Se vedete un titolo ambientato nelle terre del Sol Levante, dove il protagonista è un tizio vestito di scuro che lancia shuriken, sapete già che la probabilità che si tratti di uno stealth game è piuttosto alta e in effetti, produzioni come Mark of the Ninja o il più recente Aragami sono proprio lì a ricordarcelo. Mimimi Productions e Daedalic Entertainment non fanno nulla per sfatare il mito, anzi, con il loro nuovo Shadow Tactics: Blades of the Shogun, ritornano a un sottogenere che non vedevamo da un po’, i cui capostipiti sono i vecchi Commandos e Desperados, dove la strategia e il muoversi nell’ombra si fondevano creando un gameplay profondo e complesso. Se visto di sfuggita, Shadow Tactics: Blades of the Shogun sembra dunque un titolo uscito da un’altra epoca, a cui si aggiungono ulteriori aspetti collegati a un setting visto in molte altre occasioni e un livello di difficoltà a cui oggi non siamo più abituati. Dopo parecchie ore passate a evitare che la scritta game over si ripresentasse lapidaria, possiamo affermare che la verità sta nel mezzo e che Shadow Tactics: Blades of the Shogun non è semplicemente un clone retrò.
Le vie del samurai sono infinite
Shadow Tactics: Blades of the Shogun – che d’ora in avanti chiameremo solo Shadow Tactics per amor di brevità – è uno strategico in tempo reale ma, a parte la visuale isometrica, con i vari StarCraft o simili, non ha nulla da spartire, visto che nel corso della lunga campagna si ha modo di comandare un massimo di cinque personaggi, costantemente soverchiati numericamente dalle guardie nemiche, pronte a farli fuori in pochi colpi. Vista la palese inferiorità sul campo di battaglia, l’unica soluzione è quindi quella di stare costantemente fuori dal campo visivo degli avversari e di far sparire ogni traccia che potrebbe farli insospettire. Una eventuale caccia all’uomo ha un solo finale già scritto, ossia la vostra morte, perché Shadow Tactics non scende in alcun modo a compromessi e se produzioni recenti, come Dishonored 2 o Deus Ex: Mankind Divided avevano un’alternativa più diretta rispetto all’approccio stealth, questa seconda via è del tutto assente nel titolo in questione. Shadow Tactics vive quindi una profonda dicotomia e viaggia costantemente tra lo sconforto più assoluto quando ci si ritrova costretti a compiere per l’ennesima volta la stessa porzione di livello e la soddisfazione estrema che si ha nel momento in cui si trova la chiave per avanzare nella sezione successiva. Mimimi Productions è riuscita a creare un perfetto connubio tra i cinque personaggi, il modo con cui i loro punti di forza e di debolezza si compensano a vicenda, e l’ambiente che li circonda, mettendo in scena un level design che spinge la mente del giocatore a lavorare costantemente per capire come sfruttare a proprio vantaggio ogni anfratto o elemento delle vaste mappe. L’apparizione sulla scena del ninja Hyato serve per apprendere le meccaniche basilari: ci si muove fra i cespugli per non entrare nel raggio visivo, si usa lo shuriken o la spada per eliminare i nemici e poi si fa sparire il corpo. In poco tempo la situazione diventa ben più complicata e già con il secondo personaggio, il corpulento e pesante samurai Mugen, si scopre che lavorare a comparti stagni usando un singolo personaggio alla volta non è praticabile e che l’unica soluzione è sfruttare all’unisono le abilità peculiari dei due. Il gioco di squadra non è un optional per finire più rapidamente il livello, ma risulta l’unico lasciapassare, utilizzando ad esempio Hyato per attirare due guardie con un sasso per poi eliminarle simultaneamente con un unico colpo del samurai. Uno ad uno vengono poi presentati il vecchio cecchino Takuma, la giovane Yuki e l’astuta geisha Aiko, ognuno dei quali – con le proprie uniche abilità e caratteristiche – non fa altro che aumentare le carte nel mazzo del giocatore, con il ventaglio delle variabili che aumenta a dismisura, di pari passo con la difficoltà sempre crescente dei livelli. Nel momento in cui ci si trova a dover gestire simultaneamente più personaggi, vista la natura in tempo reale del gioco che stronca ogni velleità di pausa prolungata, l’alleato più prezioso è stata la modalità ombra – Shadow mode – che permette di concatenare e salvare più azioni, da far poi compiere ad un gruppo di eroi con il colpo di un click. Il rovescio della medaglia, è che una volta innescata, se a metà strada ci si rende conto di una falla nella pianificazione, non resta che mettersi comodi e vedere i protagonisti crivellati di colpi di fucile o fatti fette.
Paesaggi vivi
Accanto a questi cinque nomi, vi è poi un sesto protagonista che nel corso della campagna assume un ruolo sempre più centrale: stiamo parlando dell’ambiente di gioco e delle molteplici opzioni che garantisce al giocatore per portare a termine la missione. Prima di imbastire una strategia occorre infatti osservare tutti i nascondigli, le stanze dentro cui ripararsi o i ganci per scomparire sui tetti. Non solo, ogni scenario cela dentro di sé anche delle armi da sfruttare a proprio vantaggio per eliminare silenziosamente un numero elevato di guardie, come bidoni esplosivi, massi da gettare sulla testa o, ancora, impalcature da far crollare al momento opportuno. Il lavoro svolto sul level design da Mimimi Productions è dunque di ottima fattura, dove spicca inoltre lo sviluppo verticale degli stage, soprattutto in quelli ambientati negli insediamenti urbani, con tetti o mura da scalare. Purtroppo, se personificassimo l’ambiente di gioco, quest’ultimo sarebbe uno di quei protagonisti che, dopo essersi finti a lungo degli alleati, tradiscono gli amici proprio sul più bello. Vuoi per un eccesso di zelo che ha portato Mimimi Productions a riempire le città, i forti o i boschi di elementi da sfruttare, vuoi per la visuale isometrica che sovrappone questi ultimi, capita spesso e volentieri di compiere errori per il semplice fatto che si è cliccato sull’oggetto indesiderato. La conseguenza è già scritta: game over. Le insidie non finiscono qua ed altre sono il diretto effetto di un gameplay in tempo reale che, a differenza di quello a turni, amplifica il rischio di commettere uno sbaglio, accorcia i tempi per riflettere e rende Shadow Tactics ancora più punitivo, con il counter delle morti che continua il suo inesorabile cammino. La scelta del tempo reale complica la vita spesso e volentieri, ma non può ricadere nella lista degli errori, dove trovano però spazio altri elementi che ci hanno fatto storcere il naso, uno su tutti il dover cliccare su un nemico per vedere il suo campo visivo. L’ancora di salvezza è in ogni caso presente, cliccando su un punto della mappa si riesce ad intuire se e quando quest’ultimo viene tenuto d’occhio dalle guardie, ma comunque avremmo preferito che tutti i coni visivi venissero visualizzati simultaneamente a schermo, anche a rischio di riempire il monitor con colori verdi, gialli e rossi. La somma di questi fattori fa sì che il meccanismo di trial & error sia il fastidioso compagno di viaggio che ci si porta dietro per tutte le tredici missioni, ma fortunatamente Mimimi Productions ha mitigato l’inevitabile senso di frustrazione grazie a due introduzioni: la prima, volta ad abbassare un minimo il livello di difficoltà, è una sorta di bullet time che si attiva quando si passa sotto lo sguardo dei nemici e che garantisce una manciata di istanti, in cui il tempo rallenta, per sparire dalla scena. La seconda è invece un sistema di salvataggio rapido, molto di più di una utile stampella ai checkpoint, e che evita al giocatore di ripetere lunghe sessioni di gameplay. Queste innovazioni smarcano Shadow Tactics dal passato e dimostrano come Mimimi Productions non si sia semplicemente attenuta agli stilemi di un genere quasi sparito dalla scena videoludica, ma si sia al contrario sforzata per andare avanti, abbracciando trovate moderne.
Il Giappone Edo
La relazione fra i cinque personaggi non è stata utilizzata solo come escamotage per arricchire il gameplay di elementi tattici, ma è anche il centro della storia narrata da Shadow Tactics, ambientata nel Giappone durante il periodo Edo. Le loro forti personalità contrastanti danno il là a dialoghi sferzanti, ma i cinque eroi dovranno mettere a tacere i dissidi per contrastare un oscuro colpo di stato contro lo Shogun appena salito al trono. Nonostante il tentativo di rendere più interessante la narrativa grazie alle identità dei protagonisti, il plot non vive mai momenti indimenticabili: l’attenzione del giocatore non è dunque catturata da improvvisi cambi di ritmi narrativi, quanto piuttosto dalla accurata ricostruzione che Shadow Tactics fa del XVII secolo giapponese, dove spiccano insediamenti urbani fitti di case in legno con lanterne appese fuori dalle porte, oppure paesaggi più verdi, in cui risaltano i colori degli alberi. Gli scenari sono puntellati di particolari e, nonostante la creatura di Mimimi Productions non si avvicini in alcun modo alla maestosità tecnica delle megaproduzioni moderne, la cura per i dettagli ed il sapiente uso di un cel shading non invasivo garantiscono a Shadow Tactics un colpo d’occhio degno di nota. L’unico punto a sfavore in questo ambito sono le animazione dei personaggi e dei vari npc, che si muovono in modo eccessivamente robotico e meccanico. Infine, anche la colonna sonora rispecchia con i suoi toni le atmosfere del lontano oriente e non risulta mai fuori luogo con ciò che accade su schermo.
HARDWARE
Requisiti minimi: – Sistema operativo: Windows 7 64-bit – Processore: Intel i3 2nd-Generation 2.5GHz, AMD Quad-Core 2.5GHz – Memoria: 4 GB di RAM – Scheda video: Nvidia GT640, AMD Radeon HD7750, 1GB Vram – DirectX: Versione 10 – Memoria: 13 GB di spazio disponibile
Requisiti consigliati:– Sistema operativo: Windows 7 64-bit or higher, Windows 8, Windows 10 – Processore: Intel i3 4th-Generation 3.5GHz, AMD Quad-Core 3.9GHz – Memoria: 6 GB di RAM – Scheda video: Nvidia GTX 570, AMD Radeon HD 6950, 2GB Vram – DirectX: Versione 11 – Memoria: 13 GB di spazio disponibile
– Personaggi complementari per un gioco di squadra
– I quick save sono un’ancora in mezzo all’oceano
– Il level design fa lavorare la mente
– Artisticamente ben fatto
– Il rischio frustrazione è dietro l’angolo
– I troppi elementi a schermo portano ad errori
– Game design non sempre fortunato
– Animazioni molto legnose
Shadow Tactics: Blades of the Shogun non è semplice tributo al passato. Il titolo di Mimimi Productions svecchia un genere ora quasi finito nel dimenticatoio, ma soprattutto riporta in auge il gameplay degli stealth tattici in tempo reale grazie ad un eccellente lavoro di level design e ad una spiccata tatticità derivante dalla complementarietà dei cinque personaggi. Purtroppo Shadow Tactics scivola proprio sul più bello e così gli scenari di gioco si rivelano una lama a doppio taglio, così come altre scelte in fatto di game design destano qualche perplessità e aumentano il rischio di frustrazione in un titolo già di per sé arduo.