Recensione

Samurai Warriors 4

Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

La sensazione di deja-vu, ad ogni recensione di ogni musou che arriva dal paese del Sol Levante, è ormai palpabile. Colpa (o merito, se ne siete amanti) di Koei Tecmo, che, dopo anni di incertezze e porting radi, nell’ultimo triennio ha puntato forte sullo sdoganamento delle sue serie anche in occidente, portando non solo i nuovi capitoli, ma anche alcuni dei titoli arretrati, subissando il mercato con un’offerta mai vista.Così, dopo il recente Warriors Orochi 3, ecco arrivare, in occasione del decennale della saga, Samurai Warriors 4, per tutte e tre le console a marchio Sony.In questa sede mi occuperò della versione PSVita, ma i contenuti sono identici per tutte le piattaforme: a cambiare, ovviamente, è il comparto tecnico.

Dalla Cina al GiapponeDifferentemente da Dynasty Warriors, la serie Samurai Warriors si è sempre concentrata sul Giappone piuttosto che sul medioevo continentale, tratteggiando personalità molto forti e realmente esistite, sebbene con diverse concessioni in quanto a personalità ed episodi storici: non il solo Nobunaga Oda è quindi al centro delle vicende, che nella modalità Storia ci mettono alla guida di diverse dinastie di personaggi, per un totale di 55 diversi combattenti selezionabili.L’espediente narrativo funziona: nella loro semplicità e monotematicità, le singole storie delle casate che saremo chiamati a seguire riescono spesso ad evitare che l’utente si abbandoni ad un sistematico skip delle sequenze parlate, nonostante l’accoppiata audio giapponese – sottotitoli inglesi non sia propriamente la più comoda per i fan meno sfegatati.Lo humour tutto nipponico che permea alcuni dialoghi smorza bene l’epicità e la forza empatica di altri, tesi ad evidenziare valori primari nell’epoca Sengoku, come la lealtà, il coraggio e l’altruismo.Pur rimanendo distante da quello che si direbbe un dipanarsi ben ritmato, quindi, il comparto narrativo del titolo Koei testimonia dei timidi passi avanti rispetto alle ultime uscite, in linea con molti altri aspetti del gameplay e del versante puramente tecnico.

Piccoli passi avantiI ragazzi di Omega Force propongono, con questo quarto episodio della loro saga giapponese, un paio di modifiche al gameplay che, personalmente, ritengo giovino all’esperienza finale e la rendano un minimo meno approssimativa in quanto a profondità: la possibilità di passare da un generale all’altro con la semplice pressione di un tasto e un maggior peso della parata all’interno degli scontri.Visto che, anche questa volta, gli obiettivi “in itinere” che le missioni proporranno saranno spesso posti dall’altra parte della mappa, la possibilità di impartire ordini al personaggio che non controlliamo direttamente, in modo da gestirne comportamento e posizionamento, ci consente un’ubiquità virtuale, eliminando le noiose scarpinate da un estremo all’altro delle aree e velocizzando il gameplay.Peraltro, una combinazione adeguata di due eroi dalle caratteristiche complementari (uno molto potente e l’altro, magari, più veloce) consente di affrontare qualsiasi sfida secondaria il gioco ci proponga, favorendo un pizzico di strategia e un po’ di allenamento anche per la nostra materia grigia, oltre che per i polpastrelli.Intendiamoci: il nocciolo del gameplay rimane la pressione forsennata dei tasti di attacco, che per l’occasione diventano tre grazie all’inclusione degli Hyper Attack, attivabili con il tasto triangolo e perfetti per il “crowd control”, ma dopo qualche ora di gioco emerge la sensazione di potersi facilitare la vita preparando bene le missioni e gestendo la cooperazione tra i due eroi selezionati, e tanto basta per elevare Samurai Warriors 4 sopra la media dei suoi cugini.Altro elemento che diversifica alcune fasi delle battaglie è il maggior peso dato dagli sviluppatori alla parata: laddove in moltissimi altri titoli di Koei Tecmo fino ad oggi questa era quasi accessoria, e si rivelava utile solamente ai massimi livelli di difficoltà e quasi sempre in concomitanza con gli scontri con i generali nemici, in questo quarto capitolo “giapponese” parare con tempismo si rivela una dote tanto quanto picchiare come fabbri.Oltre a sbilanciare un nemico se effettuata in una breve finestra temporale, la parata minimizza i danni subiti e offre a sua volta una finestra nella quale anche il più coriaceo dei boss (e le sue guardie del corpo) prestano il fianco ad un attacco speciale o ad un attacco forte, con cui, altra piccola novità di questo episodio, è ora possibile iniziare una combo.Ancora una volta, è bene sottolineare che questa aggiunta non trasforma il sistema di combattimento caotico della saga in una danza di morte a la Dark Souls, ma è giusto apprezzare dei miglioramenti che, per quanto piccoli, vanno nella direzione giusta, che secondo me è quella di rinnovare meccaniche di gioco ormai stantie.Anche il Chronicle Mode concorre a migliorare l’esperienza di gioco: oltre a consolidare l’offerta ludica, questa modalità lascia libero il giocatore di immergersi nell’atmosfera del Giappone medievale, scegliendo quali missioni portare a termine e come forgiare il proprio combattente a livello di equipaggiamento, oggetti e buff temporanei: in futuro mi piacerebbe vedere una maggiore flessibilità anche sulla scelta delle skill e delle abilità, in stile gdr, ma in fondo la saga si configura ancora come un action quasi puro, e come tale continua a vendere milioni di copie, quantomeno in patria.

La pulizia è sempre graditaSe la versione next gen si fa apprezzare per un motore finalmente all’altezza della situazione, su PSVita i miglioramenti sono decisamente meno evidenti, seppure presenti.A voler guardare il bicchiere mezzo pieno, la situazione è drasticamente migliore rispetto a quel Dynasty Warriors Next di un paio di anni fa, con un framerate più stabile, una maggiore densità delle truppe nemiche e una costruzione poligonale dei protagonisti più complessa; cionondimeno, il pop up è ancora una costante, con il motore che non riesce a gestire per tempo l’apparizione di edifici o di una nuova “mandria” di nemici appena girato un angolo, ad esempio, e la conta poligonale di tutti i nemici è più degna di una PSP che di una PlaystationVita.In generale, comunque, la sensazione generale è di una maggiore pulizia visiva rispetto alle precedenti uscite portatili, con qualche asset preso in prestito dal buon Toukiden, soprattutto durante le cutscene, di buona qualità.Nessun appunto, invece, in quanto a offerta ludica e longevità: le modalità, di fatto, sono solo due (se si eccettua il Dojo Mode), ma entrambe sono ben strutturate e possono portare via all’appassionato un monte ore paragonabile a quello di un gioco di ruolo giapponese.Soprattutto il Chronicle Mode, se giocato ai livelli di difficoltà più elevati, saprà dare del filo da torcere anche ai fan di lunga data del franchise.

– Gameplay più veloce e più tecnico rispetto al solito…

– Offerta ludica imponente per il genere

– Ottimizzazione del versante tecnico

– …ma pur sempre ancorato al button mashing

– La varietà latita ancora una volta

– Stimolante solo al massimo livello di difficoltà

6.5

Un musou è un musou. Non è per compiacere Lapalisse che mi lascio andare a questa considerazione, ma per sottolineare come Samurai Warriors 4 non faccia nulla per piacere ai neofiti del genere, rischiando poco al prezzo di non allargare il bacino di utenza.

Eppure la maggiore cura per il prodotto, una serie di piccole scelte di game design (prima tra tutte l’alternanza in tempo reale tra due personaggi) e un reparto narrativo non così malvagio bastano per fare dell’ultima fatica Koei Tecmo il migliore tra i musou giocati nel corso dell’ultimo triennio, quello che ha segnato l’invasione dei guerrieri medievali orientali anche al di qua del Caucaso.

Voto Recensione di Samurai Warriors 4 - Recensione


6.5

Leggi altri articoli