Tra i giochi annunciati per Playstation VR, Robinson: The Journey è sempre stato sicuramente uno tra i più attesi, complice anche la nomea della casa di sviluppo dietro al titolo, vale a dire Crytek. A quasi un mese dal lancio di Playstation VR, possiamo finalmente testare in prima persona questa avventura per dirvi se le nostre aspettative sono state ben riposte.
Jurassic World
Dopo lo schianto dell’astronave Esmeralda sul pianeta Tyson III, un giovane ragazzo di nome Robin si ritrova ad essere l’unico sopravvissuto dell’equipaggio. Immerso in un mondo a lui sconosciuto, potrà contare solamente sul suo ingegno per sopravvivere, oltre che sull’aiuto dell’intelligenza artificiale HIGS, un piccolo robot volante sopravvissuto anch’esso al disastro. Poco dopo il loro arrivo, ai due si aggiungerà un terzo compagno di viaggio, vale a dire Laika, un cucciolo di T-Rex che esce dal suo uovo proprio di fronte agli occhi atterriti di Robin, e che il ragazzo deciderà di adottare, contro i consigli di HIGS.
Queste sono le premesse narrative di Robinson: The Journey. Il gioco ci vedrà impegnati nella ricerca di altre unità HIGS sparse per Tyson III, ciascuna delle quali ci andrà a raccontare un pezzo della storia dell’Esmeralda, aiutandoci a ricostruire, passo dopo passo, gli eventi che hanno portato al suo tragico epilogo. L’obiettivo principale, per il giovane Robin, rimane la sopravvivenza in questo mondo giurassico popolato da ogni genere di insidia, nell’attesa di trovare qualcuno che, magari, possa aiutarlo a ricostruirsi la sua vita.
Le minacce sono qui costituite da una natura tanto splendida e lussureggiante quanto tenebrosa e pericolosa, con creature pronte a fare di Robin il loro pasto, come Pterodattili, Raptor e T-Rex. Anche gli erbivori si rivelano potenzialmente letali a causa della loro stazza, e persino il paesaggio stesso si rivela ricolmo di ostacoli. Insomma, il nostro Robin, proprio come il Robinson della letteratura, si ritrova isolato in un mondo a lui sconosciuto, dove da essere il più grande predatore si trasforma in una preda alla mercé di qualsiasi avversario.
Il mondo di gioco viene reso egregiamente dall’accoppiata di Cryengine e Playstation VR: sebbene permanga un certo effetto blur sugli oggetti, graficamente il titolo è maestoso, e permette un’immersione altrimenti impossibile grazie alla realtà virtuale. Sarà impossibile non perdere qualche minuto ad ammirare le vallate di Tyson III, e vedere i dinosauri prendere vita in modo così vivido di fronte ai nostri occhi sarà uno spettacolo imperdibile per chiunque sia mai stato incuriosito dai giganteschi esseri. L’effetto di immersione viene aumentato dal comparto audio, che ci farà credere di trovarci davvero in mezzo a radure sconosciute anche quando chiuderemo gli occhi.
Croce e delizia
Come abbiamo detto, Robinson usa a dovere le potenzialità offerte dal VR. Purtroppo, però, il titolo porta con sé alcuni difetti che hanno caratterizzato titoli già usciti in precedenza, uno su tutti la motion-sickness.
Robinson, purtroppo, causa una fortissima sensazione di nausea già dopo pochi minuti di gioco: a nulla sono valsi i tentativi di rendere regolabile lo spostamento della visuale, affidata all’analogico destro. Potremo scegliere se far procedere la visuale a scatti o in modo fluido, ma in entrambi i casi (l’opzione di movimento fluido è particolarmente sconsigliata) mal di testa e vomito non tardano a farsi sentire, rendendo il gioco, di fatto, ingiocabile per chi non ha uno stomaco di ferro (e anche queste persone non potranno fare sessioni molto lunghe).
L’unico consiglio che possiamo darvi, sempre che riusciate a giocare il titolo per più di qualche minuto senza sentirvi male, è di muovervi, all’interno del gioco, quanto più lentamente possibile, esercitando solo una leggera pressione sugli analogici.
A questo proposito, segnaliamo la mancata possibilità di utilizzare i controller Move: un peccato perché utilizzare il Dualshock, per quanto comodo, comporta sempre una perdita di immersione.
Vita da esploratore
Ciò che caratterizza Robinson dal punto di vista del gameplay, è sicuramente l’esplorazione. Dovremo infatti avventurarci in lungo e in largo attraverso il selvaggio mondo di Tyson III per portare a termine il nostro obiettivo, incontrando diverse tipologie di flora e fauna lungo il nostro percorso. Sullo schermo non ci sarà un HUD, e l’unica arma a nostra disposizione sarà un oggetto multi-funzione che farà sia da scanner, permettendoci di analizzare le forme di vita del pianeta, sia da sollevamento-pesi, in quanto potremo usarlo per alzare e spostare oggetti non eccessivamente pesanti.
Durante il gioco, potremo anche impartire ordini a Laika, che si rivelerà fondamentale per superare certe situazioni, ad esempio ricorrendo al suo ruggito da T-Rex, che spaventerà ogni creatura nelle vicinanze, o quasi. Ci saranno anche delle brevi sezioni in cui prenderemo il controllo di HIGS per risolvere dei semplici puzzle.
Il vero problema di Robinson è che, oltre all’esplorazione e alla storia raccontata, il gioco non ha nulla da offrire: tutto si sviluppa in modo lineare, i pochi enigmi presenti sono di una facilità estrema, e il gioco, nonostante la sua breve durata, rischia di annoiare una volta esaurito l’effetto meraviglia. Non bastano le poche attività secondarie, come la raccolta di scansioni, ad aumentare la voglia di tornare sui propri passi per esplorare più a fondo certe zone. Insomma, i fan del genere “walking simulator” e della fantascienza potrebbero rimanere affascinati dal mondo di gioco abbastanza a lungo da convincersi a rimanere per tutta la durata dell’avventura e anche più, ma per tutti gli altri la noia è dietro l’angolo.
– Mondo di gioco splendido
– Vedere i dinosauri di fronte a sé fa un certo effetto
– Narrativa interessante
– Motion-sickness elevatissima
– Assenza di enigmi degni di nota
– La noia è dietro l’angolo
Robinson: The Journey è un titolo che riesce a sfruttare appieno le potenzialità visive del VR ma che, al contempo, soffre enormemente del suo difetto più grande, vale a dire la motion-sickness, che rende il titolo davvero difficile da giocare per più di pochi minuti di fila, nonostante gli sforzi fatti per limitare il fastidioso effetto. Il colpo finale viene dato dal fatto che, passato l’effetto meraviglia, il gioco non ha poi molto da offrire, rivelandosi un titolo scialbo e lineare, in cui la noia si aggiunge a nausea e mal di testa.