Recensione

Rocketbirds: Hardboiled Chicken

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a cura di musehead

Il Verdetto di SpazioGames

7.5

Se togliessimo di mezzo le bandiere, i nomi delle nazioni, le razze e i tratti somatici, sarebbe difficile capire la collocazione ideologica dei popoli. Se russi, americani o francesi fossero sostituiti da varie specie di volatili, magari polli e pinguini, non sapremmo distinguere gli uni dagli gli altri. Conterebbero i fatti, ed il bene e il male si disfarrebbero delle convinzioni imposte dai pregiudizi. La mistificazione ironica di Rocketbirds diventa spunto per riflettere. E divertirsi! 

La globalizzazione del videogioco 
Nel primo decennio di vita del nostro medium preferito, il videogame era materia americana o giapponese. Mattel e Atari, Sega e Nintendo erano due passi avanti all’Europa, mentre il resto del mondo non giocava nemmeno la partita. Col tempo abbiamo assistito anche altrove alla nascita di sviluppatori indipendenti, con alcuni di essi capaci di espandersi e divenire persino publisher, ma il trend recente è soprattutto quello di aprire degli studi  in paesi di sviluppo legati a compagnie già affermate, in maniera tale da sfruttare una manodopera a buon mercato e idee fresche, provenienti da una cultura videoludicamente inesplorata. E’ la storia della compagine dei Ratloop Asia di Singapore, legata ad un’azienda americana ma capitanata da un leader belga-singaporese. Un vero ombelico del mondo, che nel 2009 ha partorito un flash game intitolato Rocketbirds che pian piano è riuscito a guadagnarsi un po’ di sole, raggiungendo persino le finali in due premi dell’Indipendent Game Festival 2010. Quest’anno la grande occasione di approdare sul Playstation Network per imboccare la via della distribuzione di massa, naturalmente non prima di un bel lifting per l’irripetibile appuntamento. 
Un soldato predestinato 
Hardboiled è un pollo, ma solo nell’accezione più stretta del termine, guai a considerarlo un impiastro. Un pollo come quelli che vengono abitualmente consumati in cucina, cotto al forno oppure alla piastra, magari bollito. E proprio mentre il protagonista stava per diventare un uovo sodo (“hardboiled” in inglese significa esattamente questo), il suo destino ha preso una svolta: il feto imprigionato nel guscio non è perito nonostante l’elevata temperatura, il che ha rivelato le straordinarie doti fisiche della creaturina. La chiamarono appunto Hardboiled e venne subito iniziata alle arti militari, con la specializzazione nell’uso del jetpack, scampando alla triste fine dei suoi altri simili da allevamento. Il soldato ha sempre militato nell’esercito di un dittatore totalitario vigliacco ma senza scrupoli, con l’intenzione di imporre la specie del pinguino come dominatrice del mondo procedendo all’estinzione dei gruppi minori, polli in primis. Tuttavia, proprio durante una consueta operazione di “pulizia etnica”, Hardboiled rimane incantato dalla purezza di un suo simile, giovane e candido ma con la falce della morte sulla propria testa: la vista di un suo commilitone che si accinge a sparargli alla tempia infuoca il suo spirito ribelle ed eroico. Hardboiled reagisce e diventa un rinnegato per i pinguini, un mito per i polli, e dedica la sua vita alla lotta al regime. 
Un altro mondo 
Rocketbirds può essere difficilmente circoscritto ad una categoria videoludica. Come il suo stesso designer ama definirlo, andrebbe considerato preferibilmente un cinematic platform, definizione che ci porta indietro con la memoria fino ai fasti della Delphine Software e del suo Another World per Amiga del 1991. Un capolavoro assoluto che illustrò come fosse possibile raccontare una storia articolata nella semplicità concettuale dei giochi di piattaforme. La tradizionale inquadratura laterale veniva applicata a schermate fisse nelle quali si poteva tanto sparare quanto prestare attenzione ad alcuni rompicapo da risolvere, elementi ripresi pari pari proprio da Rocketbirds, che si prodiga in un plateale tributo ad Another World nel momento in cui raccogliamo un’arma, con una sequenza animata che ricalca quella presente nel titolo Delphine. Le vicende di Hardboiled, tuttavia, sono molto più focalizzate sull’elemento shooter derivante dall’ambientazione militare, la quale tuttavia non gode di un modello di combattimento profondo: sono disponibili tre armi per volta, di cui due soltanto effettivamente utili, più una granata e una sorta di animaletto che ci permette di controllare i nemici. Vi è una sola modalità di fuoco e in talune schermate sarà possibile scalare in secondo piano per evitare i proiettili ostili, ma è una caratteristica sfruttata davvero molto poco. Meglio esplorato è il controllo mentale: una volta colpito un soldato nemico con l’apposito item, potremo utilizzarlo per penetrare tra le fila nemiche e seminare il panico, oppure per azionare porte e ascensori, permettendoci così di spostarci in locazioni precedentemente inaccessibili. In alcune occasioni, Hardboiled dovrà caricarsi sulle spalle il suo jetpack e lanciarsi in scontri volanti contro le unità speciali dell’esercito nemico per riuscire, infine, ad abbatterne le temibili strutture aeree in diversivi molto graditi. La componente da rompicapo è invece piuttosto blanda ma contribuisce all’ampliamento della varietà: tuttavia si tratterà quasi sempre di dover spostare casse e leve per ottenere combinazioni utili al favorimento del nostro passaggio.Da non tralasciare anche l’opzione per il gioco a due collaborativo in locale, che si svolge negli stessi ambienti della campagna single-player ma riformulando la risoluzione di alcuni enigmi e gli obiettivi, nonostante la sensazione di deja-vu per chi avrà già completato l’avventura principale rimarrà per forza di cose inevitabile.
Flash non-Flash 
Rocketbirds nasce per essere giocato nella mestizia di una pagina web, ma già nel 2009 andava dato atto alla Ratloop Asia di aver minuziosamente curato la parte grafica che, pur non potendo vantare preziosismi tecnici, sfoggiava il merito di una direzione artistica competente e nient’affatto scontata. Gli sprite godono della consueta pulizia di linee caratteristica dei lavori in Flash, con colorazioni essenziali e tratti ben distinti, e lasciano trapelare la dichiarata ispirazione fumettistica europea che ha influenzato il team leader, appassionato di Lucky Luke, Asterix e Tin Tin. Le animazioni sono più che valide, alcune eccellenti, come quella che precede il controllo mentale di un nemico, ed è soprattutto nell’espressività dei vari guitti che la competenza dei grafici risulta evidente. Per fortuna, vi sono stati degli aggiornamenti tecnici per l’avvento sul PSN che hanno riguardato i fondali: le immobili schermate originali sono state rivisitate per adeguarsi allo standard 720p così come alla stereoscopia. Oltre a una maggiore definizione della scenografia, per ogni locazione sono state preparate due immagini che scorrono parallatticamente, ingannandoci con una tridimensionalità fittizia che centra perfettamente l’obiettivo di disfarsi della staticità precedente e che rende molto bene sui televisori 3D. Più in generale la cura riposta nel disegno dei fondali è elevata, tanto nelle sezioni al chiuso quanto in quelle in volo, e la buona impressione deriva anche dalla totale assenza di tile, ovvero i noti tasselli che si ripetono nelle scene e nelle texture in moltissimi videogiochi. I maggiori acuti artistici li offrono tuttavia i filmati che intercorrono tra una missione e l’altra, straordinari nell’efficacia narrativa e montati come esaltanti clip musicali. Proprio la soundtrack è uno dei motivi d’orgoglio di Rocketbirds, con gli sviluppatori che si sono accaparrati i diritti per l’utilizzo dei motivi new-metal della band New World Revolution, che nei suoi brani enfatizza le atmosfere militari e lo spirito di umanità in conflitto con la guerra. Canzoni come Double Agents, focalizzata sui ricordi di due soldati amici che si ritrovano a lottare su fronti diversi, e Illuminate Me, stupenda e dilaniata dai dubbi sul reale senso della giustizia, risultano estremamente aderenti alla trama di Rocketbirds, al punto che viene da domandarsi se non siano state scritte in funzione del gioco. 
Potenza a corto raggio 
L’esperienza offerta da Rocketbirds: Hardboiled Chicken è godibile quanto imperfetta. Affascinante nell’ottica di metafora mistificatrice, il propellente che ci spinge a proseguire tra i quindici capitoli dell’avventura è innanzitutto la curiosità di assistere a nuove cut scene e all’epilogo della vicenda. La struttura ludica, infatti, mostra in fretta i suoi limiti, in particolare negli scontri: la singola modalità di fuoco e gli script di attacco elementari dei nemici tolgono ai combattimenti molto potenziale, dato che si tratterà per la quasi totalità delle volte di premere per primi il pulsante di fuoco. Gli enigmi da risolvere, magari con il controllo mentale, sono i benvenuti ma si riducono, come anticipato, a spostamenti di casse e azionamenti di leve spesso in maniera combinata, dopodiché punto e accapo. Molto gustose invece le spericolate acrobazie col jetpack, agevolate da controlli precisi e reattivi. Possiamo dire che l’insieme di queste attività contribuisce alla costruzione di un senso di varietà che, tuttavia, continua a soffrire di mancanza di profondità. La durata complessiva dell’avventura fatica a prolungarsi per un paio di pomeriggi, che scorrono comunque piacevolmente, ma si sente la mancanza di incentivi alla rigiocabilità, dato che alla conclusione delle campagne single player e in doppio avremo già sbloccato tutto il possibile. 
Un’ultima piccola e triste nota: nonostante la ridotta quantità di dialoghi presente nel gioco, risalta l’infima qualità della localizzazione nel nostro idioma, palesemente effettuata tramite precari traduttori elettronici, con correzioni solo saltuarie.

– Splendidi filmati e musiche

– Riuscito l’update grafico anche per TV 3D

– Divertenti jetpack e controllo mentale

– Ottima la sceneggiatura

– Combattimenti troppo semplificati

– Nessuno stimolo a rigiocarlo

– Enigmi troppo simili tra loro

7.5

Un lavoro impeccabile di aggiornamento e conversione, nonché un prodotto artisticamente eclettico e competente: splendidi i filmati, azzeccatissima la colonna sonora, riuscita la sceneggiatura. Qualche pecca c’è, in un gameplay carente in profondità, con scontri ed enigmi troppo simili fra loro, ma con sezioni da affrontare in jetpack come riusciti diversivi per una durata di gioco complessiva non elevata e con l’handicap dei pochi stimoli alla rigiocabilità.

Un prodotto che antepone la forma all’azione, che risulta tuttavia godibile in virtù della sua capacità di saper raccontare.

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