Una storia strappa lacrimeIn Shelter 2 i giocatori saranno chiamati a controllare una femmina di lince. Le primissime sequenze di gioco, che hanno il compito di illustrare i fondamenti del sistema di controllo, vedono l’animale in cerca di un riparo nella notte buia e resa minacciosa dai latrati dei lupi. Il motivo di tanta preoccupazione è presto noto: la lince, infatti, è incinta, e deve trovare al più presto un posto sicuro per partorire.Una volta finito il brevissimo tutorial, una breve cutscene ci metterà davanti alla nuova famigliola: alla mamma lince, infatti, si affiancheranno quattro piccoli cuccioli assonnati e teneramente accoccolati alla madre. E’ possibile dire senza particolari timori di essere smentiti che questo è il momento più importante di tutto il gioco, quello che determinerà se Shelter 2 sarà un’esperienza emozionante o una fastidiosa perdita di tempo. Se, infatti, la visione dei quattro piccoli cuccioletti vi smuoverà il cuore, al punto tale da voler dare a ognuno di loro un nome (il titolo contempla questa possibilità), allora è probabile che le seguenti due ore necessarie a terminare il titolo passino in uno stato di profondo coinvolgimento emotivo. Se la vostra reazione a questa scena, invece, sarà solo un tiepido “Oh, che carini”, è molto probabile che Shelter 2 non faccia al caso vostro, e che anzi si abbandoni il tutto dopo un’ora di gioco o poco più.
Una strappa storia lacrime
A una prima occhiata la nostra lettura sembra semplicistica, ma la risposta alla scena descritta in precedenza provoca una sorta di reazione a catena per via della “storia” narrata dal titolo, e soprattutto del gameplay.In
Shelter 2, infatti, non viene usato alcun artificio narrativo di sorta; il titolo, difatti, si concentra solo ed esclusivamente sulla di vita di mamma lince, che ha un solo obiettivo da portare a termine: proteggere i suoi cuccioli da lupi e altre minacce, e procurarsi il cibo necessario a far sì che i piccoletti possano crescere sani e forti. Non ci sono altri eventi particolari da raccontare, obiettivi da raggiungere, e in generale non siamo difronte a quella sorta di struttura chiusa vista nel primo
Shelter. L’esperienza di gioco proposta, infatti, è molto vicina a un’open world: si può andare dove si vuole, fare quello che si vuole, e per quanto tempo si vuole. Ovviamente, però, bisognerà fare i conti con madre natura, e qua torniamo al punto focale dell’analisi di
Shelter 2; cerchiamo di spiegarci meglio: durante la nostra prima
run, ad esempio, ci siamo sfortunatamente avventurati in una zona purtroppo priva di selvaggina. A un certo punto i nostri cuccioletti, che fino a poco prima seguivano vivaci mamma lince, si sono accasciati al suolo, incapaci di muoversi. Trascorsi altri lunghi minuti senza riuscire a trovare alcuna preda facile, siamo stati costretti a tornare sul luogo dove i piccoli giacevano ormai senza vita. E’ qui che torniamo al discorso fatto in precedenza: se per un qualsiasi motivo ci eravamo già affezionati ai piccoletti, è ovvio che un avvenimento del genere sia spiacevole, ma nonostante ciò emotivamente importante, e ciò potrebbe spingere immediatamente a ricominciare a giocare.Se non si riesce a rimanere coinvolti, invece, l’esperienza di gioco risulterà assai monotona: tutto quello che bisognerà fare, d’altra parte, sarà cacciare animali di vario tipo (soprattutto conigli, ma anche rane e cervi) e cercare di evitare le zone occupate dai lupi. Non c’è veramente molto altro da fare, in
Shelter 2, ed è per questo che la monotonia dell’azione di gioco, se non supportata da una partecipazione emotiva, potrebbe ben presto far desistere dal continuare a giocare. Tutto questo è conseguenza anche dall’aver voluto dare al titolo un’impostazione più aperta e libera; l’aver voluto incentrare l’attenzione su una lince, poi, ha fatto sì che rispetto al primo
Shelter cambiasse anche il tipo di attività principe del titolo, ovvero la caccia. Se al comando di mamma tasso potevamo andare alla ricerca di radici, frutta e anche selvaggina di varia natura, in
Shelter 2 tutto quello che potremo cacciare saranno animali di stazza varia. Ad aiutarci in queste fasi, poi, verrà in nostro soccorso una particolare abilità attivabile col tasto destro del mouse; una volta fatto ciò, infatti, il mondo di gioco virerà verso sfumature di grigio, evidenziando in rosso possibili prede e minacce. Si tratta di un espediente che aiuta specie nelle fasi in cui la selvaggina sembra scarseggiare.La possibile sensazione di noia cui accennavamo è frutto anche della assoluta mancanza di indicazioni, difetto peraltro già evidenziato nel primo
Shelter; se si escludono un paio di suggerimenti relativi più che altro al sistema di controllo, il titolo non si soffermerà mai a spiegare alcuni dettagli di gioco che, forse, avrebbero giovato di qualche approfondimento. Non si comprende, ad esempio, quale senso abbia inserire dei collezionabili sparsi per il mondo di gioco senza spiegare chiaramente quale sia il senso o i benefici della raccolta degli stessi; il giocatore è lasciato completamente solo al cospetto della natura selvaggia: se questo, da una parte, è un bene e potrebbe anche aumentare la voglia di giocare, e anche vero che per chi è già poco motivato tutto ciò potrebbe rappresentare un buon pretesto per lasciar perdere.
Una lacrima strappa storieChe ci si commuova o meno alla vista di cuccioli di lince virtuali che si affacciano alla vita non è argomento di discussione di alcun interesse; non è assolutamente corretto, infatti, pensare che un approccio al gioco sia più giusto o sbagliato, e di certo questa recensione non vuol indicare da che parte stare. Nella produzione Might and Delight, però, fanno capolino dei meriti se si vuole oggettivi o, per meglio dire, tutto sommato evidenti durante le poche ore di gioco proposte.Quello che ci ha colpito di più, in questo senso, è l’aggiunta di alcune trovate scenografiche che avranno il compito di sottolineare alcuni avvenimenti. Il passaggio delle varie stagioni e condizioni atmosferiche, ad esempio, verrà sottolineato da un puntuale accompagnamento musicale che ci ha spesso convinto. Veramente ottima, poi, la realizzazione della sequenza finale, che rappresenta un perfetto modo di finire l’esperienza di gioco, e in cui sonoro e “storia” si fondono in maniera semplice, ma nonostante ciò molto positiva. Da sottolineare, poi, l’aggiunta di una modalità chiamata “Albero Genealogico” che, in qualche modo (non approfondiamo questo aspetto per non “spoilerare” alcuni particolari di gioco), garantisce a livello teorico una certa rigiocabilità.L’aspetto grafico, invece, si segnala per un aspetto peculiare peraltro già visto nel primo Shelter, e costituito da una realizzazione volutamente priva di un gran numero di poligoni, e che vira su tonalità pastello. Questa trovata ci ha nuovamente convinto, perché capace di dare al titolo un carattere del tutto originale, quasi come se ci si trovasse all’interno di un libro illustrato. Tutto ciò, peraltro, ha permesso di dare una connotazione definita al titolo, che in questo modo risulta subito riconoscibile, senza aver dovuto spendere risorse eccessive nella realizzazione di un mondo gioco particolarmente elaborato dal punto di vista grafico; un dettaglio, questo, che nell’ottica di una produzione non così importante dal punto di vista economico fa sicuramente la differenza.Dal punto di vista tecnico, infine, dobbiamo segnalare alcuni sporadici cali di framerate, specialmente durante le concitate fasi di caccia: in queste particolari frangenti, poi, si aggiunge una gestione della telecamera via mouse che risulterà a volte un po’ difficoltosa; si tratta, in ogni caso, di elementi che non inficiano particolarmente l’esperienza di gioco.
– Ottima realizzazione delle sequenze finali
– Buon utilizzo dell’accompagnamento audio
– L’aspetto grafico rimane un elemento caratteristico della produzione
– Può portare a un forte coinvolgimento emotivo…
– …ma anche a una forte sensazione di noia
– Indubbiamente ripetitivo
– Longevità non ai massimi livelli
– La struttura maggiormente libera non sembra aver giovato all’esperienza di gioco
Shelter 2 non ci ha convinto del tutto: rispetto al primo capitolo il gioco Might and Delight offre in teoria un’esperienza più libera e priva di vincoli narrativi, ma il risultato di questa scelta è una ripetitività che potrebbe impedire a molti di vivere la pur breve avventura di mamma lince.
Dobbiamo ripeterci: se si riuscirà a rimanere emotivamente coinvolti, il titolo saprà regalare qualche momento anche di intenso coinvolgimento, specie durante le ottime sequenze finali; nel caso contrario, le poche ore di gioco proposte risulteranno inevitabilmente noiose. Il voto proposto, allora, rappresenta necessariamente una sorta di media derivata da questi due possibili approcci al gioco.