Recensione

Rapture, la storia del rap nella recensione della serie Netflix

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Le serie biografie sono un genere particolarmente difficile da gestire, vuoi per l’accuratezza storica a cui gli autori vanno incontro, specie per venire incontro ai fan più esigenti. Con Rapture, Netflix ha deciso di mettere in scena una serie biografica realmente particolare – composta da otto lunghi episodi – incentrata totalmente su di un genere musicale tra i più apprezzati al mondo: l’hip-hop. Chi lo mastica, anche solo di sfuggita, sa benissimo quanta passione venga infusa da chi questa musica la compone quotidianamente, tra le strade e le vie della città, vero e proprio palcoscenico di storie di vita vissuta tra le note e gli slang di questa cultura urbana. Visibile sulla nota piattaforma di video streaming dal 30 marzo, Rapture è dedicata a varie star dell’hip-hop di stampo mondiale, tra cui T.I., Rapsody, G-Eazy, Logic, Just Blaze, A-Boogie, 2 Chainz e Nas & Dave East.

Sasha Jenkins, afroamericano ed ex giornalista di Vibe Magazine (ha scritto di Eminem e Beastie Boys) è sicuramente uno che di hip-hop ne sa abbastanza, tanto da dirigere e produrre gran parte degli episodi che compongono la serie Netflix. Una serie, come accennato poche righe più altro, che ha molto a cuore la veridicità storica e le vicende personali dei personaggi che saremo chiamati a conoscere. Ogni episodio è un artista e ogni artista è una storia, un racconto di vita, nel quale il rapper si confida e si svela, tra dettagli di vita privata e carriera. Si parla di razzismo (come per la storia di Logic), unico bianco in una comunità di persone di colore, o ancora l’ossessione per le armi di T.I., passando per problemi di droga e di sesso, come per Rapsody, rapper della Carolina del Nord (candidata al Grammy per il miglior album rap con “Laila’s Wisdom”) cresciuta seguendo le orme della celebre Lauryn Hill. Importante anche la ricerca di nuovi talenti di Nas, legato a doppio filo all’ingresso in scena Dave East, uno dei promettenti artisti della East Coast.Rapture è essenzialmente questo: un viaggio nel mondo dell’hip-hop e del rap senza soluzione di continuità, ma sempre realizzato con profondo ed enorme rispetto verso il tema centrale. Non si sofferma sul passato delle star protagoniste dei vari episodi, bensì sul loro presente. Non è incentrata in alcun modo sull’esaltazione della ricchezza o sul fatto che “loro ce l’hanno fatta”, bensì il tutto preferisce far leva su come gli artisti abbiano raggiunto la fama mondiale che li ha travolti e soprattutto i modi in cui questi tentano di gestirla, non senza varie difficoltà e ostacoli lungo il percorso. Perché se l’hip-hop è una grande industria multimilionaria capace di macinare dollari e contratti discografici alla velocità del suono (letteralmente), dall’altra è anche e soprattutto un movimento culturale particolarmente radicato nel cuore degli Stati Uniti, verso cui si pretende profondo rispetto e dedizione.

Va detto, per onestà, che tutti coloro che difficilmente digeriscono la musica rap mal si avvicineranno a una serie come Rapture, impostata soprattutto a far conoscere le sfumature di un genere musicale a tutti coloro i quali sono già predisposti all’ascolto. Attenzione, però: sarebbe disonesto definire la serie prodotta da Jenkins come un semplice prodotto “di nicchia” per i fan del rap. Gli otto episodi distribuiti da Netflix sono infatti un piccolo spaccato di vita quotidiana, grazie alla quale vengono spiegati tramite le note dell’hip-hop valori importanti come l’amicizia, il talento e più in generale la forza di volontà di un singolo, specie quando la vita decide di remarti contro. Inutile cercare grandi prove attoriali e registiche: trattandosi di storie e testimonianze reali tipiche di un biopic, la resa biografica e documentaristica è totale, mentre accompagnamo i vari artisti in scene di vita quotidiana e in alcuni dei momenti più concitati dei loro tour in giro per il globo. In ogni caso, come ormai avrete intuito da soli leggendo la disamina, Rapture è un prodotto legato a doppio filo a un genere musicale in ogni caso stranoto anche in Italia (da Frenkie Hi Nrg passando per personaggi come Lou X). Da venerdì 30 marzo, potrete quindi decidere anche voi se seguire il ritmo e l’energia che passano attraverso lo spirito di questi artisti innovatori, scoprendo anche voi l’importanza dell’hip-hop nella cultura musicale mondiale.

Otto biografie, per otto storie di vita vissuta

Resa documentaristica ben fatta

Chi detesta l’hip-hop difficilmente lo capirà appieno

7.5

I documentari sono un genere particolarmente efficace e Netflix lo sa bene. Ecco perché Rapture è un prodotto che cerca di racchiudere l’essenza dell’hip-hop in una serie di episodi che sviscerano accuratamente alcuni dei maggiori artisti del genere, senza mai scadere nella banalità e sfiorando a malapena i luoghi comuni del caso. La musica, ma anche le biografie degli artisti scelti, sono infatti rappresentate con una minuziosa attenzione ai dettagli, cosa questa che rende Rapture ben più di un mero fan service. A patto di apprezzare la filosofia dietro un genere musicale che guarda innanzitutto al cuore e allo spirito, prima ancora che al ritmo.

Voto Recensione di Rapture, la storia del rap nella recensione della serie Netflix - Recensione


7.5

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