Recensione

Project X Zone 2

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Dopo la bella sorpresa rappresentata dal suo predecessore, una delle nuove proprietà intellettuali più divertenti tra quelle viste su 3DS, Monolith Software ci riprova, portando in Europa, e con tempi decisamente più brevi rispetto alla media, Project X Zone 2, altro, improbabile crossover dei personaggi più iconici di tre grandi publisher quali Sega, Capcom e Namco Bandai, cui si aggiungono, eccezionalmente, un paio di cammei di volti noti a tutti i fan Nintendo.Nonostante i buoni voti che il primo capitolo aveva saputo meritarsi, c’erano diversi elementi migliorabili nel gameplay del primo episodio: vediamo insieme se e in quale misura il team di sviluppo vi ha messo mano.

All’improvviso il non-senseLa lentezza delle prime ore di gioco, l’assoluto non-sense della trama, il pretesto narrativo che vede contrapposte due corporazioni come la Shinra e la Ouma, in seguito all’apertura di varchi dimensionali che collegano universi paralleli, da ognuno dei quali sopraggiungono tanto eroi quanto antieroi, sono tutti elementi familiari per chi ha giocato il primo capitolo.Proprio gli aficionados saranno probabilmente disposti a chiudere un occhio sulle falle narrative di un’opera che, proponendosi come cross over quasi definitivo tra i marchi di tre publisher di grido (più Nintendo), cede le armi della coerenza e della continuità narrativa quasi subito, in favore di un lavoro di fan service sopraffino, ulteriormente perfezionato in questo secondo episodio.Oltre alla sottotitolazione italiana, infatti, c’è un numero di facce nuove (relativamente nuove, s’intende), alcune delle quali hanno toccato le corde di questo vecchio redattore appassionato di videogiochi (Alex Kidd e Segata Sanshiro, sto guardando voi).Rispetto al recente passato, ho trovato che gli scambi di battute pre e post missione siano saliti di livello, proponendo un continuo di rimandi a giochi e situazioni che solamente i più nerd (e giappofili) tra i giocatori riusciranno a cogliere: di sicuro, com’era già stato per il prequel, non comprerete Project X Zone 2 per la bontà del plot o per una scrittura particolarmente brillante, ma certi botta e risposta non potranno non strapparvi un sorriso se mangiate pane e videogiochi da una ventina d’anni.

Finto strategicoNonostante l’episodio precedente mi fosse piaciuto molto, svanito l’effetto novità e il clamore per uno dei roster più clamorosi della storia dei videogiochi, rimaneva un’ossatura da strategico a turni fin troppo esile, con un livello di difficoltà davvero troppo basso e alcuni degli scontri dell’ultimo terzo della campagna che andavano avanti per troppi minuti.Di certo non si può dire che Monolith sia stata con le mani in mano, perché le aggiunte non mancano, ma, ahinoi, un paio delle criticità del primo episodio sono rimaste intatte in questo sequel, se non addirittura peggiorate (il livello di sfida è ancora più insulso).Il remix delle coppie e dei personaggi singoli richiamabili in battaglia ha portato in dote effetti positivi, visto che adesso le squadre sono maggiormente equilibrate e non esistono sostanziali differenze di danno inflitto e resistenza tra l’una e l’altra; similmente, l’accresciuta importanza del micromanagement e della gestione delle truppe tra una battaglia e la successiva aumenta le possibilità tattiche, e, nel contempo, il grado di personalizzazione del proprio esercito di superstar.Adesso, complice una modalità allenamento appositamente creata, si ha davvero l’impressione di giocare a due giochi in uno: alle fasi in cui ci si prostra alle dinamiche consuete dei giochi di ruolo strategici, con tanto di visuale isometrica e griglia su cui muoversi, si alternano dei veri e propri scontri in stile picchiaduro, con un maggior numero di combo presenti, che si amplia ancora alla pressione del dorsale, quando interviene il personaggio di supporto.Adesso mantenere l’avversario in aria tramite una serie di juggling combo è ancora più importante ai fini della vittoria finale, e mi è sembrato che anche il livello di caricamento della Cross sia stato modificato.Le modifiche cui accennavo già in fase di preview hanno un peso specifico assai diverso nell’economia di gioco: se la distruttibilità degli ambienti e l’interazione con piccoli puzzle dei fondali risultano, a conti fatti, marginali, la possibilità di potenziare alcune mosse semplicemente non utilizzandole, quasi le si tenesse da parte per i nemici più forti, sbilancia ulteriormente (come temevo) la già scarsa difficoltà, semplificando, per i giocatori più lungimiranti, anche le boss fight.Monolith sembra aver fatto tesoro delle critiche mosse al predecessore per quanto concerne la lunghezza di certi scontri, visto che ha provveduto ad abbreviare la durata media dei combattimenti facendo confluire nelle mappe un numero inferiore di rinforzi nemici a battaglia in corso, ma, così facendo, ha ulteriormente abbassato un livello di sfida che è adesso praticamente nullo per chiunque abbia giocato almeno un paio di SRPG in vita sua.I neofiti, dal canto loro, apprezzeranno l’estrema accessibilità del combat system e l’assenza di finezze tattiche eccessive, se è vero che la possibilità di attaccare i nemici di fronte e di lato è stata introdotta solamente in questo secondo capitolo.

Migliorie a tutti i livelliSe, a livello di gameplay sono stati fatti un passo avanti ed uno indietro, quindi, tecnicamente ed artisticamente il lavoro svolto da Monolith è inattaccabile: al di là della difficoltà nel mantenere una linea artistica coerente con personaggi così diversi e provenienti da epoche videoludiche distanti, le cutscene animate, i dialoghi d’intermezzo e le talking heads fanno segnare un deciso passo avanti rispetto al prequel, che pure, sotto questo punto di vista, si difendeva benone.Non si può dire lo stesso delle fasi isometriche, in cui si intravede qualche pixel di troppo e la definizione dei modelli non è sempre al top, ma anche il (giustamente) osannato Fire Emblem Awakening, in questo campo, non era perfetto.Eccellente anche il lavoro svolto con la colona sonora, che riprende temi noti ai fan dello scorso capitolo e ne aggiunge di altri, sempre ben strutturati, e affianca una buona (ed inaspettata) localizzazione nella nostra lingua per quanto concerne i sottotitoli, mantenendo il doppiaggio originale giapponese, che così bene si confà ad un cast di personaggi intimamente nipponici.Nulla da lamentarsi anche per quanto riguarda la longevità: torna la modalità New Game Plus, che offre un pizzico di sfida in più rispetto alla prima run, che richiederà comunque non meno di cinquanta ore piene per essere portata a termine.

Versante tecnico/artistico migliorato

Durata media degli scontri diminuita

Aggiunte positive al gameplay…

Un SPRG solo di nome

Trama ancora ai limiti dell’assurdo

…che però semplificano ulteriormente la vita al giocatore

7.5

Nel complesso, Project X Zone 2 è un prodotto più completo e rifinito rispetto all’immediato predecessore, con evidenti passi avanti dal punto di vista tecnico/artistico e una dose di fan service ancora più abbondante.

Il motivo per cui prende mezzo voto in meno rispetto al titolo del 2013 è da ricercarsi nel fatto che il problema principale, ovvero un livello di difficoltà tutt’altro che proibitivo, non solo non è stato risolto, ma, anzi, grava in maniera ancora più significativa su questo sequel.

Le modifiche al gameplay, infatti, hanno ulteriormente agevolato il compito del giocatore (dalla minor presenza di rinforzi nemici, ai danni accresciuti con gli attacchi laterali, passando per la possibilità di caricare determinate mosse non usandole), cui non rimarrà che arrivare in fondo alla corposa campagna per poter finalmente godere di un livello di sfida accettabile.

Nonostante questo (o proprio per questo motivo) l’ultima fatica di Monolith si rivela un perfetto punto d’ingresso nel mondo degli strategici a turni per tutti coloro finora a digiuno del genere.

Voto Recensione di Project X Zone 2 - Recensione


7.5

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