Recensione

Project Zero 3: The Tormented

Avatar

a cura di Upe

Offuscato da uno spesso velo di mistero, il sonno si rifiuta ancora di consegnarci i suoi terribili segreti. E se l’uomo finisce sempre per accettare di immergersi, in modo aleatorio suo malgrado, in questo groviglio di sogni distensivi o tormentati, spesso non trattiene i suoi peggiori incubi. Implicata in una storia sordida al di là della realtà, Rei Kurosawa teme più di tutto questo istante fatidico, dove il sonno la porta sempre dritta all’inferno. Che altro nome può darsi ad un luogo che ripara i risentimenti dei morti, la cui anima è dannata per sempre?

Tra sogno e realtàSono già quattro anni che Tecmo ci consegna, con un piacere sadico, l’orrore in tutta la sua stordente espressione. E’ già difficile affrontare le nostre paure dell’ignoto quando questo è presentato tra le righe di un romanzo, o per mezzo di un lungometraggio, ma la cosa diventa più delicata mediante un videogame. Nei primi casi si può restare passivi, chiudere gli occhi per proteggersi da questa paura che cerca di raggiungerci. Differentemente, la prospettiva di perire in qualsiasi momento costringe il giocatore a prendere di petto la situazione, malgrado i brividi che gli percorrono la colonna vertebrale. La serie Project Zero è fatta così, ci immerge immediatamente nel cuore dell’angoscia, come se ciascuno degli ingranaggi che la costituiscono mettesse in moto un meccanismo per andare più lontano. Ora che il terzo capitolo è disponibile, la visione di questa trilogia si staglia nella sua globalità e si conclude in vera apoteosi. Gli elementi basilari del successo erano già al loro posto nella prima uscita. La serie ha saputo, fin dalla partenza, conquistare l’apprezzamento incondizionato degli estimatori del survival-horror. E il tempo aiuta. Alcuni errori di gioventù sono stati cancellati abilmente per lasciare il posto ad un modello del genere, orchestrato mirabilmente nella sua narrazione e nella sua costruzione. Perché, se si poteva rimproverare ai primi due episodi una progressione propizia a numerose sbavature che potevano nuocere all’efficacia dell’ambiente orrorifico, ora il tutto è dominato perfettamente. L’esplorazione delle sinistre ambientazioni si fa, oramai, in tempi diversi e mano a mano che la protagonista progredisce nelle sue investigazioni. Tutto avviene all’improvviso, per la scoperta di un elemento chiave della narrazione. Si viene portati fuori dai sogni (ma saranno tali?) e la ripresa di coscienza si manifesta con un ritorno alla realtà. Si evolvono così due tipi di locazioni ben distinte: l’appartamento, dove Rei ha la possibilità di riprendere contatto del reale, ed un mondo sordido dove i suoi incubi la gettano non appena si abbandona al riposo notturno. Una situazione che ricorda molto la struttura narrativa di Silent Hill 4, nella misura in cui l’eroe disponeva di un asilo più sicuro tra le mura del suo appartamento.

Cerchiamo di far luce… il buio nasconde terribili pericoliLa storia di Project Zero 3 ci fa vivere le traumatizzanti investigazioni di Rei Kurosawa, una giovane fotografa, che tenta di riprendersi della perdita del suo ragazzo Yuu, deceduto in un incidente di automobile da lei stessa causato. Indagando sui misteri relativi a delle leggende urbane, che costituivano il fulcro delle ricerche di Yuu e del suo accolito Kei Amakura, Rei tenterà di riunire i pezzi di questo puzzle esplorando la spettrale casa dei suoi ricorrenti incubi. Ad aiutarla nel suo compito troviamo Miku Hinasaki, l’eroina del primo episodio, ora sua assistente personale. Oltre alla funzione cruciale di ricercatrice di notizie, in merito ai personaggi che Rei incontra nei suoi sogni, Miku costituisce anche uno dei protagonisti giocabili di questa avventura. Come anche Kei Amakura, lo scrittore che divideva le ricerche di Yuu sulla veridicità delle leggende. La molteplicità dei personaggi giocabili permette di rinnovare il modo di giocare e di temere, differentemente, l’esplorazione degli ambienti del gioco. Anche se la “camera obscura” resta sempre al centro del gameplay, bisognerà imparare a sfruttare le attitudini di ogni protagonista, come le sue forze e debolezze. A titolo di esempio, si può citare la capacità di Rei di utilizzare un flash per respingere gli spiriti, o ancora la possibilità di nascondersi di Kei. La macchina fotografica, come in passato, può essere ottimizzata secondo differenti criteri, mediante il sacrificio dei punti ottenuti immortalando gli spettri sulla pellicola. Sebbene il sistema di gioco sia stato conservato quasi identico, si scoprono tuttavia alcune novità. All’atto di affrontare gli spettri aggressivi è possibile, in particolare, effettuare delle concatenazioni di foto (dopo un’inquadratura mortale). Ciò implica, per ovvi motivi, una millimetrica scelta di tempo da parte del giocatore. E poi, già delicata nelle precedenti uscite, la caccia agli spiriti nascosti costituisce un vero gioco nel gioco, tanto da dover completare due volte l’avventura per sperare di immortalarli tutti. Malgrado possa sembrare, la progressione non è mai frustrante, in considerazione del gran numero di elementi che facilitano l’esplorazione. Come si è detto, il taglio spezzettato dell’avventura è orchestrato in modo che non si possa perdere la “strada” delle indagini. Ogni nuova incursione nella magione maledetta permette di allargare le investigazioni, così sappiamo sempre cosa fare e dove andare, grazie alla semplicità della mappa dove ogni locale è ben identificato ed identificabile. Di più, la possibilità di ravvivare l’energia vitale e di ricaricare le scorte, ritornando nel rifugio rappresentato dall’appartamento di Rei, dovrebbe rassicurare coloro che temono di non saper procedere. Si può approfittare del ritorno alla realtà anche per sviluppare le foto scattate (nella camera oscura) o per chiedere a Miku di fare delle ricerche. Menzione speciale per il taccuino, dove vengono annotati la totalità degli indizi, avvenimenti, luoghi e personaggi e che è bene consultare regolarmente.

Orrende visioni, terrificanti audizioniAnche sul piano grafico Project Zero 3, naturalmente, apporta nette migliorie rispetto ai predecessori. Basandosi sulle atmosfere tipicamente ghost story, le locazioni puntano molto sui giochi di luce, sul vedo e non vedo. Le tinte scure sono dominanti, ma non per questo la cura dei particolari viene meno e le texures sono quanto di più convincente possa esserci. Il controllo del personaggio continua ad essere lo stesso, con tutti i pro e contro del caso. Solito uso anche della telecamera virtuale che, pur in presenza di una costruzione totalmente poligonale, si avvale nuovamente di schermate fisse, scenografiche ma talvolta scomode. Vorrei finire parlando dell’aspetto sonoro di Project Zero 3, per elogiare l’efficacia del lavoro compiuto dagli sviluppatori. Quelli di voi che hanno giocato ad uno dei precedenti capitoli sanno a che punto gli effetti sonori sono determinanti nell’infondere angoscia e senso di pericolo. Più che mai, l’ambienza sonora di Project Zero 3 ci mette a disagio, coi suoi cigolii irreali, con i lamenti, le urla di dolore di donne assassinate, nonchè mormorii di cui si cerca vanamente la provenienza. Anche se non è il solo survival ad avvalersi di questo aspetto, ne è certamente uno degli esempi più belli.

-A tratti mette davvero paura

-Sonoro coinvolgente

-Trama ben articolata

-Soliti problemi di controllo

-Idee non propriamente originali

8.0

Questo terzo capitolo della saga prolunga mirabilmente una delle serie horror più efficaci di questi ultimi anni. L’alternanza tra gli incubi e la realtà gioca costantemente coi nostri nervi, mentre ci si sforza di sormontare le paure e tentare di chiarire un mistero che si ispessisce sempre più. Concepito meglio dei predecessori, nello svolgimento, Project Zero 3 è da giocare assolutamente, se vi sentite capaci di vederne la fine senza tremori.

Voto Recensione di Project Zero 3: The Tormented - Recensione


8

Leggi altri articoli