Il mondo dei Prey nasce dalla fantapolitica, dal sci-fi puro e anche dall’ispirazione di storiche produzioni pasasate. Che i ragazzi di Arkane Studios fossero uno studio di sviluppo talentuoso era indubbio, ma Prey ha davvero qualcosa di unico, qualcosa per cui rimanere a bocca aperta, più e più volte. Abbiamo avuto modo di giocare diverse volte il titolo nel corso dell’anno: grazie ai due press tour in quel di Londra e grazie anche alla recente demo: eravamo quindi preparati su ciò che Prey aveva da offrirci, ma dopo poche ore però siamo rimasti stupiti. Dalla qualità del level design, dalla forza della storia e dalle peculiarità del gameplay; un titolo stratificato, progettato con enorme cura del dettaglio e amore verso il medium, insomma un’altra produzione gloriosa per questo 2017 da ricordare.
Spazio. Solitudine. Salvezza
La storia di Morgan Yu e della stazione spaziale Talos-1 nasce pescando da tutte le opere sci-fi recenti e non, ma anche da altre produzioni ludiche e perché no letterarie: c’è il mistero, c’è uno sconosciuto a guidarci verso uno scopo inizialmente opaco ma poi ben delineato, e c’è una minaccia aliene antropomorfa, sfuggente e letale pronta a ucciderci in qualsiasi momento. Se conoscete e avete apprezzato a dismisura titoli come BioShock allora il nuovo gioco Bethesda vi farà sentire subito a casa: Prey recupera molto (almeno nel plot e nelle prime ore) dal titolo di Irrational Games ma proprio quando vi sembrerà che lo stia facendo in modo esagerato allora tutto cambia. La forza e l’unicità del filone narrativo di Prey risiede nel trasporto della quest principale, ma anche nella incredibile qualità di tutte le attività secondarie, capaci di avvolgervi in una spirale di perlustrazione e fame conoscitiva che sembrerà non aver fine; mai banali, inutili, superflue. Tutto, e dico tutto, serve a raccontare una storia ben scritta, tenendo ben presente quali siano i capisaldi del genere: e allora ecco che anche l’esplorazione diventa fondamentale, sia per quanto riguarda il gameplay, sia per quanto riguarda l’elemento narrativo, con i classici terminali da leggere e file audio da ascoltare che assieme creano un puzzle scritto con coscienza ed estrema cura per il dettaglio. Talos-1 come Rapture quindi, o almeno cosi sembra: perché in realtà Prey ci obbligherà a prendere decisioni importanti, struggenti e indelebili; ogni bivio narrativo avrà ripercussioni e, se volete vivere l’esperienza fino in fondo, una sola run potrebbe non bastare. Nel corso del gioco poi saremo accompagnati da una colonna sonora palpitante e straordinariamente fusa e inglobata alle atmosfere di gioco: l’ambient è talmente credibile da farci dimenticare qualche incertezza grafica e bug sporadico (solo una volta, all’interno di una partita di 25 ore circa) di un CryEngine che, almeno sulla versione PS4 da noi provato, svolge un buon lavoro, senza lode e senza infamia, e che regala gli scorci migliori nelle fasi all’esterno di Talos-1, quelle che ci faranno sentire all’interno del famoso film Gravity e che ci sbatteranno davanti agli occhi la solitudine e il silenzio del cosmo più profondo.
Umano. Alieno
Se navigare nel mare della mitologia di Prey sarà una gioia irrinunciabile per le nostre sinapsi, allora dovete prepararvi ad amare visceralmente anche un gameplay che, nonostante nelle fasi iniziali si presenti in modo molto approssimativo e per certi versi ambiguo, con l’andare del tempo diventerà la pietra miliare della produzione. Vi abbiamo già raccontato di come funzionano il corpo e la mente di Morgan: ci sono i Neuromod, aggeggi tecnologici che se iniettati nelle nostre orbite oculari permettono al protagonista di accrescere le sua abilità umane o aliene (tre rami dello skill tree per ciascuna) e che in base a come sviluppate vi obbligheranno ad interpretare il gameplay in modo differente. Prey è sensazionale per il modo in cui spinge il giocatore a sperimentare, a non fossilizzarsi e al contrario dover adattarsi alle situazioni; è stimolante, come pochi giochi riescono a assere. E allora ecco le fasi stealth (poco “utili” ma ben accorpate al gameplay), quelle più action (condite da una componente shooting un po’ rigida e poco fluida ma necessaria) e quelle più ragionate, capaci di fondare i due elementi precedenti a sezioni più tecnologiche (manomettere torrette ecc) e aliene, grazie ai veri poteri energetici, telepatici e di mimetizzazione che sbloccheremo grazie allo Psicoscopio, uno strano caschetto grazie al quale analizzare i nemici e, in qualche modo, apprenderne le abilità. Il tutto circondato da un level design mai banale: Talos-1 è formato da macroaree che ci porteranno poi in ambienti più ristretti, la cui struttura complessa ma mai di “difficile lettura” ci porterà a scoprire un gameplay che permette al gioco di Arkane Studios di salire senza troppi problemi nell’Olimpo del genere. Potrete fare di tutto, basterà usare l’immaginazione e applicarla al contesto: trasformarci in una tazza da the e attendere l’arrivo dei Typhon e sterminarli con un torretta potenziata; oppure lanciare onde d’energie cinetica piuttosto che altre in grado di dar fuoco ai nemici, che si alterneranno fra tipologie più o meno minacciose, a partire dai “simpatici” Mimic ai più temibili e letali Spettri. Le soluzioni sono molteplici e fuse ad un gunplay non molto fluido e leggermente compassato, che vi stimolerà a migliorare e tentare vie sempre nuovo. Prey però è anche un po’ survival: la difficoltà media è impegnativa (l’intelligenza artificiale dei nemici è percepibile, con comportamenti che variano a seconda della situazione e della tipologia d’alieno) e unita a una scarsezza di munizioni e medikit rischia di diventare davvero punitiva se affrontata in modo sprovveduto. Ecco quindi che l’esplorazione torna fondamentale: lanciarsi verso la fine dell’avventura vi porterà alle fasi avanzate del gioco totalmente impreparati, quindi è meglio rimboccarsi le maniche e vagare per l’angusta stazione spaziale alla ricerca di materiale da riciclare e progetti da poter utilizzare. I primi basterà inserirli nel Reciclatore, che trasformerà il nostro ciarpame in graziosi cubetti 4×4 da utilizzare per il crafting; i progetti invece dovrete cercarli e poi utilizzarli nell’apposita macchina che, se avrete tutti i materiali necessari, realizzerà per voi medikit, neuromod, armi, munizioni, granate ecc. Il tutto gestito da un menu ed un’interfaccia davvero chiara, ordinata e propedeutica all’analisi e al miglioramento del personaggio.
– Gameplay solido e straordinariamente vario
– Esplorazione necessaria e mai noiosa
– Direzione artistica azzeccata
– Quest principale e secondarie mai ridondanti o mediocri
– Colonna sonora trainante
– Tecnicamente non al top
– Shooting rigido e scoraggiante per i puristi del genere
Arkane Studios realizza, senza mezzi termini, una perla: un’altra produzione che entra nelle già gloriose release di questo 2017 che vuole proprio farsi ricordare. Prey è un inno e un omaggio a titoli come BioShock e System Shock, ma non esagera nel citazionismo: trova invece una sua unicità nella bellezza della storie e della direzione artistica, e nella maestosità qualitativa delle quest secondarie, capaci di farci entrare davvero nella testa e nelle vite dell’equipaggio della stazione Talos-1 e di spingerci nei posti più remoti della stessa. Un gameplay partorito con astuzia e maestria poi si fonde perfettamente agli altri pregi del gioco, al netto di un gunplay particolare e forse troppo poco fluido che potrebbe scoraggiare una buona fetta d’utenza. Ma l’insieme è incredibile, viscerale e spaziale: le vicende di Morgan Yu ci entreranno in testa cosi violentemente da sembrare un Neuromod; la solitudine e l’inquietudine dello spazio poi non farà altro che catturarci, ammaliarci e stravolgersi per la sua unicità e molteplicità.