I primi due Resident Evil hanno rappresentato un punto di svolta per milioni di videogiocatori. Tanti, tantissimi amanti del gaming hanno provato il brivido della paura impersonando i personaggi creati da Capcom e sono arrivati ad amare tale sensazione di tensione continua, in grado di rendere anche il più calmo dei momenti una minaccia per i nervi. Probabilmente è per questo motivo che la serie oggi è in grado di spaccare l’utenza videoludica come poche altre. Da una parte ci sono coloro che vedono l’atmosfera e il terrore dei primi capitoli come un’età dell’oro perduta e desiderano riviverla, dall’altra presenziano giocatori meno attaccati al genere horror, a cui importa solo un gameplay finemente curato.
Parliamoci chiaro, l’intenzione di Capcom è sempre stata quella di muoversi verso la seconda direzione, perché non è facile spaventare masse sempre più desensibilizzate, ed è un’impresa disperata mantenere alta la tensione quando si danno un sacco di mezzi e possibilità ai protagonisti a forza di innovazioni nei controlli. Resident Evil 5 fu additato da molti puristi come il diavolo responsabile di questo cambio di direzione, eppure fin da Resident Evil 3 il terrore era andato parzialmente in vacanza, restando bello tranquillo sulla spiaggia anche nel rivoluzionario quarto capitolo, nonostante l’atmosfera cupa e la furbizia dei nuovi nemici.
Ora è giunto il momento di Resident Evil 6, presentato come il titolo più esteso e variegato della saga, e pensato per accontentare anche chi sentiva la mancanza di zombie in putrefazione e balzi dalla sedia. Ce l’avranno fatta gli sviluppatori a creare una sorta di enciclopedia omnia della serie capace di accontentare tutti? Ve lo diciamo subito, no. Ma questo non significa che non abbiano sviluppato un buon titolo.
Zombie e leoni
Resident Evil 6 offre da subito tre campagne selezionabili, ognuna con due protagonisti e giocabile in cooperativa online o locale. Parte però con un prologo che vede il caro vecchio Leon S.Kennedy in Cina, impegnato a sopravvivere a un’infezione di portata persino superiore a quella di Raccoon City insieme alla misteriosa Helena Harper. Si tratta di un breve e semplice tutorial, che introduce le meccaniche di shooting e movimento, mostra come curare un compagno a terra e permette di sperimentare i quick time events. Completata questa fase, il primo istinto è stato quello di buttarci proprio sulla campagna di Leon, perché pubblicizzata come un ritorno alle origini della serie con tanto di simpatici zombie in putrefazione.
Si comincia in una situazione piuttosto tragica nella cittadina di Tall Oaks. Dopo un attacco bioterroristico il nostro eroe è costretto a eliminare il presidente degli Stati Uniti, ormai divenuto uno zombie, e si ritrova intrappolato con l’agente Harper in un campus universitario con oltre 70mila infetti nei paraggi pronti a pasteggiare con le sue cervella.
La premessa è tutt’altro che malvagia per introdurre una sezione piena di colpi al cuore e azione, ma la campagna di Leon è, tristemente, la peggiore delle quattro disponibili (parleremo della quarta a fine articolo). La principale motivazione risiede paradossalmente nella volontà degli sviluppatori di strizzare l’occhio al passato, con scelte di game design che si possono definire solo “insensate”.
Il primo errore risiede proprio nel modo in cui sono stati introdotti gli zombie: nella stragrande maggioranza delle locazioni li vedrete immobili a terra, e cercherete probabilmente di eliminarli prima che decidano inevitabilmente di alzarsi e di dimostrarvi il loro affetto. I non morti saranno tuttavia invulnerabili a qualunque genere di arma fino al loro risveglio, cosa un po’ ridicola e abbastanza frustrante, visto che gli zombie hanno la spiacevole tendenza ad aggrapparsi al protagonista e a far partire un qte dannoso e quasi inevitabile. La capacità di molti non morti di prendervi dopo un salto e il fatto che Leon e Helena perdano l’equilibrio passando sopra a qualunque corpo morto non aiutano a rendere più piacevoli le numerose sparatorie contro gli infetti.
La decisione di centellinare i proiettili sparsi per mappe è stato un’altro errore di calcolo. Chiaramente la limitazione delle cartucce è voluta per aumentare la difficoltà e l’agitazione, ma serve a poco in un gioco dove gli zombie possono venir calciorotati in faccia. La scarsità di caricatori vi spingerà semplicemente a sfruttare il più possibile la vostra compagna guidata dall’intelligenza artificiale, correndo come beoti in cerca di casse da spaccare per ottenere risorse. Oppure, ancor peggio, ad avvicinarvi per finire i nemici a forza di botte, azione che spesso risulta più poderosa di qualunque arma, ma porta a venir brancati senza scampo dagli affettuosi non morti sopracitati.
Nei primi due capitoli della campagna non mancano poi momenti che sembrano inseriti forzatamente, come enigmi di una facilità ridicola, porte che si aprono trovando oggetti in bella vista, e sezioni survival fastidiose poiché richiedono l’apertura di qualche porta specifica in coppia mentre aggressivi antagonisti sbucano come funghi da ogni lato. Sappiamo che i rompicapo e i “medaglioni” sono stati richiesti a gran voce dalla fanbase, ma in assenza di backtracking, mappe complesse da esplorare e di puzzle degni di questo nome, il loro inserimento si limita semplicemente a spezzare l’azione, aggiungendo ben poco al titolo.
Per fortuna l’avventura di Helena e Leon migliora in modo sensibile con l’abbandono graduale delle forzature dei primi capitoli. Avanzando ci si rende preso conto della notevole varietà dei livelli proposti, e della ancor lodevole funzionalità del sistema di controllo di Resident Evil 4, ampliato da manovre extra quali la scivolata in corsa, il rotolamento e il cover system. Ora della fine, a forza di affrontare boss fight sempre più esaltanti (con i soliti boss in più fasi che non muoiono mai, marchio di fabbrica della saga) e sezioni estremamente scenografiche, riuscirete quasi sicuramente ad apprezzare anche questa campagna piena di errori di valutazione ed elementi extra attaccati come pezze.
Chris, living the Rambo life
La campagna di Chris abbandona completamente qualunque velleità orrorifica e nel farlo guadagna parecchi punti. Qui guiderete un eroe psicologicamente turbato e desideroso di vendetta, che dovrà vedersela contro evoluzioni dello zombie comune chiamate J’Avo, dotate quasi di intelligenza umana. Chris e il suo compagno Piers se la vedranno con antagonisti armati, e dovranno quindi sfruttare a dovere cover system e bocche da fuoco come in un comune tps. Anche in questa campagna avrete a che fare con una fastidiosa scarsità di munizioni, ma la presenza di molte più casse e di sezioni in compagnia di soldati armati faciliterà l’accumulo di proiettili.
E’ durante l’avventura di Chris e Piers che abbiamo iniziato a esplorare per bene i limitati elementi gdr di Resident Evil 6. Sì, i personaggi hanno un sistema di abilità acquisibili con punti droppati dai nemici e possono ottenere bonus di vario tipo alla fine di ogni capitolo. Bisogna però disgraziatamente dire che anche in questa nuova opzione ci sono scelte non felicissime, prima fra tutte l’abilità “pronto soccorso” che permette al vostro alleato di riportarvi in vita con uno o più punti salute extra. Potrà sembrare una cavolata, ma fate due conti. In Resident Evil 6 si può morire solo se colpiti mentre si è a terra, o poco dopo esser stati rimessi in sesto. Questo talento rende praticamente impossibile perire in livelli dove ci si ritrova perennemente nelle vicinanze del partner (la cui IA è programmata per accorrere subito in vostro aiuto dopo un ko) e mancano nemici capaci di infliggere gravi danni con una sola botta. Attivandola abbiamo completato intere missioni a forza di coltellate e pugni in faccia, non scherziamo.
Ovviamente non si tratta di una svista particolarmente significativa, considerando che si può semplicemente decidere di non fare uso dell’abilità, ma un pochino infastidisce considerando gli errori già compiuti. La campagna di Chris e Piers comunque non sembra risentire delle forzature viste nei panni di Leon, mantiene un ritmo perennemente serrato, offre combattimenti contro boss enormi e sequenze ricchissime d’azione, ed è indubbiamente molto piacevole, sempre che si riesca a passare sopra alla totale mancanza di paura durante le sue missioni.
Jake e Sherry, supercoppia
Se con Chris e Piers Resident Evil 6 si avvicina più a uno shooter militare che a un survival horror, la parte dedicata a Jake Muller e Sherry Birkin entra in quinta in modalità “Michael Bay”. Jake è uno strafottente mercenario immune al virus C, il cui sangue potrebbe rappresentare l’unica speranza per salvare l’umanità dai recenti attacchi. Durante una missione in Edonia viene avvicinato da Sherry, volto noto ai fan della saga ora al servizio degli Stati Uniti come agente speciale. I due protagonisti sono una coppia atipica per molti motivi, in primis il fatto di possedere capacità sovrumane. Questo ha permesso a Capcom di inserire tra le loro scorribande scene di una spettacolarità rara, esagerate e spesso esplosive.
L’unica reale variazione al tema di questa campagna è la capacità dei suoi protagonisti di eseguire attacchi in corpo a corpo per liberarsi degli avversari, più efficaci dei coltellacci di Leon e Chris. Per il resto le missioni di Jake e Sherry sono ancora quasi puramente action, pienissime di scontri e sequenze fuori di testa, con qualche piccola variazione sul tema qua e la. Funziona, anche grazie al discreto carisma del nuovo protagonista maschile e alla diversificazione delle circostanze. Siamo davanti a una campagna appassionante e ben strutturata, forse addirittura la migliore del gioco.
Can do no wrong with the Wong
L’ultima campagna, sbloccata completando le alter tre, è quella della amatissima Ada Wong. Questa è la fase che probabilmente i veterani di Resident Evil apprezzeranno di più, presentando numerosi enigmi decenti e uno stile simile a quello visto nella sezione di Leon e Helena, con molte debolezze in meno. Le vicende di Ada saranno le più significative in termini di trama e copriranno numerosi buchi narrativi presenti nelle altre avventure. L’eroina avrà inoltre dalla sua sezioni stealth, un rampino per raggiungere luoghi inaccessibili, e una poderosa balestra a singolo colpo, che faciliterà non poco molti degli scontri. Tra le esperienze offerte da Resident Evil 6 il “momento Ada” è quello più breve, ma offre comunque qualche ora di svago e rappresenta una pregevole aggiunta al pacchetto.
Un sacco bello e un sacco brutto. Contemporaneamente
Tecnicamente Resident Evil 6 è un titolo di una dualità incredibile. Sembra di giocare a un prodotto sviluppato da due team differenti, uno composto da gente competente e uno da ubriachi. Molte locazioni, mostri e personaggi riusciranno a stupirvi con il loro livello di dettaglio, ma la magia si spezzerà subito quando noterete texture sgranate in modo ingiustificabile, alcuni modelli tridimensionali che sembrano usciti da un gioco di dieci anni fa e certi peculiari bug visivi. Capiamo le limitazioni legate all’hardware, ma questa duplice natura stona non poco. Di altra caratura il sonoro, con doppiaggi di alto livello anche in italiano, nonostante ci siano dei fastidiosi sbalzi nel volume.
Impossibile infine non descrivere uno degli aspetti primari della produzione Capcom, la possibilità di giocare le missioni in cooperativa. Nel gioco sono state inserite numerose sequenze pensate appositamente per venir apprezzate in compagnia, e l’esperienza migliora nettamente se affrontata con amici, sia online che in splitscreen. Non che l’IA sia da buttare (siamo anni luce sopra all’idiozia di Sheva, tolto qualche singhiozzo), ma in molte missioni dover attendere il compagno per aprire una porta o attivare una leva annoia più del dovuto, e la quasi totale immortalità del proprio partner fa calare di molto il livello di sfida. Sono presenti addirittura sezioni a quattro giocatori, alquanto godibili. La loro unica debolezza appare evidente giocando in singleplayer, ove si è costretti a riaffrontarle più volte nelle diverse campagne, a volte con esiti stranamente diversi.
Impressionante la longevità per un titolo del genere. Con una durata complessiva delle campagne che si aggira attorno alle 25 ore e il valore aggiunto della modalità caccia all’uomo, nella quale si entra in una partita altrui nei panni di uno dei nemici, e della solita modalità Mercenari, che permette di guadagnare punti abilità extra e di postare i propri record. Sono un quantitativo sorprendente di contenuti.
– Longevità impressionante per il suo genere
– Notevole varietà di situazioni nelle campagne
– Divertente in cooperativa e giocato online
– Piuttosto epico e ricco di sequenze spettacolari
– Non riesce proprio a far paura
– Pieno di soluzioni di game design forzate e mal calcolate
– Tecnicamente ricco di alti e bassi, con bassi spesso abissali
– Estremamente lineare
Se sono spaventi che cercate non è qui che li troverete. Resident Evil 6 ormai è un horror game solo di nome, che non riesce a far saltare dalla sedia nemmeno una volta durante le sue lunghe e complesse campagne. Nel caso però accettiate di trovarvi semplicemente di fronte a un action game duro e puro, l’ultima fatica di Capcom riuscirà a divertirvi grazie a una grande varietà nelle situazioni, a una notevole spettacolarità, e al ritmo serrato dell’azione. Peccato solo per alcune insensate scelte di game design, che impediscono a questo capitolo di essere un capolavoro, e lo relegano a uno status di “ottimo gioco” che a una serie di questa portata va un tantinello stretto.