Mettetevi il cuore in pace e guardate a Resident Evil come a qualcosa di profondamente diverso rispetto all’opera degli albori: non è più un survival horror e probabilmente non ritornerà ad esserlo nemmeno in futuro. Sebbene molti abbiano inspiegabilmente additato Revelations come un timido ritorno alle origini, la realtà dei fatti cozzava violentemente con una critica e un pubblico in evidente stato di amnesia, ormai entrambi confusi almeno quanto la direzione che Capcom ha deciso di far prendere alla sua serie di punta.
Revelations non era affatto un capolavoro, ma semplicemente uno spin-off che faceva un figurone solo perché aveva il gran vantaggio di avere come metro di paragone gli ultimi due capitoli della serie principale. Revelations 2, abbracciando una struttura a episodi ultimamente sempre più presa in considerazione, ha in mano la grande possibilità di concretizzare quanto di buono si era visto nel predecessore, avendo dalla sua una base di partenza certamente migliore di quella offerta dalla console portatile su cui è originariamente apparso il capostipite.
L’Alcatraz degli orrori
La premessa di Revelations 2, assieme all’ambientazione principale di questo primo episodio, non è di certo tra le più originali. Claire Redfield e Moira Burton vengono inaspettatamente rapite da un manipolo di uomini armati fino ai denti e portate di peso all’interno di una prigione di massima sicurezza situata in un’isola, trovandosi entrambe con un misterioso bracciale al polso da cui proviene una voce di donna che di rassicurante ha ben poco, impegnata com’è a farneticare sul senso del terrore e su una distorta filosofia di vita che rivelerà ben presto tutta la sua pericolosità. Le due ragazze dovranno cercare in tutti i modi di fuggire dalla struttura di detenzione, dove a quanto pare venivano effettuati esprimenti incentrati sulla tortura di carcerati ormai terribilmente mutati in esseri orribili e aggressivi. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole per quanto riguarda l’inizio della storia, che mantiene un basso profilo fino alla fine, prima di cedere il passo alla seconda fase della campagna in cui controllerete Barry e Natalia, un bambina senza genitori e con particolari poteri, che afferma di essere nata e cresciuta nell’isola. La parte dedicata a questi due personaggi risulta essere più interessante rispetto alla prima, sia per il parziale cambio di ambientazione che si apre a un maggiore senso di ansietà, sia perché si conclude con una rivelazione finale che lascia in sospeso i giocatori. Non mancano ovviamente i rimandi al primo Revelations e a un particolare capitolo della serie principale, a dimostrazione del fatto che Capcom non vuole perdere occasione per dare continuità alla sua punta di diamante. Tuttavia, è evidente come questo primo episodio sia solo un antipasto che fa da apripista agli eventi che coinvolgeranno i quattro protagonisti lungo l’intera stagione, pertanto valutarne la portata in questo momento ci sembra davvero poco opportuno. Se non altro, il fattore curiosità è garantito da un paio di buone trovate nelle sceneggiatura, che però non dimostra mai di essere davvero esuberante e fuori dagli schemi, limitandosi a fare lo stretto necessario senza offrire picchi di particolare brillantezza.
Mutuo soccorso
La costante nelle due campagne è rappresentata dalla presenza di un personaggio d’assalto (Claire e Barry) e uno di supporto (Moira e Natalia), intercambiabili a piacimento in qualsiasi istante. Claire ha a disposizione un modesto arsenale, mentre Moira si rifiuta di usare le armi e si affida a una potente torcia che può accecare i mostri, rendendoli momentaneamente vulnerabili. Inoltre, può puntare il fascio di luce verso specifici punti dello scenario abbagliati dal lucore degli oggetti da raccogliere, e usare all’occorrenza un piede di porco come strumento di sostegno, così come scassinare dei forzieri attraverso un intuitivo minigioco che non porta mai alla frustrazione. Barry, che arriva all’isola solo in un secondo momento, è armato fino ai denti ed è leggermente più goffo di Claire, mentre la sua piccola partner Natalia è totalmente indifesa, a eccezione di un mattone che può lanciare addosso ai nemici. La bambina ha però un dono speciale che le permette di intuire la presenza dei mostri anche attraverso le pareti, in una maniera non dissimile da quella già vista in The Last of Us. E ancora, esattamente come Moira fa con la torcia, può puntare il suo dito contro gli oggetti per metterli in vista. Oggetti che tra l’altro possono essere condivisi dall’inventario, o essere usati sul compagno, o abbinati per crearne di nuovi e più potenti, mentre le erbe mediche posso essere usate quasi all’istante. La natura action è dunque palese, ma non diventa mai eccessivamente sguaiata e fuori luogo come negli ultimi due Resident Evil; piuttosto, si mantiene sulla falsariga di Resident Evil 4 e del primo Revelations, alternando momenti di relativa calma con altri di “sbarramento” che si presentano nei momenti cruciali dell’avventura, specialmente nel finale. Questi ultimi ci sono parsi un po’ troppo squilibrati e troppo densi di nemici, come se davvero ci si trovasse pretestuosamente davanti a una prova finale prima di concludere l’episodio; se siete poi abituati a giocare alla massima difficoltà, preparatevi a ripetere diverse volte la stessa sezione.
L’intelligenza artificiale alleata, sebbene non brilli esattamente per arguzia, rimane comunque nella media, e sono rari i momenti in cui dovrete tornare indietro perché il personaggio di supporto è rimasto intrappolato tra le grinfie di nemici molto più aggressivi rispetto al passato. Il loro aiuto è pressoché nullo, ma perlomeno riescono a divincolarsi con dignità senza rappresentare un grosso handicap, fermo restando che assistere alla loro morte significa arrivare incolpevolmente al game over.
Al termine delle due campagne, oltre alla valutazione finale, viene visualizzato uno skill tree che dà modo di potenziare le abilità dei protagonisti tramite i punti accumulati durante la missione; e sebbene questa trovata rappresenti una sorta di strana ibridazione tra generi, la sua realizzazione ci è parsa ben studiata ed equilibrata a dovere.
Uno contro tutti
Oltre alle due mini campagne, ogni episodio è accompagnato dalla modalità Raid, una riuscita e divertente variante di gioco che dà la possibilità di scegliere uno tra i personaggi disponibili, ed equipaggiarlo di tutto punto prima di raggiungere il numero di uccisioni richiesto che permette di completare i livelli. La preparazione del personaggio prevede anche la selezione di abilità attive e passive, e contempla purtroppo anche la presenza di microtransazioni che permettono a tutti gli effetti di comprare dei grossi aiuti.
Le mappe di Raid sono divise in compartimenti stagni, e prima di sbloccare l’area successiva è necessario far fuori un determinato numero di nemici e ottenere così le chiavi che portano infine al punto di uscita. Il ritmo è ovviamente più frenetico, ma ciò non significa che si vada a perdere gran parte della godibilità, perché ad onor del vero, Raid rappresenta una variante assolutamente gradita che è in grado di rendere più dolce l’attesa per gli episodi successivi.
Abbiamo provato il gioco su PC ai massimi settaggi disponibili, fissando i frame a 60 al secondo. La stabilità del codice è risultata molto buona anche durante le suddette fasi di sbarramento, sia al chiuso – dove il gioco si svolge per circa il 70% – sia nelle zone all’aperto. I modelli poligonali dei personaggi sono buoni ma non eccelsi, mentre il design delle aree è nella media, dando il meglio di sé nelle zone boschive attraversate da Barry e Natalia.
Sebbene l’orrore sia praticamente non pervenuto, in alcuni rari momenti l’atmosfera si fa molto cupa, dimostrando che almeno potenzialmente, i successivi episodi potrebbero svilupparsi proprio in questa direzione, meglio ancora se con una densità minore di momenti action. Allo stesso modo, anche la storia lascia addosso buone sensazioni, dando prova che la natura episodica non va affatto a intaccare né il ritmo di gioco, né i tempi della narrazione, gestiti fino a questo momento con grande cura e attenzione.
– Buon ritmo di gioco, sulla falsariga del primo Revelations
– Il passaggio da un personaggio all’altro non è invasivo e funzione bene
– Modalità Raid divertente
– La storia incuriosisce e può evolvere in meglio…
-…Ma con Capcom non si può mai sapere
– L’efficacia dei personaggi di supporto è pressoché nulla
– Di horror ne è rimasto ben poco, ormai
– L’ambientazione e la premessa non sono tra le più originali
Il primo episodio, comprendente due mini campagne da circa un’ora e mezza l’una, pare aver intrapreso fin da subito una direzione convincente, risultando appagante, divertente e anche piuttosto rigiocabile. La presenza delle microtransazioni non rappresenta un grosso problema, soprattutto perché la modalità Raid può essere portata a termine senza essere obbligati a ulteriori esborsi. Visto il prezzo onesto di questo primo spezzone di gioco, e l’offerta che è in grado di fornire ai giocatori, bisogna dire che Capcom ha finalmente fatto le cose per bene. Almeno per ora.