L’Internet, si sa, può facilmente tramutarsi in un vespaio furioso, dove anche la più piccola delle scintille può svilupparsi fino diventare un enorme incendio. Tra le discussioni in ambito videoludico più calde dello scorso anno non può non essere citata quella che vide coinvolto Rise of the Tomb Raider, realizzato da Crystal Dynamics. Il titolo, come ormai ben sappiamo, si rivelò essere un’esclusiva temporale per l’home console di Microsoft, tuttavia un susseguirsi di dichiarazioni incomplete ed imprecise, spesso accompagnate da mezze verità o da veri e propri dietrofront, resero l’intera faccenda incredibilmente confusionaria, costituendo difatti una matassa che andò a sbrogliarsi solo dopo diverso tempo. Gli utenti Playstation hanno lamentato a lungo il fantomatico tradimento da parte di Crystal Dynamics, la quale ha infine deciso di chiudere ogni tipo di controversia rivelando come l’eroina più iconica del mondo videoludico sarebbe giunta col tempo nelle case di tutti gli appassionati. Dopo quasi un anno dalla sua uscita originale, e in concomitanza con il ventesimo anniversario della serie, Rise of the Tomb Raider è in procinto di sbarcare su Playstation 4, permettendo finalmente a tutti i giocatori di poter affrontare la nuova avventura di Lara Croft. La lunga attesa verrà ripagata?
Temprata dalle difficoltàRise of the Tomb Raider non si limita a porci davanti ad una nuova emozionante avventura archeologica all’insegna del fantastico e dell’incredibile, ma ci propone una vicenda strettamente legata alla protagonista, in maniera estremamente intima, per non dire viscerale. Il nuovo obiettivo di Lara coincide con l’ultima ricerca del padre, toltosi la vita in seguito all’abbattimento dell’opinione pubblica sul proprio lavoro, ritenuto unanimemente come semplice fantasticheria, priva di alcun fondamento. La ragazza cercherà così riscattare la reputazione del genitore andando alla ricerca della Sorgente Divina, una misteriosa reliquia in grado di donare la vita eterna. Quello affrontato da Lara sarà un viaggio estremamente pericoloso, non solo per via della natura selvaggia e dell’ambiente ostile che si ritroverà ad affrontare, ma soprattutto a causa dell’intromissione della Trinità, un’organizzazione priva di scrupoli che farà di tutto per mettere le mani sulla portentosa reliquia.Risulta sin da subito evidente come la narrativa in quest’ultimo capitolo abbia compiuto dei sostanziali passi in avanti rispetto al suo predecessore. La Croft che ci ritroveremo ad impersonare in questa nuova avventura non sarà più la ragazza spaurita ed ingenua dell’isola di Yamatai. Le difficoltà vissute l’hanno segnata indelebilmente, scavando profonde ferite nel suo cuore, ma temprandola fino a farla diventare una vera e propria guerriera. Le cadute di stile che vedevano la ragazza disperarsi in lacrime per l’uccisione di un cervo, salvo poi commettere freddamente delle stragi poche ore dopo, sono diminuite, grazie principalmente ad una maturazione del personaggio di Lara, la quale non è esente dal provare rimorso ed essere tormentata dai fantasmi del passato, ma che riesce ad agire con lucidità anche nelle situazioni più estreme, mantenendosi quasi sempre coerente con sé stessa. Proprio questo spaccato sulla mente della protagonista dona all’intera vicenda ulteriore profondità ed interesse. Quella che questo seguito ci propone è una Lara che non sta chiaramente bene, che sembra voler percorrere la stessa spirale discendente che ha portato il padre alla sua tragica fine. A spingerla è un fervore quasi religioso, una volontà ineluttabile che la porta a compiere imprese folli pur di perseguire il suo obiettivo, il quale non si limita ad essere un semplice traguardo, ma si trasforma nello stesso legame che la unisce alla figura paterna ormai scomparsa. Tuttavia il personaggio subisce una lenta ma costante evoluzione nel corso dell’avventura, portandola a comprendere ciò che realmente desidera, scoprendo come esistano dei limiti oltre i quale non ci si deve spingere oltre. Una sorta di storia all’interno della storia, che dona spessore e valore alla protagonista, rafforzandone così la caratterizzazione in vista di avventure future.La vicenda principale in sé ricalca in buona parte quella già vista nell’episodio precedente, attraverso una narrazione lineare spesso all’insegna dell’incredibile e dell’esagerato, con sequenze decisamente spettacolari ma tutto fuorché realistiche. Tutto ciò tende a cozzare con la volontà degli sviluppatori di realizzare un’avventura dalle sfumature più oscure e introspettive, abbandonandosi in qualche frangente fin troppo ad una spettacolarità hollywoodiana. Il tutto viene poi condito da un’immancabile dose di sadismo, la quale tuttavia è stata sensibilmente ridotta rispetto al passato, ma che non si risparmierà di mostrarci una Lara sbattuta di qua e di là in maniera spesso tragica. Il risultato non è sempre gradevole, ma contribuisce a creare un legame empatico tra il protagonista ed il giocatore, che si ritroverà a provare pietà e compatimento, ma anche ammirazione per la sua forza di volontà e coraggio.
Il piacere della scopertaAnche nelle meccaniche di gioco Rise of the Tomb Raider rimane sostanzialmente fedele alle caratteristiche del predecessore, condividendone la struttura di base, ma arricchendola con diverse novità, in grado di migliorarlo e definirne una personalità distinta. Ci troviamo ancora una volta davanti ad un action-adventure in terza persona, dove fasi esplorative e platform si intervallano ad altre shooter e stealth. Ciò che davvero cambia è il grado di libertà con cui il giocatore può decidere di muoversi tra queste fasi. La componente esplorativa è stata sensibilmente migliorata, grazie all’implementazione di mappe di dimensioni più ampie rispetto a quelle viste in passato, offrendo così al giocatore la possibilità di compiere numerose deviazioni dal proseguimento verso l’obiettivo principale. Che sia affrontare una battuta di caccia per raccogliere risorse, esplorare l’area alla ricerca di collezionabili, compiere missioni secondarie o esplorare antiche strutture ricche di tesori, starà interamente a voi decidere come agire, arrivando ad approntare un ritmo di proseguimento che ricalchi il vostro stile di gioco e i vostri obiettivi. Nello specifico è stato dato un maggior peso alle meccaniche survival, focalizzate non tanto sul sostentamento del nostro alter ego, quanto piuttosto nella costruzione di attrezzatura ed oggetti che permettano di affrontare sempre preparati le numerose difficoltà che l’avventura ci porrà davanti. La raccolta di materiali naturali si rivelerà spesso molto importante, proprio perché tramite essi sarà possibile creare risorse preziose, come munizioni speciali, cure da poter utilizzare direttamente sul campo, armi improvvisate ma ugualmente letali, e ulteriore equipaggiamento per poter aumentare la scorta massima di oggetti trasportabili. In concomitanza dei falò, che fungono ancora una volta da veri e propri checkpoint, potremo personalizzare ulteriormente la nostra Lara, migliorando tramite modifiche l’efficacia delle armi da fuoco, o spendendo i punti abilità acquisiti con l’esperienza nei tre skill tree presenti. Tale sistema di crescita prevede l’acquisizione di talenti passivi ed attivi tramite la spesa diretta di un singolo punto per abilità, ricalcando un sistema di progressione che viene influenzato dal numero di skill ottenute nei rami precedenti. Sia quello appena descritto che il sistema di potenziamento delle armi non costituiscono certamente elementi gdr dalla grande profondità e complessità, tuttavia consentono di dare quel tocco di personalizzazione in più ad un’avventura che cerca di offrire delle scelte, seppur limitate, che possano variare il proprio stile di gioco. L’esplorazione vera e propria è ancora una volta legata all’ottenimento di gadget attraverso il normale proseguimento, richiedendo spesso e volentieri una buona dose di backtracking in concomitanza delle fasi più avanzate di gioco, così da poter superare gli ostacoli inizialmente invalicabili disseminati nelle aree precedenti. Come abbiamo già accennato, gli scenari sono colmi di collezionabili, il cui ritrovamento tuttavia risulta più appetibile grazie alla natura stessa di tali oggetti, presenti sotto forma di testimonianze audio in grado di svelare interessanti e gradevoli retroscena, o antiche reliquie del passato da poter ammirare. La componente esplorativa si conferma senza ombra di dubbio come una delle più riuscite, specialmente grazie alle tombe, la più significativa delle aggiunte inserite in Rise of the Tomb Raider. Si tratta di zone essenzialmente facoltative, superabili solo attraverso il risolvimento di puzzle ambientali più o meno articolati, ricompensando il giocatore con abilità uniche, come la possibilità di sparare un maggior numero di frecce consecutivamente, resistere per breve tempo ai colpi nemici dopo essersi curati, o individuare trappole prima che esse possano scattare. Come già detto l’esplorazione rappresenta uno degli aspetti più divertenti e riusciti del titolo, grazie ad enigmi molto vari, che non eccedono nella difficoltà, ma che costringono il giocatore a spremersi le meningi, utilizzando soluzioni che prevedano l’utilizzo della fisica di gioco e dell’equipaggiamento a propria disposizione. Si tratta di un elemento che gradiremo senza dubbio venir ulteriormente sviluppato in un eventuale seguito, in quanto conserva parte dello spirito che caratterizzava i precedenti Tomb Raider.
Archeologa da battagliaIl combattimento, per quanto assolutamente non pessimo, tende a rappresentare l’anello più debole della catena rappresentata da Rise of the Tomb Raider, soprattutto nel caso lo si affronti direttamente. Le modalità sono ancora una volta rimaste sostanzialmente invariate, con una Lara in grado di entrare automaticamente in copertura, e di chinarsi nel caso in cui i nemici nelle vicinanze non l’abbiano ancora individuata. Gli approcci al combattimento sono sostanzialmente due, ovvero quello diretto e quello stealth. Quest’ultimo è decisamente il più funzionale, e si adatta molto meglio al personaggio di Lara e al tipo di contesto inserito all’interno del gioco. Posizionarsi dietro coperture, al di sopra di piattaforme rialzate o all’interno della vegetazione si rivelerà indispensabile per rimanere invisibile agli occhi dei nemici, i quali non godono di un cono visivo particolarmente esteso. Tramite l’istinto sarà possibile evidenziare i nemici isolati, i quali andranno messi fuorigioco tramite l’uso di armi o delle esecuzioni ravvicinate. Nella maggior parte dei casi il miglior approccio resta quello di far fuori uno alla volta tutti i bersagli isolati, seguendoli nel loro pattern di movimento o attirandoli grazie ad un diversivo. Spesso sarà anche possibile utilizzare l’ambiente circostante a proprio favore, provocando incendi o esplosioni che permettano di coinvolgere più avversari contemporaneamente. Si tratta di un approccio che non offre certamente le stesse possibilità viste in altri titoli dedicati allo stealth, ma che nei suoi limiti funziona e diverte, premiando la pazienza e la strategia.Saranno tuttavia molti gli scontri in cui non potremo godere di un vantaggio tattico, ma che dovranno essere affrontati direttamente, attraverso serrate sparatorie che coinvolgono spesso un grande numero di nemici. In questi frangenti la situazione tende a peggiorare, complice un’IA nemica sì aggressiva, ma non brillantissima, e un rendimento della balistica e delle armi da fuoco non sempre ottimale e ben bilanciato. Il feeling scaturito dalle sezioni shooter tende a non essere soddisfacente quanto dovrebbe, a causa magari della scarsa precisione e rendimento di alcune armi, in favore dell’efficacia fin troppo esagerata del fucile a pompa o dello stesso arco, che si riconferma come lo strumento più letale a nostra disposizione. Alla luce di tutto ciò avremmo preferito una maggiore possibilità di scelta nell’approccio da utilizzare, in quanto sono davvero numerosi gli scontri in cui viene imposto un confronto diretto, il quale non è certamente definibile come pessimo, ma risulta meno godibile se paragonato ad altri aspetti più riusciti del titolo.Crystal Dynamics non si è limitata alla sola campagna per il suo Rise of the Tomb Raider, ma ha realizzato un ottimo quantitativo di contenuti extra che potessero accontentare i giocatori più esigenti, soprattutto coloro in cerca di sfide. La storia principale è infatti accompagnata da missioni speciali chiamate Spedizioni, che permettono di affrontare particolari sfide, attraverso livelli unici o rigiocando i capitoli della campagna. Ogni spedizione può essere personalizzata drasticamente attraverso l’uso delle carte, particolari modificatori che possono variare sensibilmente l’esperienza di gioco, offrendo malus e bonus di varia natura, che andranno poi ad influenzare il moltiplicatore del punteggio. Le carte potranno essere acquistate in uno store interno dedicato, attraverso punti ottenibili principalmente giocando la storia principale. Si tratta di una modalità indubbiamente gradevole, che permette di compiere una sostanziale deviazione dall’avventura standard, favorendo la sfida e la competizione.
Vent’anni di CroftLa lunga attesa dei possessori di Playstation 4 non verrà unicamente ripagata con l’originale Rise of the Tomb Raider, ma sarà arricchita da tutti i dlc realizzati per il titolo, nonché da contenuti completamente inediti. I giocatori potranno adesso esplorare in ben due nuove modalità il maniero Croft, la tanto lussuosa quanto decadente abitazione della famiglia di Lara. La prima si focalizza prevalentemente sulla narrativa, mostrandoci un breve episodio postumo agli eventi della campagna. In “Legami di Sangue” la celebre archeologa si ritroverà alle prese con una spinosa questione riguardo l’eredità della magione, contestata dallo zio materno, tutore di Lara e beneficiario del patrimonio Croft. L’improvvisa morte del padre e l’assenza di un testamento hanno infatti lasciato la protagonista in una situazione precaria, che le richiederà di esplorare la magione in cerca di possibili prove che possano legittimarla e renderla l’erede effettiva del patrimonio di famiglia. La breve avventura presente in “Legami di Sangue” differisce sensibilmente da quella presente nel gioco originale, in quanto quasi del tutto priva di vero e proprio gameplay. Si tratta di un’esperienza estremamente simile a quella vista in titoli come Gone Home, in cui sarà necessario esplorare il maniero ed interagire con i numerosi oggetti sparsi all’interno di esso. In realtà sono presenti giusto un paio di enigmi che richiederanno un minimo di sforzo mentale, ma in generale ci troviamo davanti ad un episodio interattivo di poco più di un’ora che ci porterà a conoscere numerosi retroscena della famiglia e dell’infanzia di Lara, arrivando persino a lanciare un indizio su quelle che saranno le sue imprese future, il tutto attraverso un proseguimento dal ritmo lento e rilassato. Si tratta di un contenuto indubbiamente atipico, ben diverso dagli standard di Tomb Raider, eppure godibile nella sua limitatezza, grazie ad un buon livello di scrittura e di narrativa.Il secondo contenuto coinvolge anch’esso il maniero Croft, calandolo tuttavia in un’atmosfera ben più lugubre e pericolosa. Nell’Incubo di Lara vi ritroverete ad affrontare orde di morti viventi, nel tentativo di liberare la magione dalla presenza malvagia insediatasi in essa. Si tratta di una nuova Spedizione, soggetta ad una buona diversificazione assicurata dalla locazione casuale degli obiettivi, delle armi e del punto di partenza stesso. Segnaliamo poi l’aggiunta di un nuovo livello di difficoltà, della possibilità di giocare in cooperativa nella spedizione Stoicismo e tutta una serie di nuovi costumi per celebrare l’anniversario della serie.La versione Playstation 4 di Rise of the Tomb Raider si conferma di ottima qualità, particolarmente stabile nel frame rate, il quale rimane ancorato ai 30 fps anche nelle situazioni più concitate. Permangono tuttavia i problemi legati alle animazioni, che spesso vengono interrotte o forzate in movimenti improvvisi e innaturali al fine di garantire un superamento fluido degli ostacoli. Oltre ai bug minori già visti nelle altre versioni, segnaliamo una problematica molto fastidiosa che porta a crash improvvisi nel caso in cui si interrompa una registrazione prima che il doppiaggio sia terminato. Il comparto sonoro rimane di ottima fattura, nonostante un doppiaggio italiano non sempre eccezionale, un lip sync assente per la nostra lingua e dei sottotitoli che più volte tendono ad andare fuori sincronia con i dialoghi.
– Rise of the Tomb Raider nella sua forma più completa
– Sensibilmente migliorato rispetto al predecessore
– Enigmi vari e articolati, ma mai eccessivamente diabolici
– Grande numero di contenuti
– Frame rate solido e grafica di ottima qualità
– Presenza di bug, alcuni dei quali molto fastidiosi
– Le fasi shooting non convincono del tutto
– La narrativa tende a cedere il passo in alcuni frangenti
Dopo ben un anno dalla sua uscita originale, Rise of the Tomb Raider sbarca finalmente su Playstation 4, arrivando nelle case di tutti gli appassionati dell’archeologa più iconica del mondo videoludico. I Crystal Dynamics hanno saputo migliorare quanto già di buono c’era nel precedente capitolo, rilanciando una serie che ha fatto la storia del medium. Possiamo senza ombra di dubbio affermare che l’attesa verrà totalmente ripagata, attraverso un pacchetto che contiene tutti i contenuti aggiuntivi realizzati per il titolo, ai quali si aggiungono modalità ed episodi del tutto inediti. I difetti riscontrati nelle altre versioni permangono inalterati, ma la loro presenza non compromette la validità di un prodotto indubbiamente ottimo. Non vi resta altro che afferrare arco e piccozza e immergervi in questa nuova esaltante avventura di Lara Croft.