Da Shantae alla collina silente
Wayforward, gruppo di sviluppatori americani di discreto successo fin qui (su tutti citiamo Shantae e il più recente Mighty Flip Champs!), non ha avuto alcun timore reverenziale nell’approcciarsi ad una serie che ha poteva contare su milioni di fan nel suo momento d’oro, a cavallo tra la quinta e la sesta generazione di console, proponendo un capitolo che, pur da spin off, stravolge completamente tutti i canoni di gioco distintivi della serie fin qui, proponendosi come un’esclusiva PSVita e come un gioco fortemente improntato alla cooperativa, molto più vicino a canoni occidentali rispetto ai primordi dal gusto orientale della serie.La trama, come quella di molti dungeon crawler (perché è di questo che in fondo stiamo parlando) risulta essere poco più che un pretesto, un calcio per spingerci oltre la porta a confrontarci con un bestiario da incubo: nella sera del nostro compleanno, un inquietante postino ci recapita un pacco proveniente da Silent Hill, incurante delle nostre rimostranze derivanti dal fatto che non solo non conosciamo nessuno in quella ridente (?!?) cittadina, ma addirittura ne ignoravamo del tutto l’esistenza. Non bastasse la pioggia incessante e il fatto che stiamo trascorrendo la sera del nostro compleanno in totale solitudine, aperto il volume contenuto nel pacco, ci viene la bella idea di riscriverlo, visto che, apparentemente, contiene una descrizione dettagliata della nostra vita fin qui.“Che bello sarebbe poter cancellare gli errori commessi in punta di gomma”.E invece no. Sarà l’inizio della fine.
Squadra che perde si cambiaIl sottile sostrato narrativo termina, di fatto, qui: il nostro alter ego, scelto tramite un poverissimo tutorial, si ritrova catapultato in una realtà infernale, evidentemente debitrice, almeno in quanto a scenari e bestiario, nei confronti delle precedenti avventure pubblicate da
Konami.Dopo gli ultimi, più che deludenti risultati di
Homecoming e
Downpour, infatti, sia la casa giapponese sia gli sviluppatori americani devono aver pensato di dare una bella svecchiata al gameplay, nel disperato tentativo di traghettare la saga anche nella prossima generazione di console: la strada scelta è grossomodo quella dell’action RPG con visuale isometrica, sebbene vi siano dei distinguo importanti da fare. Il primo riguarda l’attenzione al loot, che è in genere il motore che muove i giochi di questo genere e che invece, in
Book of Memories assume un ruolo meno primario, quasi dimesso. E’ vero che raccoglieremo moltissime armi, medipack e kit di riparazione dai cadaveri dei nostri nemici, ma senza che queste si differenzino mai l’una dall’altra, senza la scintilla costituita dall’aver rinvenuto l’arma magica unica che nemmeno nei nostri sogni più proibiti.Il nostro protagonista raccoglierà quello che troverà per poter sopravvivere e si troverà, nella maggior parte dei casi, a dire addio all’arma raccolta solo tre stanze prima.Questo perché le armi deperiscono con l’uso, fino a diventare inutilizzabili, seguendo una scala di colori analoga a quella dei semafori, dove verde simboleggia un’arma in buono stato, giallo un’arma mediamente usurata e rosso un’arma che sta per lasciarci a piedi: questa struttura, unita ad una certa scarsità di munizioni, medipack e kit per la riparazione delle suddette armi, solletica l’istinto di sopravvivenza del giocatore soprattutto negli ultimi livelli dell’avventura, apparentandosi, seppur molto lontanamente, con l’angoscioso incedere dei protagonisti dei precedenti episodi.Scordatevi, però, balzi sulla sedia e rumori inquietanti, perché la produzione
Wayforward punta forte sul gameplay, sul multiplayer e su un’azione adrenalinica perfetta per una fruizione breve e occasionale.Proprio il gameplay lascia spazio a numerose critiche, pur non rivelandosi l’infausta porcheria che certa stampa internazionale vorrebbe farci credere: il sistema di combattimento, davvero basilare, diverte per le prime ore, per poi rivelarsi ripetitivo e finanche un po’ approssimativo nel riconoscimento di alcune hit box. Così anche il sistema di Karma implementato, sulla carta interessante, si rivela essere il classico boomerang mal lanciato che torna in faccia agli sviluppatori.Nelle loro intenzioni, quest’ultimo avrebbe consentito, tramite il raccoglimento di sfere rilasciate dai nemici sconfitti, di allineare il proprio personaggio alla Luce o al Sangue, ottenendo di conseguenza uno dei sei diversi finali di gioco a seconda della strada intrapresa: nei fatti, però, le dimensioni dello schermo di PSVita e l’indistinguibile ammasso di budella che spesso abbiamo lasciato sul campo dopo battaglie particolarmente sanguinose, non ci ha permesso di avvalerci di questo sistema, dato che, nella maggior parte dei casi, si finisce col raccogliere involontariamente sfere di entrambe le fazioni, lasciando il nostro personaggio in un limbo a metà strada tra Luce e Sangue.Non aiutano nemmeno la linearità e la ripetitività degli ambienti, che tendono a ripetersi con eccessiva frequenza e a condurre il giocatore in un loop non voluto e, francamente, non particolarmente gradito.Eppure i lati positivi ci sono, e non sono nemmeno trascurabili: la longevità è graziata da una durata media più che buona soprattutto per una console portatile (siamo attorno alle 10 ore), dalla presenza di 6 finali differenti e da una corposa modalità multiplayer, sia in locale che online, con il sistema di controllo che riesce a trasmettere sicurezza al giocatore e non forza l’implementazione della caratteristiche uniche di PSVita, il cui impiego è limitato quanto naturale (nella fattispecie per la gestione dell’inventario e per gli enigmi di fine livello).Insomma, preso per quello che è, il gioco ha i suoi momenti.Nota di merito soprattutto ai match online: sebbene abbiamo avuto qualche problema nell’hostare una partita (ma ricordiamo che la base di utenti al momento è limitatissima), abbiamo trovato i match rapidi e divertenti, con la solita corsa al loot una volta sconfitti i nemici ma anche con una latenza pressoché inesistente.
Una torcia per amicaIl comparto tecnico della produzione Konami ne riflette la natura ambivalente, alternando cose egregie ad altre decisamente rivedibili: alla prima categoria appartengono gli effetti di illuminazione in tempo reale, apprezzabili utilizzando la torcia, sicuramente i migliori mai realizzati su una console non casalinga, il bestiario, che, pur con la nuova visuale, risulta pienamente riconoscibile e apprezzabile (dalle infermiere a Pyramid Head, passando per i cani a due teste) e il comparto animazioni, non eccelso ma, a tratti, migliore degli ultimi due episodi su console HD.Nella categoria dei bocciati, invece, non possiamo non ascrivere la conta poligonale, decisamente limitata, il riciclo eccessivo di texture e colori, dei caricamenti biblici e un doppiaggio italiano pulito quanto inespressivo.Bene ma senza lode la colonna sonora, composta da suoni ed effetti abbastanza raccapriccianti che apprezzerete sicuramente di più con un paio di buone cuffie.