Tentare di innovare i survival horror o offrire qualcosa di davvero diverso all’interno di un genere inflazionato, con idee non sempre originali e che soffre un po’ dal punto di vista della creatività, non è affatto semplice. Persino Perception, che potrebbe apparire ai giocatori della prima ora o agli smemorati un progetto capace di partire da un concept geniale e mai visto, è in realtà un titolo derivativo, costretto a piegarsi suo malgrado a un’idea di base che si rivela a più riprese un elefante in una cristalleria. Credere fino in fondo in una buona intuizione, senza accompagnarla a una realizzazione che possa tramutarla in un motivo di vanto, per gli sviluppatori è significato privarsi degli elementi chiave per il successo.
Le Porte della Percezione
Perception è poco più di quello che potrebbe essere definito – senza cadere in errore – un walking simulator con un unico elemento distintivo: la protagonista della storia, Cassie, è cieca. Ha però una mente brillante e un udito formidabile che le consente di “vedere” ciò che ha attorno attraverso i rumori che si propagano nell’etere. Nel gioco, questo fenomeno viene chiamato ecolocazione e consente a tutti gli effetti di creare delle immagini degli ambienti tutte le volte che la protagonista sbatte il bastone contro qualcosa o quando si presentano i sinistri rumori della villa in cui vi troverete. Più in generale, ogni suono modella in maniera più o meno distinta ciò che occhi sani sono in grado vedere in condizioni di illuminazione ottimale.
Ecco dunque che negli esterni le raffiche di vento disegnano attorno agli oggetti e alle costruzioni dei contorni bluastri di intensità variabile, una TV accesa o la voce che vi parla da una radio diffonde chiarore attorno a voi e le presenze, quando sono in movimento, vi lasciano capire dove si trovano e in che direzione stanno andando. Sebbene questi ultimi siano eventi scriptati, a cui si aggiungono un paio di jumpscare davvero trascurabili e mal riusciti, è da sottolineare come l’entità che vi dà la caccia venga attirata proprio dai rumori che produrrete. Da ciò si evince quanto rischiarare il proprio cammino sferzando aria e oggetti sia un’azione da compiere con limitata frequenza e solo quando realmente si rimane incastrati; ma va ammesso che dopo pochi minuti è facile prendere le misure al gioco, gestendo alla perfezione il sistema di ecolocazione senza far imbizzarrire l’entità. Se mai doveste esagerare, verrete inseguiti e sarete costretti a nascondervi nelle poche zone franche messe a disposizione, altrimenti vi spunterà d’improvviso un fantasma davanti e dovrete ripetere la sezione. Insomma, non proprio il massimo in termini di autenticità e rappresentazione del terrore. In ogni caso, vi possiamo assicurare che accadrà davvero di rado e che potrete gestire la vostra avventura in relativa tranquillità
L’handicap della cecità si fa sentire, ma è evidente quanto il gioco sia stato modellato male attorno a questa caratteristica. Il giocatore, per accettare le evidenti contraddizioni che Perception mette in scena, deve sospendere l’incredulità e accettare tutti i compromessi a cui sono dovuti scendere gli sviluppatori. Si consideri infatti che il gioco è estremamente lineare; anzi, ad essere sinceri sarebbe più corretto dire che è proprio guidato e che non c’è mai il rischio di trovarsi smarriti. Il motivo è semplice: tramite un tasto è possibile visualizzare in qualunque momento qual è l’obiettivo da raggiungere, che spicca grazie a un bianco abbacinante nell’oscurità notturna.Gli oggetti di rilievo e i ricordi sono invece evidenziati in verde.
In my dreams, I see that house
La storia di Perception comincia quando Cassie decide di trovare quella stessa casa che la tormenta nei sogni. Decide di recarsi dunque in Massachussets per investigare sulla magione abbandonata che è stata per lungo tempo teatro di misteri e sparizioni, ma senza che l’utente abbia effettivamente indizi su come ci sia arrivata e in che modo una casa ospite di incubi notturni possa essere scovata. Soprassedendo su questo (non proprio) piccolo particolare, che si rivela essere parte di un prologo assai raffazzonato, dal punto di vista narrativo è interessante la scelta di raccontare le storie degli abitanti dello spettrale edificio e dividerle idealmente in una struttura da romanzo. Verrete dunque a conoscenza del passato di chi ha vissuto in quella casa principalmente attraverso il ritrovamento di alcuni effetti personali a cui sono legati degli episodi, o ascoltando dei messaggi da una radio, o assistendo a ciò che i fantasmi (nella loro ripetuta ed eterna dannazione) vogliono comunicare. Le storie in questione non sono però un granché, e a eccezione di un paio di buoni spunti, Perception non verrà di certo ricordato per particolari meriti narrativi.
In tutto ciò, quando riporterete a galla i misteri più importanti, la struttura della casa muterà. Oltre a essere un chiaro riferimento ad alcune opere letterarie di King e di Shirley Jackson, è un escamotage che ha consentito agli sviluppatori di giocare un po’ col design della magione. Tuttavia, Perception risulta essere deludente da quasi tutti i punti di vista e dimostra come un buon concept possa essere mal utilizzato per via di sin troppe semplificazioni e pochi guizzi creativi. Cassie può ad esempio usare il proprio telefonino per farsi leggere da un’app ciò che non è in grado di vedere, e questo ha un suo senso all’interno del gioco; Cassie, però, “vede” dove deve andare perché ha una specie di sensibilità elevata rispetto agli altri, e questo non ha davvero alcun senso perché la meta si “illumina” anche in assenza di rumori. Ci sono insomma degli scivoloni evidenti, una sceneggiatura poco ficcante e un sistema di gioco eccessivamente semplificato, che uniti all’atmosfera che perde di mordente nell’esatto momento in cui capirete di poter proseguire l’avventura senza grandi minacce, fanno di Perception un’occasione sprecata e più in generale un survival horror non all’altezza del genere.
Anche tecnicamente, sebbene usi già degli stratagemmi per alleggerire notevolmente la mole poligonali da gestire, non riesce a stupire o perlomeno a convincere. Ci sono evidenti sbavature sui contorni di alcuni oggetti, le linee sono grezze e la modellazione di alcuni elementi dello scenario è talvolta approssimativa. Peccato davvero.
– Storia decente…
– Buona idea di base
– …ma con dei bassi e incapace di coinvolgere il giocatore
– Esplorazione monotona e noiosa
– Eccessivamente guidato e troppo lineare
The Deep End Games, studio di sviluppo composto da veterani già al lavoro su Bioshock e Dead Space, non riesce a fare centro con Perception. I motivi sono da ricercare nella storia appena nella media (che dura circa sei ore e non lascia spazio alla rigiocabilità), un gameplay fiacco e incapace di sfruttare i punti di forza del concept di base, e una mancanza di ritmo che obbliga i giocatori a un’esplorazione che diventa monotona e tediosa in breve tempo.