Ad un anno e mezzo di distanza, Milestone torna a puntare forte su quello che senza dubbio è stato uno dei progetti più ambiziosi della sua storia recente: Ride. Titolo accolto da pubblico e critica con un misto tra scetticismo e grandi aspettative, tra chi lo presentava come il Gran Turismo delle moto e chi invece ne sottolineava le innegabili criticità.
Un gioco sicuramente intrigante, in grado di solleticare il palato dei centauri più incalliti, che aveva dalla sua un succoso numero di moto e componenti, ma risultava per molti aspetti imperfetto.
E’ sulla base di queste premesse che tra gli appassionati l’interesse nei confronti di questo Ride 2 (da poco rilasciato su Pc e console current gen) si è fatto sempre maggiore, avendo la fervente curiosità di scoprire se gli sviluppatori milanesi avessero tentato il colpo grosso, investendo in modo importante per questo nuovo capitolo, o se avessero piuttosto scelto di mantenerne sostanzialmente invariata la formula, per il più classico dei “more of the same”.
A ticket to Ride
Ride 2, esattamente come nel primo capitolo, ci permette di inserirci gradatamente nel mondo delle corse su due ruote, dando il via alla nostra carriera sul World Tour, elemento cardine attorno al quale si diramano poi tutte le altre modalità di gioco. Scelto il nostro primo bolide, potremo quindi iniziare dal basso la nostra scalata verso le vette del motociclismo mondiale. Un percorso lungo ed impervio, che ci vedrà alle prese con moto di diverse categorie e cilindrate sempre più prestazionali.
Una delle più gradite introduzioni di questo secondo capitolo è sicuramente quella delle supermotard (o supermoto), che vanno ad affiancarsi alle naked ed alle moto racing già presenti nel primo Ride. Le gare in supermoto risultano senza dubbio tra quelle più divertenti, ma anche tra quelle più semplici da portare a termine, e il dubbio che si tratti di una categoria decisamente secondaria (anche vista la penuria di modelli ed eventi dedicati) è difficile da spazzar via.
La sensazione di progressione della modalità carriera è discreta, anche se la libertà concessa al giocatore è forse all’inizio un po’ spiazzante, rischiando di confondere un po’ gli utenti meno metodici. Una maggiore concatenazione degli eventi, seguendo la regia e la guida degli sviluppatori, magari aggiungendo qualche elemento di “trama” per avvincere il giocare alle vicende del proprio avatar, non avrebbe guastato.
Vinte le prime gare, messi da parte i primi fondi e utilizzati i propri crediti con criterio, acquistando le moto più performanti e sviluppandole al meglio con le giuste componenti, anche le gare più difficili possono essere portate felicemente a termine con il minimo sforzo (almeno ai livelli più bassi di difficoltà e di simulazione). Per fortuna, i limiti stringenti imposti in termini di Performance Points riescono quantomeno a limitare un possibile strapotere “tecnologico” da parte del giocatore, anche se a volte tale limitazione rende insensato (o quantomeno rischioso) l’acquisto di moto eccessivamente prodighe di PP.
La fase di potenziamento o di tuning puramente estetico dei propri bolidi è forse tra le cose più riuscite del primo capitolo, e qui torna con tutta la sua convincente miriade di parti e componenti specifiche per ogni moto, tra le quali poter scegliere quelle che più fanno al caso nostro. In realtà, le opzioni di elaborazione davvero d’impatto sono poche, ma il dover fare i conti con i suddetti PP riesce a rendere le fasi di potenziamento un po’ più ragionate e intriganti.
Alla classica modalità carriera, si affiancano gli “eventi ad invito” (resi decisamente più interessanti che in passato grazie alla loro nuova scadenzatura), i classici campionati di categoria e la modalità “squadra vs squadra”, per sfide 4 vs 4 contro i migliori team del pianeta. Inoltre, come sempre, sono immancabili le cosiddette “modalità veloci” (gara veloce, prova a tempo e splitscreen) e l’online. Interessante aggiunta è quella delle di sfide giornaliere o settimanali con le quali cimentarsi per ottenere preziosi token da investire per lo sviluppo della propria squadra.
Il tutto permette al titolo di Milestone di regalare agli appassionati decine se non centinaia di ore di divertimento in pista. Longevità solo potenzialmente infinita, visto che purtroppo il titolo rischia ben presto di accartocciarsi un po’ su se stesso, per colpa di una carriera un po’ monotona e delle modalità di corredo non certo esaltanti, col fondato pericolo di annoiare il giocatore ben prima del dovuto.
Chi ti ha dato la patente?
Passando ad analizzare le sensazioni in pista, l’impatto è sin da subito molto familiare, e chi ha giocato al precedente capitolo si troverà immediatamente a suo agio, senza bisogno di alcun apprendistato. Per i neofiti, invece, potrebbe essere un buon investimento quello di spendere le prime ore di gioco prendendo confidenza con le naked di cilindrata minore, per poi passare gradatamente a moto di differenti categorie e maggiore forza bruta.
Le piste messe a disposizione sono un discreto numero, con nuove interessanti aggiunte (Nürburgring ed Hellenic Towers su tutte) alle quali si affiancano le piste che ormai è possibile definire “storiche” della serie (come Kanto Temples, French Riviera, Sugo e Milano), impreziosite da leggeri restyling. La qualità media dei circuiti è alquanto altalenante, con piste molto ispirate sia dal lato estetico che per il design di curve e chicane, e altre che invece risultano un po’ spente e monotone. In generale, nonostante una maggiore cura rispetto al passato, il livello di dettaglio di alcuni elementi di contorno è comunque molto spesso imbarazzante, anche se alcuni scorci un tantino più ispirati riescono comunque a fare la loro figura. Per fortuna, una volta presi dal furore agonistico della gara, verrà spontaneo focalizzarsi sull’azione in pista, tralasciando gli orpelli meramente estetici.
Le moto (poco meno di 200 diversi modelli) dal canto loro risultano sufficientemente dettagliate, e seppur non facendo gridare al miracolo, riescono a gratificare l’occhio dell’utente. Inoltre, il diverso comportamento in pista dei ciclomotori, sia di differente categoria che cilindrata, è ben riprodotto, seppure molti modelli tendano ad essere molto simili tra loro.
Le sensazioni di guida sono buone, anche se con tutti gli aiuti attivi il gioco è fin troppo “pilotato”, non riuscendo quindi a restituire grosse emozioni, ma già disattivando i primi aiuti (in particolare la frenata assistita) e spostando la fisica verso vette più simulative, le cose si faranno leggermente più complesse, e soprattutto decisamente più intriganti. Disattivare i “rewind”, concessi al giocatore per rimediare ai propri errori più grossolani, risulta però molto rischioso, vista l’alta probabilità di incorrere in penalità spesso troppo punitive anche alla minima (seppur incolpevole) uscita di pista, col pericolo di vanificare con una leggera pizzicata sul cordolo una gara tirata fino all’ultima curva.
Se il feeling in pista con Ride 2 è generalmente positivo, è giusto segnalare come purtroppo i grandi difetti storici dei titoli Milestone degli ultimi anni siano ancora tutti lì.
L’AI degli avversari è ancora fin troppo scolastica, con tutti i nostri rivali che si incolonnano imprescindibilmente sulla traiettoria ideale, tentando di tanto in tanto qualche timida sortita. I piloti gestiti dalla CPU difficilmente lasceranno le loro traiettorie sempre perfette (salvo qualche rara e a volte immotivata caduta), costituendo dei veri e propri ostacoli in movimento, soprattutto vista la loro straordinaria stabilità ed aderenza, che li rende dei veri e propri carrarmati in grado di travolgerci alla nostra prima esitazione, e contro i quali avremo timore di entrare in collisione vista la matematica certezza di aver sempre la peggio. Dal canto suo anche la fisica, seppur leggermente ritoccata, è ancora largamente imperfetta, con collisioni e cadute molto spesso dagli effetti poco realistici.
Il coraggio di rischiare
Come detto, il gioco tecnicamente non è certo esaltante, ma risulta senza dubbio maggiormente ottimizzato e rifinito rispetto al primo Ride, con un framerate decisamente più stabile (almeno su Ps4). Un grande passo in avanti è stato fatto in tema di caricamenti, che nel titolo precedente costituivano una vera e propria piaga, rendendo alquanto frustrante ogni cambio di pista. La sensazione è quella di un gioco molto più fluido e veloce, seppur con numerose incertezze (soprattutto nell’impacciata navigazione tra i menu).
Bene il comparto audio, con il rombo dei motori diversificato per quasi ogni modello, che aiuta non poco a creare un gradevole senso di immersione. Le musiche di accompagnamento, purtroppo, sono invece molto monotone e ripetitive, non dando quella scarica di adrenalina che forse sarebbe stato lecito attendersi.
Conclusa la nostra panoramica, bisogna ammettere come sin dalle prime battute, la sensazione di déjà vu sia più che evidente. I menu, le modalità di gioco, nonché diverse moto e piste presenti, sono totalmente mutuati dal titolo precedente. Bisogna ammetterlo, chi si aspettava un cambio di direzione repentino, una rivoluzione tecnica e un gameplay nettamente più godibile non potrà che restare deluso.
La sensazione non è quella di trovarsi di fronte ad un secondo capitolo con una propria identità ma a quella che è a tutti gli effetti una versione riveduta e corretta del titolo precedente. Un gioco il cui acquisto da parte dei possessori del primo Ride va sicuramente ben soppesato, in virtù dei pochi nuovi contenuti veramente d’impatto, seppur in presenza di una “sgrassatura” decisamente efficace. Per gli appassionati delle 2 ruote che, invece, non possiedono il capostipite, si tratta di un titolo potenzialmente molto divertente e a tratti in grado di regalare discrete emozioni, pur non rappresentando ovviamente una pietra miliare del genere. In poche parole, un gioco divertente ma non esaltante, che vista la poca concorrenza (quasi tutta interna, peraltro) di titoli dedicati alle due ruote, rappresenta senza dubbio una proposta sufficientemente allettante.
Concludendo, Ride 2 non rappresenta di certo un passo indietro, ma neppure in avanti: potremmo ironicamente dire di lato. La sensazione è quella che Milestone non abbia voluto rischiare più del dovuto, confezionando infine un prodotto solido e ben rifinito, senza però arrischiare un sorpasso azzardato uscendo dalla traiettoria già gommata dai titoli sfornati in passato.
Un peccato, perché i cavalli nel motore per cercarlo questo sorpasso c’erano eccome.