Recensione

Red Rope: Don't Fall Behind

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a cura di Francesco Ursino

C’è un sottile filo rosso che lega i due personaggi di Red Rope: Don’t Fall Behind: per una volta non si tratta solo di una figura retorica, ma proprio di una condizione esistenziale. Quelli che paiono essere un uomo e una donna, allora, si ritrovano all’inizio del gioco sviluppato dall’italiana Yonder proprio in questo stato: legati da una fune rossa che ne impedisce il libero movimento, ma che allo stesso tempo ne garantisce la salvezza. Andiamo a scoprire i segreti di questo difficile gioco che richiede concentrazione e cooperazione.

Allegorie videoludicheLo sviluppatore sembra voler premere molto sulla dimensione simbolica del gioco, tanto è vero che nella descrizione del titolo è possibile leggere di due protagonisti che rivestono il ruolo dell’archetipo della coppia, legati tra di loro da un legame che evidentemente ne condiziona le esistenze. Il tutto assume una valenza ancora maggiore se si inserisce la coppia all’interno del contesto di gioco, rappresentato da un labirinto all’apparenza senza fine, popolato da anime sofferenti e presenze malvagie. La narrazione di Red Rope: Don’t Fall Behind, dunque, va dedotta più che seguita, visto che il gioco sarà sempre molto ermetico e assai poco generoso con le indicazioni; appena iniziata la prima partita, se non si è prestata molta attenzione alla descrizione del gioco presente su Steam o altre piattaforme di vendita, si capirà ben poco. Nonostante ciò, il primo istinto è quello di muoversi, parlare con altri personaggi, capire come sia possibile spostarsi pur dovendo controllare due personaggi legati tra di loro. A questo proposito citiamo un piccolo episodio, cui ci si imbatte proprio in una delle prime stanze del labirinto: due soldati, a guardia di una porta, saranno interpellabili dal giocatore; uno ci informerà che quella porta è la fine del labirinto, l’altro ci dirà invece che ne rappresenta l’entrata. Come si può intuire, dunque, il titolo si mantiene volutamente sul vago, senza mai rendere chiaro cosa bisogna fare o come comportarsi. 

Comprendiamo come si tratti di una scelta che ben si sposa con il carattere allegorico dell’intera avventura, anche se una minima indicazione sulle dinamiche di gioco più elementari sarebbe stata ben accetta. In ogni caso, dopo aver vagabondato per alcune stanze del labirinto, abbiamo deciso di provare ad approcciare una delle ombre ambulanti che si frapponevano sul nostro cammino; utilizzando la fune rossa che lega i due protagonisti, abbiamo sostanzialmente stritolato l’ombra, che così è sfumata, andando ad aumentare l’apposito contatore presente su schermo. Dopo aver fatto ciò, però, tutte le porte della stanza si sono chiuse, e le guardie che prima erano pacifiche, d’improvviso volevano farci fuori; facendo attenzione a non urtarle, siamo stati in grado di eliminarle grazie allo stesso stratagemma utilizzato in precedenza, stritolandole cioè con la nostra fune. È questo, in effetti, il meccanismo base su cui si fonda l’intero gioco, che nel corso della quindicina di ore necessarie a terminare l’avventura verrà ampliato con nuovi nemici e tranelli.

”Uno più uno non fa due, ma duemila volte uno”La ben nota citazione di Chesterton utilizzata come titolo di questo paragrafo ben si sposa con Red Rope: Don’t Fall Behind; questo perché il titolo, fin da subito, invita a vivere l’esperienza di gioco con un amico. La produzione Yonder, infatti, dà il meglio di sé grazie alla co-op esclusivamente locale, in cui i giocatori gestiscono un singolo personaggio a testa. Il controllo può avvenire tramite due pad, oppure tramite un pad e la tastiera; lo sviluppatore, però, ha pensato anche ai giocatori solitari, che similmente possono lanciarsi all’avventura utilizzando la tastiera o il pad: in questo caso, il movimento di un singolo personaggio è legato a una singola levetta analogica. 

Dobbiamo dire che, qualsiasi soluzione si scelga, un fatto certo è che si andrà comunque incontro a numerosi fallimenti; il gioco, infatti, propone un livello di difficoltà che impenna verso l’alto, e che costringerà a numerosi tentativi a vuoto, fino ad arrivare al classico “game over” che obbligherà a ricominciare tutto dall’inizio. Morire, in Red Rope: Don’t Fall Behind, è estremamente semplice: basta un contatto con un nemico, ma anche la semplice rottura della fune che lega i due protagonisti (la quale può spezzarsi a contatto col fuoco, oppure se tesa per troppo tempo). 
I due personaggi si muovono, come anticipato, in un mondo estremamente criptico: il labirinto in cui si è imprigionati, difatti, sembra avere una sorta di zona centrale neutra, in cui è possibile fare incetta di ombre nella maniera illustrata in precedenza. Ciò si rivela necessario perché, nel mondo di gioco, le ombre costituiscono la valuta necessaria ad acquistare nuove vite oppure a salvare i progressi di gioco, e consentono di allungare la fune che lega i giocatori. Dopo aver fatto un discreto bottino di vite, allora, è possibile approcciare le differenti zone che, se affrontate con profitto, consentiranno di venire in possesso di quattro determinate tipologie di chiavi. Queste apriranno le porte delle zone meno accessibili, e consentiranno sostanzialmente di trovare la propria via d’uscita dal labirinto. Le zone “calde”  – dedicate a stagioni ed elementi naturali – rappresentano la vera sfida di Red Rope: Don’t Fall Behind; è in questi stage che i nemici saranno più difficili da affrontare. Inoltre, verranno introdotti enigmi di natura logica che costringeranno ad interagire con l’ambiente in vari modi. Sempre a questo proposito, dobbiamo dire che il gioco non pare propriamente ingiusto verso il giocatore: certo è, però, che la difficoltà è veramente ardua in alcuni frangenti, anche perché una volta entrati in una stanza, non sempre sarà chiaro cosa bisognerà fare. Anche dopo aver sconfitto tutti i nemici, ad esempio, l’apertura delle varie porte porrà l’interrogativo su quale strada bisognerà intraprendere. In altre parole, il pericolo di perdersi è abbastanza in agguato, anche se la cooperazione con un altro giocatore può alleviare questa minaccia.

Meglio soli o in compagnia?Assodato che la sfida di Red Rope: Don’t Fall Behind è di discreto livello, viene da chiedersi se i giocatori che decidono di giocare in solitaria siano penalizzati in maniera importante rispetto alle coppie di avventurieri. Dal punto di vista delle dinamiche di gioco vere e proprie, la situazione è meno fosca di quello che può sembrare; in effetti, siamo stati in grado di superare diverse stanze anche da soli, sebbene nei momenti più concitati è risultato veramente complicato distinguere quale levetta fosse adibita a muovere un certo personaggio. Va detto, però, che nel gioco in singolo l’esperienza perde di quella componente “sociale” sulla quale gli sviluppatori hanno puntato molto, e che si instaura tra la coppia di giocatori.Cambiando argomento, sembra giusto accennare brevemente al comparto tecnico. Dal punto di vista grafico, il titolo propone una ormai consueta realizzazione in pixel art, che ci ha lontanamente ricordato, forse anche solo per il livello di difficoltà del gioco, quella vista in Titan Souls. Ci ha strappato un sorriso la realizzazione della schermata “You Died”, visibile dopo aver perso una vita; si tratta di una versione in simil 8 bit, a quanto ci è sembrato, della più celebre controparte rivista (ahinoi) più volte in Dark Souls. Ben realizzato infine il comparto audio, che propone effetti sonori azzeccati e accompagnamenti (però ripetitivi) che ben sottolineano i passaggi di ritmo nell’azione.

HARDWARE

Requisiti Minimi: Sistema operativo: Windows XP SP2 Processore: 2 GHz Memoria: 2 GB di RAM Scheda video: 512 MB DirectX: Versione 9.0c Memoria: 600 MB di spazio disponibile

– Concept di gioco originale

– Esperienza da co-op locale ben progettata

– DIfficoltà di gioco veramente impegnativa

– Potenzialmente frustrante e difficile da portare a termine se giocato da soli

– Qualche informazione in più ad inizio partita non avrebbe fatto male

7.0

Red Rope: Don’t Fall Behind è un gioco dalla narrazione ermetica e dal livello di difficoltà elevato. Il titolo Yonder, infatti, propone dinamiche basate su un’idea semplice, ovvero il legame fisico tra i due personaggi rinchiusi nel labirinto, che viene ampliata con nuovi stratagemmi di gameplay col passare delle ore. La dimensione simbolica dell’intero gioco assume connotati narrativi più definiti col passare del tempo, e ben si sposa con l’intenzione degli sviluppatori, che è quella di voler proporre un’esperienza da vivere con un amico fisicamente vicino a noi. Giocare da soli, difatti, fa perdere un po’ di attrattiva al tutto, considerata anche la già citata difficoltà elevata e la possibile ripetitività che può sopraggiungere, specie nell’inevitabile momento in cui non si saprà bene da che parte andare nel labirinto. Siamo dunque davanti a un gioco discreto, con idee anche coraggiose e tutto sommato ben eseguite: per arrivare alla fine del labirinto, però, serviranno tanta pazienza e un amico fidato.

Voto Recensione di Red Rope: Don't Fall Behind - Recensione


7

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