Project Zero 2: Wii Edition
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a cura di Fatum92
La mente umana è misteriosa e indecifrabile. I meccanismi inspiegabili che la guidano seguono ciecamente le emozioni, talvolta tra loro contrastanti, mutevoli ed infinitamente complesse, ma essenziali a definire un individuo, a renderlo realmente vivo. Ma la mente è suscettibile, condizionabile e la natura dell’uomo prende spesso il sopravvento, facendo emergere gli istinti sopiti in ognuno di noi, pronti a bussare alle porte del nostro inconscio nel tentativo di uscire. Perché l’essere umano è una creatura strana, incline alla violenza, ma allo stesso modo incapace di giustificarla ed accettarla, o estremamente incuriosita dalla paura, quella incontrollabile e penetrante. Il senso di opere cinematografiche, letterarie e videoludiche a sfondo horror, sta quindi nell’innato bisogno umano di esplorare l’ignoto e la reazione della psiche ad esso, quasi nella speranza di comprendere e razionalizzare qualcosa di completamente estraneo alla razionalità. L’uomo ha così la possibilità di affacciarsi a queste emozioni, sfidandole con arroganza, conscio che, in fondo in fondo, nessun pericolo concreto si nasconde tra le pagine di un libro, nella visione di un film o nell’interattività di un videogioco, se non quello prodotto dalla propria mente, suggestionata dal media in questione. Immergendo il giocatore direttamente nell’azione, l’industria videoludica ha forse più possibilità di incutere terrore, accentuando l’istinto di sopravvivenza del proprio io interiore. I risultati, però, sono spesso altalenanti, seppur “antiche” saghe quali Silent Hill e Resident Evil (almeno in principio) vengano ricordate da molti come veri e propri incubi. Il genere dei survival-horror, infatti, è radicalmente cambiato nel corso del tempo, lasciando spazio a produzioni che subiscono sempre più l’influenza occidentale, votata allo splatter, alla violenza visiva e allo spavento “facile”, piuttosto che alla disturbante ansia psicologica; metodi ugualmente efficaci e interessanti. Tuttavia, per alcuni non rimane altra via se non rifugiarsi nel passato. Consapevole della situazione, Nintendo decide di ospitare sulla sua attuale console casalinga il secondo episodio di una saga simbolo del survival-horror: Fatal Frame, conosciuto da noi come Project Zero.
Farfalla Cremisi Originariamente uscito durante la scorsa generazione, Project Zero 2 viene oggi riconosciuto come uno dei capisaldi del genere. Considerando il panorama attuale, l’occasione data da questa edizione pensata per Nintendo Wii è sicuramente ghiotta, soprattutto per chi non avesse avuto modo di giocarlo a suo tempo. Ciò nonostante, Project Zero 2: Wii Edition porta con sé alcune novità che potrebbero invogliare anche i fan all’acquisto. Ma procediamo con ordine.Mio e Mayu sono due gemelle. Mentre esplorano i luoghi della loro infanzia, facendo riaffiorare vecchi ricordi, l’attenzione di Mayu viene improvvisamente catturata dal docile volo di una strana farfalla color cremisi che l’attira nei meandri di un oscuro bosco. Mio, precipitatasi a seguire la sorella, finirà, insieme alla gemella, in un inquietante villaggio dove niente è come sembra.La narrativa affonda le radici nella cultura giapponese, regalandoci una storia lenta e frammentaria, portata avanti soprattutto dai testi che troveremo lungo il corso dell’avventura. Ciò non si traduce in un basso livello di coinvolgimento, poiché un incedere meno prevedibile e più articolato di quanto non appaia inizialmente rende il plot appassionante ancora oggi. L’aggiunta di finali inediti, poi, è la classica ciliegina sulla torta.Tuttavia, ciò che distingue maggiormente Project Zero 2: Wii Edition dall’originale è il sistema di controllo. La questione è più spinosa di quanto appaia, in quanto l’adattamento dei controlli è indubbiamente motivo di dibattito e argomento di discussione: da chi preferisce il semplice pad, ritenuto più preciso e affidabile, a chi, invece, predilige Wii Mote e Nunchuck. Nella realtà dei fatti, sono entrambi ugualmente validi e contraddistinti da punti di forza e debolezza. In ambo i casi, insomma, la macchinosità di alcune azioni resta, ma è anche vero che si tratta di una scelta di game design atta a restituire precarietà ed incertezza nel giocatore. La protagonista, infatti, appare fragile, impacciata ed estremamente lenta nei movimenti.
Una torcia e una macchina fotografica: le uniche armiLa frustrazione si fa sentire quando il puntatore non sembra reagire sempre come dovrebbe o quando ci si accorge della minimale gestione della torcia, indirizzabile solamente in su e in giù o inclinando a destra e sinistra il telecomando Wii; l’analogico, comunque, svolge molto del lavoro. Malgrado fosse lecito sperare in qualcosa di più, a conti fatti non subentrano particolari problemi, dimostrando che anche questa nuova versione può contare su controlli soddisfacenti e certamente non proibitori, anzi. Non mancano, infatti, le classiche “scrollate” per divincolarsi da qualche fantasma che ha deciso di avvicinarsi un po’ troppo o decisi colpi di Nunchuck. Poca cosa, intendiamoci, ma perlomeno le caratteristiche dei controller di Nintendo Wii non sono state del tutto ignorate.Un altro cambiamento decisamente importante risiede nella diversa inquadratura della telecamera, ora posta alle spalle della protagonista per restituire un impatto visivo più al passo coi tempi. Angolazione che dovrebbe accentuare il senso di inadeguatezza e paura nel giocatore, immergendolo maggiormente nell’azione. Infatti, gli aspetti che differenziano un survival-horror mediocre da uno imperdibile, stanno principalmente nell’atmosfera e nella capacità di spaventare, o quantomeno turbare, l’utente. Sulla prima c’è ben poco da dire: nonostante gli anni, risulta tuttora d’effetto, denotando la cura degli sviluppatori nel ricreare un villaggio fortemente inquietante, orribilmente buio, talmente ben ricreato da lasciare la sensazione che abbia realmente una storia vissuta alle spalle, fatta di ambigui abitanti oramai divenuti anime vaganti nell’oscurità, a simboleggiare ciò che ne è rimasto: un piccolo paesino sperduto contraddistinto da case diroccate, sinistre, quasi paragonabili a dei labirinti in cui perdersi, con la speranza di non imbattersi in spiriti maligni pronti a farci la pelle. Il backtracking e l’esplorazione, appunto, sono elementi molto presenti, costringendoci innumerevoli volte ad esaminare a fondo l’ambiente circostante alla ricerca di indizi e risorse varie o a ritornare sui nostri passi per risolvere qualche semplice rompicapo. Vi è quindi da dire che il videogiocatore medio (attuale) difficilmente riuscirà ad apprezzare un’impostazione simile, caratterizzata da una progressione sì ben sostenuta, ma da un ritmo lontano anni luce dalla freneticità tipica delle produzioni moderne, comprese quelle di carattere horror. In questo senso, non si può certo negare che Project Zero 2 non dimostri gli anni che ha sulle spalle: croce o delizia, è solo una questione di punti di vista. Se si tiene conto del fatto che negli ultimi anni il genere dei survival-horror vecchio stampo sia praticamente scomparso (anche a causa di limiti congeniti nella tipologia e che rappresentano barriere ormai superate), non può che essere un pregio, sia per l’utenza più anziana, sia per quella giovane, la quale ha la possibilità di vedere come si presentavano gli horror anche solo sette – otto anni fa. Ad ogni modo, ciò non toglie che il backtracking possa risultare in più di un’occasione noioso, ma l’abilità dei programmatori nel mantenere sulle spine il player argina l’insorgere di una monotonia eccessivamente tediante.
Il dilemma della pauraSul fattore paura, invece, le cose si complicano. Si complicano, perché è innegabile che il titolo tenti in svariati modi di incutere terrore, prediligendo apparizioni improvvise o fantasmi visibilmente disturbanti, dalle movenze e fattezze squisitamente orientali, ma risulta, forse, incapace di spaventare come fece all’uscita originaria. Chiunque mastichi un po’ il genere, dai videogiochi ai film, non troverà in Project Zero 2: Wii Edition nuovi metodi di opprimere ed angosciare che non siano già stati sperimentati altrove. Ciò non significa che la produzione fallisca nel suo intento, al contrario, si assesta indubbiamente su standard elevati, ma il tutto si riduce alla sensibilità del singolo, diversa da individuo a individuo. Per tale motivo, ci teniamo a sottolineare come ciò che diremo di seguito abbia una valenza del tutto personale e vada, di conseguenza, presa con le dovute cautele. A parere di chi scrive, infatti, vuoi per la lentezza e ripetitività dei combattimenti, seppur impegnativi al punto giusto, vuoi per l’impressione di sicurezza troppo accentuata in molti, troppi, frangenti, vuoi anche per un dettaglio grafico, per ovvie ragioni, non “alla moda”, la paura non ha sicuramente fatto presa, nemmeno se stimolata con le giusta atmosfera esterna: notte fonda, buio pesto e silenzio tombale.Onde evitare infantili fraintendimenti ribadiamo che l’opera è universalmente riconosciuta come uno dei pilastri del genere e viene tuttora considerata spaventosa, sebbene a nostro personale giudizio non in maniera così incisiva come qualche anno fa. L’obbligo di affrontare gli spettri attraverso l’obiettivo della macchina fotografica, passando alla visuale in soggettiva, ha sicuramente il merito di instillare più agitazione e nervosismo, gettandoci letteralmente in faccia i volti sfigurati dei defunti. In questo senso, i soggetti più sensibili non faticheranno a farsi prendere dal panico, soprattutto superata la metà dell’avventura, dove il gioco dà il meglio di sé spossando fisicamente e mentalmente il giocatore.Inoltre, proprio quando l’esperienza sembra avere già mostrato tutte le sue carte, al sopraggiungere dei capitoli finali ci si accorge che Project Zero 2 è ancora in grado di dire la sua, facendosi prepotentemente largo nel panorama odierno con qualche trovata attuale e meritevole, ricordandoci il motivo della sua fama. La tensione aumenta con il progredire dell’avventura, così come la difficoltà. Gli attacchi delle presenze si fanno via via meno prevedibili e più potenti, accrescendo sensibilmente la percezione di ansia e terrore, in un escalation che riserva ancora oggi qualche sorpresa e da cui molti produttori dell’horror ludico attuale dovrebbero prendere spunto.
Edizione definitivaQuesta edizione, poi, non solo è stata aggiornata graficamente per garantire un maggior dettaglio e una miglior pulizia dell’immagine, ma anche le mappe dei luoghi sono state modificate per adattarsi al cambiamento di visuale. Per tale motivo, anche chi ha vissuto l’esperienza in precedenza ritroverà un feeling familiare, ma allo stesso tempo completamente nuovo, grazie anche a location più interattive che in passato. Inoltre, persino le protagoniste hanno subito una “ristrutturazione” visiva. A dimostrazione del fatto di non essere in presenza di una banale conversione, è stata introdotta una modalità esclusiva: la Casa degli Orrori. In sostanza si tratta di brevi percorsi su binari che hanno lo scopo primario di terrorizzare il giocatore, il cui livello di paura verrà misurato in base ai movimenti effettuati con il Wii Mote e Nunchuck. Sebbene le aggiunte siano sempre gradite, questa sorta di minigioco non appare, in verità, particolarmente entusiasmante e nemmeno precisissimo. L’idea di fondo risulta comunque divertente e diversi obiettivi ne allungano la longevità, comunque piuttosto esigua a causa della ripetitività di fondo. A tal proposito, solo la portata principale offre circa una decina di ore, senza contare il fattore di rigiocabilità, garantito da più finali, qualche extra e ulteriori livelli di difficoltà che metteranno a dura prova anche i nervi dei videogiocatori più coraggiosi.Così come dal punto di vista tecnico e grafico, settati su ottimi livelli per le capacità di Nintendo Wii, anche l’accompagnamento sonoro si dimostra soddisfacente, nonché un elemento essenziale per ricreare alla perfezione la giusta atmosfera. Tra gemiti, urla, risate improvvise e silenzi prolungati il lavoro svolto è di buona fattura. Non mancano effetti e tracce audio ripetitivi, che finiscono col stancare, ma nel complesso il risultato finale risulta assolutamente convincente. Oltre a tutto questo, addirittura il doppiaggio delle protagoniste è stato completamente rivisto per l’occasione.
– Non una semplice conversione
– Un survival-horror come non se ne vedono più
– Ancora oggi ha qualcosa da dire
– Un titolo di nicchia
– Non tutti riusciranno ad apprezzare il ritmo lento e il tanto backtracking
8.0
Project Zero 2: Wii Edition si dimostra ben più di una semplice conversione. Le nuove feature introdotte invoglieranno sicuramente i fan a gettarsi nuovamente nell’incubo di Mio e Mayu. Su tutte il cambio di inquadratura, e tutto ciò che ne comporta, dà la possibilità di approcciarsi alla stessa avventura vissuta anni fa in maniera totalmente diversa. La magistrale atmosfera, unita ad una trama artistica, mai banale e da macabri risvolti che denotano la bravura del team nell’esplorare l’universo del raccapricciante, si affiancano ad una giocabilità vecchio stampo, ma ancora capace di dire la sua. Sorge comunque spontanea una riflessione, poiché il ritmo lento e alcuni limiti insiti nella struttura e nel genere (come può essere la macchinosità dell’azione, la marcata ripetitività dei combattimenti e un backtracking, a volte, snervante), potrebbero non essere apprezzati o capiti dalla maggioranza della comunità videoludica moderna, abituata a ben altro. Aspetti che, oltre a far notare le sue origini old-gen, lo rendono fondamentalmente un prodotto di nicchia, ancor più se si tiene conto della console ospitante. In ogni caso, la qualità dell’adattamento e l’impegno della software house nel voler offrire un’esperienza rinvigorita sono fuori discussione e meritano di essere premiati.
Un acquisto obbligato per gli amanti dei survival-horror puri e dal gusto tipicamente giapponese, un rischio per tutti gli altri, i quali si troveranno dinanzi ad un’opera che si ama o si odia, ma con l’indiscutibile pregio di differenziarsi dalla massa come pochi altri titoli della corrente generazione. Da riscoprire.
Voto Recensione di Project Zero 2: Wii Edition - Recensione
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