I rhythm game rappresentano, da sempre, un genere di nicchia, incapaci di smuovere milioni di acquirenti ma latori di esperienze di gioco memorabili per quanti dedichino loro del tempo: questo spiega perché la cadenza delle uscite non è eccessiva (per usare un eufemismo) e perché, ad ogni annuncio, gli appassionati di questa tipologia di prodotti si freghino le mani.
Rhythm Paradise Megamix è stato un fulmine a ciel sereno, annunciato senza troppe fanfare durante un Nintendo Direct di qualche mese fa, ma ha saputo subito attrarre le attenzioni di quei giocatori che si erano consumati i polpastrelli con titoli come Elite Beat Agents o Patapon: dopo aver passato due settimane con gli auricolari alle orecchie e il pennino tra le dita, siamo pronti a dirvi se questo nuovo capitolo della serie merita.
Greatest hits
Prima di approfondire il gameplay, che comunque non si discosta affatto da quanto la serie ha mostrato in passato, è bene contestualizzare il prodotto e sezionarne i contenuti, molti dei quali sono riciclati da due dei precedenti episodi, nella fattispecie quello pubblicato per DS nel 2009 e quello giocato su Wii tre anni dopo. Cionondimeno, i contenuti inediti non mancano, tanto nella forma di tracce del tutto nuove, quanto in quella di motivi pescati da Rhythm Tengoku, episodio pubblicato su Game Boy Advance che, però, non ha mai varcato i confini giapponesi: delle ottanta tracce scarse contenute nel pacchetto, quelle mai ascoltate da orecchie italiane sono circa quaranta, quindi attorno al cinquanta per cento.
Avendo saltato l’episodio per DS, durante le ore di test non abbiamo accusato alcun tipo di stanchezza o di deja-vu, visto che solo le tracce provenienti da Beat The Beat su Wii avevano un che di familiare nel loro svolgimento; nondimeno, la premessa, ovvia quanto necessaria, è che l’appeal del prodotto sarà proporzionale al numero di precedenti capitoli che siete riusciti a giocare, anche se siamo convinti che gli appassionati più sfegatati non si lasceranno sfuggire Rhythm Paradise Megamix a prescindere.
L’inclusione di una sorta di modalità storia, durante la quale il giocatore dovrà sottostare alla richieste più strambe dei personaggi più eccentrici visti in un videogioco pur di riportare a casa il povero Tibby, rappresenta una prima volta all’interno del franchise, e consente ai neofiti di acclimatarsi gradualmente alle meccaniche di gioco, straordinariamente semplici a livello concettuale ma insospettabilmente esigenti e severe con i meno dotati di tempismo.
Azzeccata anche la distribuzione delle tracce, che in questa modalità vanno a comporre sfide da quattro per ogni piano, contenenti ognuna una traccia proveniente dai tre episodi già citati ed una di quelle inedite.
L’unico problema è che a rallentare il ritmo di questa modalità ci sono un po’ troppi dialoghi, che, se da un lato contribuiscono al tono surreale e grottesco della produzione, dall’altro interrompono con eccessiva frequenza l’azione.
One button show
Spiegare il gameplay dei titoli della serie fin qui, e di questa versione Megamix in particolare, è quanto di più semplice ci sia: si preme un solo pulsante per il novantacinque per cento del tempo, ma il tempo con cui lo si preme può fare tutta la differenza di questo mondo. Soprattutto durante la campagna, a eccezione dei quadri dei guardiani delle porte, il prodotto proporrà tracce brevi, con un forte motivo ritmico di sottofondo, perfette per entrare in confidenza con le dinamiche di gioco e passare alla sfida successiva anche in seguito ad una performance non troppo brillante: nulla vieta di rigiocare queste sezioni alla ricerca di risultati migliori, riscuotendo maggiori ricompense a seconda di quanto ci si è dimostrati bravi a tenere il ritmo.
Come i suoi predecessori, Rhythm Paradise Megamix è ipnotico, magnetico, trascina il giocatore in un gorgo di minigiochi musicali uno più fuori di testa dell’altro, tutti con un unico comune denominatore: il ritmo.
O ce l’hai, e progredisci con grande soddisfazione, o non ce l’hai, e ti troverai sempre ad inseguire un battito in ritardo, senza che nemmeno le indicazioni che appaiono sullo schermo tattile possano esserti d’aiuto. Se, da un lato, questa nuova iterazione del franchise sembra voler andare incontro alle nuove leve, proponendo tracce mediamente più brevi rispetto al recente passato, più semplici da memorizzare e che si prestano meglio a tentativi multipli, dall’altro i famigerati picchi di difficoltà, da sempre marchio di fabbrica della serie, tornano immutati, proponendo prove al limite anche per i più scafati, che richiederanno una marea di performance fallite prima di poter ottenere il minimo indispensabile per progredire. Questa scelta, sebbene coerente con lo spirito del prodotto sin dagli esordi (su Game Boy Advance era molto peggio, chi importò il titolo ad esso dedicato lo ricorderà…), stona un po’ con il marketing che sta accompagnando Rhythm Paradise Megamix, e potrebbe scoraggiare i meno avvezzi a tentare e ritentare uno stesso pezzo per decine di volte: se la difficoltà è intrinsecamente legata al senso del ritmo di ognuno, è pur vero che la precisione assoluta richiesta da alcuni passaggi potrebbe portare a sporadici episodi di frustrazione.
Ci è piaciuta molto anche l’inclusione del cafè, che funge da hub per il giocatore e conferisce un certo senso di progressione, visto che al suo interno è possibile spendere le monete guadagnate al completamento delle prove per acquistare ulteriori minigiochi bonus e dei ciondoli per il museo, oltre che sfidare sconosciuti amanti del ritmo via StreetPass.
Follia nipponica
Come altro definire il comparto visivo di Rhytyhm Paradise Megamix (nonché di tutta la saga) se non con la parola “folle”?
In quale altro gioco si tosano gatti dal barbiere, si intervista un wrestler sudato o si pelano cipolle, giusto per citare i primi tre esempi venuti alla mente? Il nonsense più completo è il leitmotiv del prodotto, e si sposa benissimo con l’atmosfera straniante e quasi da automa che il gameplay crea già dopo pochi minuti, ancora una volta sorretto dalle musiche di Tsunku, leggendario ed eccentrico produttore e compositore musicale giapponese. Paradossalmente, nonostante le difficoltà che potrebbero incontrare soprattutto in certi passaggi, coloro che ritengono di non essere posseduti dal sacro fuoco del ritmo potrebbero imparare molto da questo prodotto, capace com’è di instillare un tempo in ogni videogiocatore che vi si cimenti.
Due note finali, entrambe di merito, per la durata complessiva dell’esperienza di gioco e la possibilità di condividerla con altri tre amici, anche sprovvisti di una copia del gioco. La prima, complice l’inclusione della modalità storia, si attesta sulla decina abbondante di ore (al netto della miriade di tentativi andati a vuoto, s’intende), e la seconda consente, tramite Download Play, di sfidare tre amici a salire sul Treno delle sfide, così da creare un gruppo di quattro alienati che si sfidano muovendo ritmicamente tanto il piede quanto la testa.
Il meglio che la serie ha offerto fin qui…
Ipnotico come sempre
Eccentrico e stiloso
Offerta ludica molto ricca
…ma anche molti contenuti riciclati
Sporadici picchi di difficoltà
Per moltissimi, Rhythm Paradise Megamix risulterà, a ragione, un acquisto praticamente automatico, visto che condensa il meglio che la serie ha saputo offrire fin qui e lo fa con il consueto stile di cui gli appassionati si sono innamorati negli anni. Il gameplay straordinariamente semplice da approcciare ma diabolicamente complicato da padroneggiare nella sua interezza terrà incollati al di là dell’inedita modalità storia, a patto di non avere problemi a ripetere le tracce più complicate decine di volte.
Questa pazienza richiesta e il consistente riciclo di tracce dagli episodi passati sono gli unici due difetti della produzione, e risultano entrambi molto vincolati alla soggettività del singolo: se ne deduce che, in caso amiate il ritmo (e/o le stramberie nipponiche), questo titolo saprà regalarvi ore di divertimento magnetico e ritmato.