Icona degli anni 80 e 90, John Rambo ha sempre rappresentato lo stereotipo americano perfetto: un soldato invischiato in una guerra che non gli apparteneva, tradito dal suo stesso paese e in cerca perennemente di giustizia e libertà. Interpretato da Sylvester Stallone, Rambo ha letteralmente fatto esplodere i botteghini al lancio e, come prevedibile, non sono mancati diversi tie in ad accompagnarne il successo. Con il passare del tempo tuttavia, sebbene l’icona americana non ne volesse proprio sapere di farsi dimenticare, con un improbabile quarto episodio apparso sul grande schermo nel 2008, dal lato videoludico John scomparì quasi completamente dalla scena, almeno fino al luglio dello scorso anno quando Teyon e Reef Entertaiment annunciarono RAMBO The Videogame. L’hype schizzò nuovamente alle stelle e non nascondiamo che anche sulle nostre pagine notizie e trailer del berretto verde più famoso del mondo non facevano altro che far impennare vertiginosamente il counter delle visualizzazioni. Purtroppo però le occasioni per vedere il gioco dal vivo scarseggiavano e sia sviluppatori che publisher si guardavano bene dal rilasciare più informazioni dello stretto necessario, segno che qualche cosa nello sviluppo non stava funzionando a dovere. Dopo aver messo le mani su una copia retail del gioco siamo finalmente pronti a dirvi se le nostre paure avevano ragione d’essere o erano del tutto infondate…
Una guerra da vivere e nella quale morire.
RAMBO The Videogame, almeno dagli annunci iniziali dava l’impressione di voler fare un sacco di cose insieme. Sezioni stealth nella giungla, momenti di pura azione a mitra spianato ed ovviamente combattimenti a bordo di veicoli e momenti di tensione dove le frecce del nostro arco dovevano essere messe a segno silenziosamente. Feature insomma che potevano appartenere solo a due generi ben distinti, a un action in terza persona alla metal gear o a un fps senza cervello dove esplosioni e sangue l’avrebbero fatta da padrone. In entrambi i casi il titolo avrebbe indubbiamente avuto pro e contro ma quando abbiamo realizzato che il gioco non sarebbe stato null’altro che uno shooter su binari, infarcito ovviamente di QTE, la nostra mascella ha colpito rumorosamente il pavimento, e non con accezione positiva. Pad alla mano John si muoverà in maniera autonoma attraverso i livelli e come nel miglior Time Crisis si fermerà quando la situazione diverrà abbastanza calda da permetterci di scaricare piombo a volontà su tutti i nemici che compariranno a schermo. Le somiglianze con il titolo Namco tuttavia si fermano qua e ci sentiamo quasi in colpa ad aver nominato quel capolavoro in questa recensione: l’accostamento tra i due titoli potrebbe far rivoltare lo stomaco a più di un giocatore vecchia scuola. Il sistema di copertura infatti è qualcosa di completamente nuovo e non sempre queste saranno disponibili, cosa che mette in rilievo il primo dei molteplici difetti di questo assurdo shooter. Proseguire nei livelli comporta la conoscenza perfetta dei respawn nemici e soprattutto delle zone successive così da poter decidere anticipatamente quando perdere del prezioso tempo per effettuare la ricarica dell’arma. Inserire i proiettili nel caricatore risulta infatti di una lentezza quasi disarmante e la meccanica della ricarica attiva, presa di peso da gears of War richiede riflessi pronti e una velocità di esecuzione certosina. Sbagliate il tempismo e la vostra arma si incepperà impedendovi di fare fuoco, cosa che se per l’appunto accadrà nel momento sbagliato potrà significare per voi unicamente la morte.
Nel caso azzeccaste la ricarica invece non avrete bonus istantanei di alcun tipo ma solo un numero aggiuntivo di proiettili nel caricatore e la possibilità di ritornare a sputare piombo in un minor lasso di tempo. Potrete tentare di optare per un cambio rapido dell’arma, saltando da un mitragliatore alla pistola, con l’unico risultato di trovarvi per le mani un ferro ancora meno efficace. Nel nostro playthrough ci siamo semplicemente limitati ad utilizzare l’arma primaria e non abbiamo mai sentito la necessità di sostituire la bocca da fuoco o passare addirittura all’arco, quando disponibile. L’arco ha dalla sua la silenziosità, utile a dire il vero solo in pochissime missioni guidate, e la capacità di generare furia più rapidamente, la seconda delle meccaniche “innovative” di questo Rambo.
La modalità furia si potrà attivare dopo un numero determinato di uccisioni e vi mostrerà a schermo i nemici in maniera chiara tramite una visuale simile alla ricerca di calore di un predator. Ogni kill ottenuta in questa modalità vi garantirà una piccola percentuale di energia extra, unico modo di risanare la vostra barra di salute durante le sparatorie a meno di non aver equipaggiato perk passivi nella personalizzazione del vostro personaggio.
Level up
Al termine di ogni stage, quindici in tutto per una durata di circa quattro ore complessive che ci porteranno a rivivere le scene clou viste nella trilogia originale, vi verranno assegnate esperienza e punteggio in base alle vostre prestazioni, utili per salire di livello e confrontarvi con gli altri coraggiosi berretti verdi che hanno acquistato il titolo nel resto del mondo. Ogni livello sbloccherà dei punti da assegnare ad abilità passive dedicate all’aumento del danno, alla resistenza o alla furia e anche altri piccoli bonus che miglioreranno le vostri doti guerresche. Il tutto potrebbe anche avere un vago senso logico se non fosse che le fasi di shooting semplicemente non funzionano. L’arma impugnata da rambo coprirà spessissimo i nemici a cui dovrete sparare, impedendovi di centrare correttamente il bersaglio e il movimento libero del mirino risulta particolarmente impreciso e poco responsivo, soprattutto visto che non seguirà automaticamente i movimenti del personaggio rimanendo al di fuori della schermata e richiedendo al giocatore uno sforzo sovrumano per rimetterlo nel campo visivo in tempi utili. Una grave mancanza in fase di programmazione che rovina pesantemente l’esperienza, rendendola frustrante e assolutamente poco divertente.
Tecnicamente RAMBO è un disastro da qualsiasi parte lo si guardi. I modelli poligonali sono tra i più brutti che Playstation 3 e Xbox 360 abbiano mai presentato, con continui pop up della vegetazione e degli elementi dello scenario. Ci sono altresì grossissimi problemi con l’illuminazione e con le texture, continuamente sporcate da ombre sconnesse e un aliasing spinto ai massimi livelli. Se dovessimo dare un punteggio solo al lato tecnico, uno zero secco in pagella non sarebbe eccessivamente punitivo. Chiudiamo il cerchio con il rumore dell armi, presi probabilmente direttamente dagli altoparlanti di una televisione degli anni ’80 e con un ragdoll dei nemici completamente immune alle leggi della gravità e della fisica.
In due il divertimento raddoppia
Non serve il multiplayer a raddrizzare la situazione. Il secondo giocatore gestirà semplicemente un mirino extra a schermo ma completamente slegato dall’arma del player one, rendendo il tutto ridicolmente complicato e ancor più confusionario. Le icone della ricarica attiva si sovrapporranno di continuo, rendendo praticamente impossibile azzeccare il tempismo giusto e ridicolizzando alcuni schemi, come ad esempio una missione di cecchinaggio dove presenzieranno due mirini ma un solo visore (il secondo player in parole povere sparerà alla cieca o dovrà restare confinato dai movimenti del primo) e le missioni con arco e lanciarazzi dove si potranno sparare due colpi alla volta. Non mancano infine nemmeno interi livelli dedicati ai QTE dove dovremo semplicemente premere il tasto al momento giusto per proseguire e, in caso di una cooperativa potremo addirittura permetterci che solo uno dei due giocatori azzecchi la combinazione visto che il gioco prenderà in esame solo il migliore.
– Alcune idee quantomeno originali nel genere
– Tecnicamente disastroso
– Difficoltà sbilanciata
– Narrazione noiosa
– Controlli imprecisi
– Sonoro terribile