Realpolitiks, mai titolo fu più azzeccato per un gioco. Ma che cosa identifica questo termine? La parola realpolitk fu per la prima volta coniata dallo scrittore prussiano Ludwig Von Rochau per descrivere il lavoro diplomatico di Otto Von Bismarck, ma questa visione politica affonda le sue radici in un passato più lontano e la si fa risalire alla Guerra del Peloponneso e al testo di Tucidide, nello specifico al dialogo tra gli ateniesi e gli abitanti della piccola isola di Melo. Nelle righe viene espresso perfettamente che cosa si intenda per realismo, ossia la ragion di stato che “obbliga” l’impero greco ad aggredire una città, che vuole ma non può rimanere neutrale nella guerra contro Sparta. La realpolitik si sviluppa poi nel famoso “Il principe” di Niccolò Machiavelli, fa a cazzotti con Kant e con altri filosofi illuministi che tendono a vedere l’idealismo come principio primo dell’agire politico, si degenera nell’aggressiva weltpolitik tedesca che poi portò a due guerre mondiali, viene recuperata durante la Guerra Fredda da USA e Russia, che non si fanno troppi problemi ad armare e sostenere stati fantoccio per un equilibrio fra le due superpotenze ed infine sparisce quasi del tutto ai giorni nostri, dove politicanti improvvisati sono più che altro spinti all’agire dall’opinione pubblica piuttosto che dalla ragion di stato. Se la realpolitik è agonizzante nella realtà, essa è però più viva che mai quando stiamo con mouse e tastiera davanti a un monitor: senza nemmeno accorgercene, quando abbiamo fra le mani uno strategico degno di questo nome, ciò che facciamo è la perfetta applicazione di una politica reale, esattamente come accade nei grand strategy firmati da Paradox Interactive oppure, per l’appunto, in Realpolitiks, titolo sviluppato da Jujubee S.A., un gioco che, se visto di sfuggita, lo si scambierebbe tranquillamente per una mod di Europa Universalis ambientata al giorno d’oggi.
“Non si fanno le guerre per il beneficio dell’umanità, ma per interessi nazionali”
Realpolitiks funziona. Perché? Perché per circa due secoli, a partire dal 2020, mi sono comportato come un vero stronz… Ehm come uno straordinario uomo politico. Ho preso in mano un’Italia in crisi economica, con una disoccupazione galoppante e con un PIL costantemente in rosso e sono riuscito a riportarla fuori dalla palude, a farla diventare la quinta potenza mondiale e a lasciarmi alle spalle i problemi occupazionali. Il debito pubblico no, quello non sono riuscito ad azzerarlo e anche in Realpolitiks l’aura di Bettino aleggia ancora su di noi. Le ricette che ho adottato per uscire dalla crisi sono dei piatti che tollero a malapena, Realpolitiks mi ha fatto agire in un modo che, se lo vedessi fare a qualche politico in carne ed ossa, con ogni probabilità gli lancerei contro delle monetine vedendolo alla TV. Ma in fin dei conti è un videogioco e senza farmi troppi problemi ho messo da parte la mia (scarsa) morale, indossando i panni di un Henry Kissinger 2.0. Non ho esitato un secondo a sostenere ribelli armati in Turchia, per il semplice fatto che lo stato sul Bosforo avesse appena aperto un mercato finanziario che minacciava le mie entrate e tutti sanno che un’economia stabile è la base per un paese solido, soprattutto in uno strategico. Oppure ho voltato le spalle davanti alla richiesta di aiuti monetari da parte della vicina Grecia, stranamente alle prese con un default, ma che nella partita in corso aveva preferito entrare nell’orbita russa e ha rifiutato la mia stretta di mano. Che vantaggi avrei ottenuto inviando risorse ad Atene? Nessuna, sarei stato un brav’uomo, ma i bravi uomini non sono adatti a fare i politici. Ciò non vuol dire che io abbia guidato la mia fazione come un cane sciolto, anzi, i vincoli che provengono ad esempio dall’ONU sono un limite con cui fare sempre i conti e, più in generale, tutti gli stimoli esterni sono un parametro a cui adeguarsi, ma mai piegarsi. Ogni tanto lo scenario internazionale sfocia però in palesi bizzarrie, generalmente l’IA si comporta in modo coerente e le potenze seguono un piano ben preciso, ma non mancano scenari del tutto improbabili, come una guerra decennale tra Indonesia, Turchia e Brasile che ha deteriorato l’economia globale per più di dieci anni. In Realpolitiks, gli eventi generati in modo casuale fioccano in ogni dove, sia attraverso finestre in primo piano, sia sotto forma di caselle poste sopra allo stato direttamente coinvolto e, per dare una risposta favorevole per il mio stato, non sono stati pochi i casi in cui mi sono tappato il naso, facendo infine abbandonare al nostro paese per oltre mezzo secolo le sue forme democratiche, costretto dagli eventi esterni a trasformare l’Italia in un autoritarismo. Questo vuol dire che sono diventato tutto d’un tratto un guerrafondaio? Assolutamente no, Realpolitiks non è un gioco di guerra, esattamente come in Europa Universalis si possono annettere le province altrui, ma solo a costo di pesanti ripercussioni internazionali ed interne; gli scontri bellici, proprio come tutto il resto, sono solo uno strumento, da usare con parsimonia e solo come ultima spiaggia, a meno che non decidiate di utilizzare una qualunque nazione mediorientale, sempre alle prese con un vicino parente dello stato islamico. Il fatto più interessante è che Realpolitiks non obbliga il giocatore a fare nulla, non sono stato costretto da una precisa missione ad inviare spie oltre le Alpi per sabotare le elezioni dei nostri vicini francesi, ma l’ho fatto solo per avere un vantaggio diplomatico; a parte dei tralasciabili compiti che garantiscono prestigio ed entrare economiche sporadiche, Realpolitiks è un sandbox in tutto e per tutto ed il foglio su cui scrivere la propria storia è completamente bianco, ad esclusione di alcuni stati principali che hanno un obiettivo finale, come ad esempio la Russia nella sua corsa verso la restaurazione dell’URSS o la Germania nel suo atavico scontro con la Francia per il controllo dell’Alsazia e della Lorena. Ogni partita si presenta poi sempre differente rispetto a quella che si è appena conclusa, vi sono tre scenari diversi da cui iniziare, ed in base al periodo selezionato, il proprio stato con cui si è deciso di portare avanti la campagna avrà davanti a sé scenari, alleanze e conflitti mai uguali rispetto al precedente match.
Breve manuale di politica
Realpolitks è consigliatissimo a tutti i nostri mestieranti, ai panettieri che dopo tre filmati su YouTube ed un paio di letture rapide di qualche post su Facebook decidono di scendere in campo e candidarsi come consiglieri comunali. O sindaci. Come mai avanziamo questo suggerimento? Perché lo strategico made in Jujubee S.A. è un ottimo vademecum di politica per principianti, dentro le sue schermate ci si ambienta in tutta tranquillità e le dinamiche di gioco vengono apprese già dopo pochi click, un po’ per merito, un po’ per la mannaia calata su alcune meccaniche. Innanzitutto, Realpolitks mette a disposizione un tutorial ricco e degno di questo nome che, suddiviso in tre parti, fornisce al giocatore tutto quello che c’è da sapere tra meccaniche di base, conduzione di una guerra e qualche comodo trucchetto da utilizzare nelle situazioni più critiche. In secondo luogo, niente perdite di tempo a navigare in mezzo ai menù venendo sommersi da pop-up e finestre incomprensibili, perché tutte le interfacce sono pulite, intuitive e ben disposte: nell’angolo in basso a destra ci sono i menù di visualizzazione della mappa, a sinistra i comandi per gestire la politica interna, l’aspetto militare, l’economia e le relazioni diplomatiche, mentre in basso, nella zona centrale, vi sono gli ultimi tasti con i quali si accede all’albero delle tecnologie, al pannello delle alleanze o, nel caso ne facciate parte, all’assemblea delle nazioni unite. Infine, in cima vi sono i pochi parametri che dettano l’andamento della propria nazione, basato sull’intreccio di semplici variabili, quali il GDP, le entrate economiche, il tasso di progresso scientifico, i punti azione e le risorse naturali. Realpolitks evita inoltre inutili sprechi di tempo per capire cosa influenzi in modo più o meno diretto questi valori: passando sopra di essi il mouse, vengono immediatamente visualizzati tutti i modificatori, ci si accorge ad esempio che il PIL è determinato dallo sviluppo economico, dal settore industriale, dalle tasse ma anche dallo scenario internazionale, mentre la cultura di una provincia determina il suo ordine pubblico ed immediatamente si capisce dove e come correre ai ripari. La somma fra un tutorial ottimamente strutturato, la facilità di navigazione e la chiarezza dei molti parametri numerici è il lato buono dell’accessibilità di Realpolitks, che però sfocia velocemente in superficialità non appena ci si accorge che gli strumenti forniti al giocatore si esauriscono in poche ore di gioco.
Spending review
Comunque lo si guardi, qualsiasi aspetto si passi sotto la lente di ingrandimento, Realpolitiks risulta un prodotto che taglia troppo corto in molte delle sue sezioni, poco approfondite e che non subiscono quella necessaria accelerata avanzando nella partita. Questa semplicità evita la sclerotizzazione politica di Power & Revolution, più un gestionale di noiosa burocrazia che altro, ma da un gioco che si fregia del titolo di grand strategy è lecito aspettarsi qualcosa di più. Per citare alcuni passaggi: la diplomazia fra i paesi è quasi esclusivamente basata sulla loro forma politica, con malus ad esempio fra le democrazie ed i totalitarismi, mentre per le relazioni esistono due forme differenti, lo spionaggio o le ambascerie alla luce del sole, che danno a loro volta il là ad altre possibili opzioni, come il sostegno monetario, l’influenza alle elezioni politiche o, ancora, il disseminare lo scontento fra la popolazione. Le scelte non sono poi così poche, alcuni strategici si fermano molto prima, ma siamo ancora molto lontani da ciò che offrono i maggiori esponenti del genere, leggasi Europa Universalis IV o Cruseder Kings II, che con le rispettive espansioni allargano esponenzialmente le vie della diplomazia. Un discorso del tutto simile si adatta anche alla politica interna, dove esistono solo tre sistemi, quello democratico, quello autoritario ed infine il totalitarismo, ognuno dei quali con i rispettivi vantaggi e svantaggi. Inoltre, come già evidenziato in precedenza, Realpolitiks non è affatto un gioco di guerra, tant’è che l’unico vero scontro portato avanti a lungo da me è stato quello contro la vicina Libia e la semplicità con cui i conflitti vengono condotti è una dimostrazione di quanto appena detto: non ci sono truppe da condurre fisicamente sul suolo altrui, niente ritirate tattiche o particolari conformazioni morfologiche da sfruttare, vi sono alcuni diversi piani tattici da applicare ma non si ha mai la sensazione di essere un vero generale da mouse e tastiera. Vi è però un’eccezione fondamentale a questa poca profondità che attraversa in lungo ed in largo Realpolitiks, ed è l’albero delle tecnologie che, come ogni altro aspetto, brilla per la sua pulizia e chiarezza ma guida lo stato in un progresso che si ramifica, si dipana e tocca ogni suo settore, ma che soprattutto garantisce al giocatore una totale libertà sull’impronta da dare alla sua creatura. Va però detto che, essendo esigue le variabili da tener sott’occhio in Realpolitiks, alla fine, tutte le tecnologie sbloccate agiscono sempre sui pochi parametri presenti, come ad esempio sulla tassazione, sulla felicità dei cittadini, sulla percentuale di disoccupazione o, ancora, sulla crescita del GDP.
I confini sono un’invenzione dell’uomo
Le immagini che vedete scorrendo l’articolo mostrano da sé tutto quanto c’è da dire sulla componente grafica. Realpolitiks non brilla certo per la ricerca del dettaglio visivo, non ne ha nemmeno bisogno, la maggior parte del tempo lo si passa fissando una mappa in due dimensioni, ad esclusione di alcuni modelli 3D delle città che spuntano sopra le regioni. Le interfacce non sono nemmeno loro impreziosite da artwork o particolari ricami stilistici ma forse è pure meglio così, perché inutili orpelli barocchi avrebbero solo appesantito e reso più complessa la lettura di voci e menù. L’unica nota stonata è rappresentata dai confini degli stati, decisamente poco marcati e netti, soprattutto quando questi iniziano a prendere conformazioni a noi non note e nascono nuove nazioni o entità sovra-statali, così come non troviamo alcuna giustificazione al mix di colori che dovrebbe evidenziare le varie alleanze, ma che fa nascere solo ulteriore confusione. Eccoci infine alla fatidica domanda: c’è l’italiano in Realpolitiks? Rullo di tamburi… Non lo sappiamo! Sulla pagina di Steam la nostra lingua, assieme a molte altre, risulta fra le quelle supportate, ma la copia per la recensione che ci è stata fornita dagli sviluppatori, ancora non definitiva, aveva tutti i testi scritti in inglese.
HARDWARE
Requisiti minimi:– Sistema operativo: Windows 7 / 8 / 8.1 / 10– Processore: Intel Core i3 or equivalent– Memoria: 4 GB di RAM– Scheda video: Intel HD 520 or better, 1GB VRAM or more– DirectX: Versione 9.0c– Memoria: 600 MB di spazio disponibile– Scheda audio: DirectX 9.0c compatible
– È vera realpolitik
– Mai una partita uguale alla precedente
– UI chiara e pulita
– Albero delle tecnologie ben ramificato…
– Adatto a tutti…
– Qualche scelta bizzarra per l’IA
– Mappa non sempre facile da leggere
– … Ma che porta sempre agli stessi esiti
– … Ma troppo semplificato in alcune parti
Realpolitiks è la giusta soluzione per chiunque voglia cimentarsi nel ruolo di leader di una delle superpotenze mondiali o anche di uno stato di minore importanza, ma senza finire dietro una scrivania a leggere scartoffie, sommerso da statistiche, cifre, modificatori e altri centinaia di parametri da tenere sempre sotto controllo. L’UI aiuta di molto la componente gestionale e valorizza il bello che c’è nel farsi crescere il pelo sullo stomaco e diventare un politico di professione. Se si esclude l’albero delle tecnologie, le molte semplificazioni e alcune dinamiche solo accarezzate ma mai approfondite fino in fondo rischiano però di lasciare con l’amaro in bocca i più esperti del genere, che in Realpolitiks potrebbero trovare pochi stimoli.