luce per districarsi nel buio e la radio per individuare la vicinanza o meno di eventuali mostri. Il gameplay storico rimane ancorato al passato con enigmi che sanno di già visto e poche idee veramente originali su questo versante. Avrete file da raccogliere insieme ad oggetti di cura e altri utili a risolvere enigmi mai troppo complicati. Se da questo lato Silent Hill Homecoming tende a deludere chi si aspettava novità significative, di certo non resteranno delusi gli amanti dei combattimenti. Lo scontro con i nemici nei capitoli passati è spesso stato visto come un continuo menar fendenti con l’arma da mischia del caso. Questa volta però si è deciso di rivoluzionare il sistema di lotta del personaggio, rendendolo più dinamico e facendo partecipare maggiormente il giocatore. Se con le armi da fuoco potrete usufruire di un sistema di mira piuttosto simile a quanto visto in Resident Evil 4 (e nel futuro quinto episodio), cercando comunque di limitarne l’uso a causa della scarsità di proiettili in giro per i livelli, con le armi da corpo a corpo le cose cambiano profondamente. Dopo aver premuto il tasto dorsale dedicato alla posizione d’attacco, potrete attaccare con colpi rapidi ma meno potenti, con colpi lenti ma capaci di ferire più profondamente o di schivare gli attacchi nemici abbassandovi o addirittura eseguendo rapide capriole. Se ciò non fosse sufficiente a convincervi della profondità di gameplay introdotta, sappiate che alternando i due pulsanti d’attacco potrete eseguire combinazioni ancora più efficaci. Ciò cambierà a seconda delle armi, in quanto il coltello sarà comunque più rapido di un’ascia, ma anche molto meno potente. Questa introduzione riesce nel difficile compito di non stravolgere il gameplay, ma anzi di arricchirlo ulteriormente donando anche una componente strategica agli scontri decidendo l’arma da utilizzare in base al nemico che si ha davanti.Se le fasi di combattimento sono diventate più dinamiche, purtroppo lo stesso non si può dire del controllo del personaggio. Alex risulta piuttosto lento nei movimenti e la mancanza di un comando per farlo voltare di 180° si fa sentire nelle fasi più concitate.

Tecnica e designFin dai primi momenti di gioco risulta difficile non rimanere intrappolati nell’incubo che i ragazzi di Double Helix ci propongono. L’atmosfera, nonostante sia bene o male la stessa già respirata più volte, è sempre pregna di situazioni in cui la tensione diventa palpabile. Le ambientazioni non sono caratterizzate da texture particolarmente ispirate, ma complici il buio e la nebbia sulle prime non ci si fa molto caso. Purtroppo esse risultano molto spesso immutabili, e le nostre azioni hanno una conseguenza solo in punti in cui ciò è necessario per proseguire. Il passaggio tra le due dimensioni avviene in tempo reale e mai come ora, vedere lo sfondo degradarsi da una sensazione da brivido, facendosi portatore di pessime notizie e riuscendo a far rimpiangere gli ambienti, scuri e degradati comunque presenti nel mondo reale. Come già anticipato sono invece notevoli sia il design “nextgen” dei mostri (comunque raramente originali) e soprattutto le animazioni distorte al punto giusto. Buone le texture che ricoprono il vostro personaggio e convincenti le animazioni, ma piuttosto scarse quelle inerenti i personaggi secondari che vi accompagneranno verso il finale, lasciando ampi margini di miglioramento per il futuro sequel.Decisamente migliore il comparto audio, capace di trasmettere terrore e angoscia attraverso i suoni prodotti dai mostri ed i suoni ambientali fatti di scricchiolii, urla lontane e passi nell’oscurità. Davvero eccezionali poi le musiche di Akira Yamaoka, adeguate in tutto e per tutto a ciò che avviene su schermo.Per quanto riguarda la longevità ci troviamo davanti ad un’avventura dalla durata non eccessiva ma rigiocabile grazie alla presenza di ben cinque finali differenti che verranno visualizzati in base a determinate scelte da effettuare durante l’avventura. Sono inoltre presenti un secondo livello di difficoltà e alcune armi bonus che potrebbero giustificare più di un giro in quest’avventura da incubo.

– Atmosfera eccezionale

– Comparto audio azzeccatissimo

– Buona innovazione nei combattimenti

– Cinque diversi finali

– Tecnicamente migliorabile

– Storia un po’ troppo confusa per buona parte dell’avventura

– Gameplay da svecchiare

7.5

Dopo le delusioni degli ultimi due capitoli, Silent Hill si ripresenta su console decisamente in forma. Nonostante alcuni difetti tecnici francamente evitabili, chi ha amato Silent Hill 2 troverà in Homecoming un po’ di quella (nera) magia. A un gameplay che avrebbe bisogno di una svecchiata si affiancano comunque alcune novità interessanti, sistema di combattimento in primis. Se non siete affamati di rivoluzioni nel gameplay e potete sopportare un gioco tecnicamente discreto ma non eccelso, Silent Hill Homecoming saprà ripagarvi con diverse ore di tensione, salti sulla sedia e momenti davvero forti. Anche per lo storico brand di Konami è finalmente giunto il momento di tornare a casa.

Voto Recensione di Silent Hill: Homecoming - Recensione


7.5

Leggi altri articoli