Per la strategia, tra graditi ritorni e solide conferme, questo è un periodo d’oro. Nonostante le “vacche grasse”, sono ben pochi i titoli di questo genere ambientati nella parte orientale del nostro pianeta: a memoria, riesco a citare un paio di Total War – Shogun e Shogun II – un Sengoku e un Sengoku Jidai: Shadow of the Shogun e gli autoctoni Nobunaga’s Ambition e Romance of the Three Kingdoms, giochi che dalle nostre parti faticano ad affermarsi. In questa ristretta cerchia, la maggior parte dei prodotti citati sfrutta il setting nipponico, mentre il solo Romance of the Three Kingdoms mette in scena le lotte, le faide e il percorso evolutivo della Cina storica, una zona davvero quasi sconosciuta – almeno ludicamente – per noi giocatori occidentali. I ragazzi di Shining Pixel Studios cercano di colmare questo vuoto grazie ad Oriental Empires, uno strategico 4X piuttosto classico, ambientato per l’appunto nel continente asiatico, fra le montagne, i laghi e le pianure che segnano il paesaggio della Cina e della Mongolia, ripercorrendo i passi dei grandi imperi che si sono succeduti, dall’età del bronzo in avanti. Dopo circa un anno passato in accesso anticipato, Oriental Empires debutta su Steam forte di una buona massa critica e con un livello di pulizia estremamente elevato ma, a parte qualche spunto interessante, fa ben poco per distaccarsi dai fin troppo classici stilemi del genere.
China user friendly
Se avete già speso un buon quantitativo di ore fra i vari Civilization, Endless, Age of Wonders e altri 4X, non avrete difficoltà a muovervi con agilità nei meandri di Oriental Empires, un titolo dove ogni tassello è esattamente al punto giusto, ma dove ogni cosa ha quel retrogusto di già visto, dalla mappa, alla ricerca, passando per la diplomazia e la costruzione degli edifici. Il tutorial a inizio partita non è certo fra i più esaustivi, spiega come guidare le truppe, come edificare un mercato o un’officina dei fabbri e come reclutare una nuova schiera di lancieri, ma non si dilunga troppo nel prendere in esame tutte le singole meccaniche di gioco: nonostante la pochezza dell’introduzione, Oriental Empires risulta un 4X ideale per i neofiti, soprattutto grazie alla sua UI, semplice, chiara e facile da navigare, senza troppe voci da scorrere, menù da esplorare o fastidiosi pop-up che si aprono all’improvviso. In pochi click è dunque possibile vedere l’andamento economico della propria fazione – basato sull’agricoltura, le tasse e il commercio – le relazioni con le altre potenze, le varie tecnologie sviluppate o, ancora, dove poter inserire una fattoria o tracciare una strada. Tutti i parametri cambiano inoltre in tempo reale ed è quindi facile capire se la mossa che si sta facendo sia un passo azzardato, magari perché troppo dispendiosa economicamente, oppure perché potrebbe avere delle ricadute sull’ordine pubblico delle classi popolari o nobili, non sempre felici quando si tratta di spaccarsi la schiena per abbattere foreste o costruire un tempio buddista. Infine, le interfacce vengono impreziosite da dettagli molto curati, come i tasti per il reclutamento delle truppe o per la costruzione degli edifici, che rimandano alle classiche tessere del Mah Jong. Quello che dovrebbe essere un punto a favore, la leggibilità dei vari parametri e le poche interfacce necessarie a racchiudere tutte le informazioni, diviene però poco a poco un elemento di debolezza, perché cela dentro la sua estrema linearità, anche una scarsa profondità e un’assenza completa di novità rispetto alla concorrenza. Questo non vuol dire che Oriental Empires sia un titolo da bocciare, ma solo che, se siete alla ricerca di qualcosa che possa distaccarsi dal panorama dei classici 4x, forse è meglio che dirigiate la vostra attenzione altrove. Quello che sto cercando di dire emerge un po’ in tutti gli elementi di gioco, a partire dalla mappa, divisa nei classici esagoni, su cui spostare, casella dopo casella, le proprie truppe o esploratori, alla ricerca di un nuovo spazio in cui edificare un nuovo insediamento. Vi sono anche alcune risorse che, se inglobate dentro un proprio territorio, fruttano nuove entrate economiche, un po’ come in Civilization, ma senza quella varietà e senza quella necessità di accaparrarsi un materiale fondamentale per sbloccare una nuova tecnologia o adoperare una nuova arma. Le risorse ci sono, sono utili, ma non hanno quella valenza tattica che può far scattare una vera e propria “corsa all’oro”.
Tutto giusto, tutto già visto
Sarò ripetitivo, ma sottolineo ancora una volta il filo conduttore che attraversa trasversalmente Oriental Empires: il gioco ha tutto ciò che serve ad un buon 4X, ma nulla che lo distingua dalla massa. Questo discorso tocca ad esempio anche l’albero della ricerca. Lo sviluppo è diviso in quattro aree – traducibili come potenza, artigianato, conoscenza e pensiero, ma il gioco è tutto in inglese – in cui le linee si intrecciano e lasciano completo spazio al giocatore nel decidere come plasmare al meglio la propria fazione, puntando magari tutto sulla componente militare, grazie all’addestramento di una potente cavalleria, resa ancora più temibile grazie al sapiente lavoro dei fabbri, in grado di forgiare impenetrabili armature. Nulla vieta però di seguire uno sviluppo più pacifico, rafforzando l’apparato economico, usufruendo dei mercati e degli scambi con le altre potenze disseminate lungo tutta la mappa. Purtroppo, c’è un però che pesa come un macigno: tutte e diciannove le fazioni condividono praticamente lo stesso albero delle tecnologie, evidenziando così una scarsa differenziazione, che non emerge solo in questo frangente. Ad inizio partita, nella descrizione delle varie potenze sono sottolineati alcuni bonus, legati ad esempio allo sviluppo agricolo o al commercio, ma, non appena avviata la partita, si nota subito come ciascuna fazione sia molto simile a tutte le altre, per via di edifici tutti quanti identici e di truppe senza differenze significative. Questo è un vero peccato, anche perché impoverisce il particolare background storico e geografico, che Oriental Empires purtroppo non riesce a far emergere; il team di sviluppo ha infatti solo scalfito la superficie del contesto in cui la propria opera è ambientata e non vi sono rimandi al passato – magari tramite eventi chiave e personaggi fondamentali – della Cina e della Mongolia. Solo la conformazione geografica riesce a salvaguardare il peculiare setting del gioco, con i famosi terrazzamenti, i monti e i fiumi che tagliano i territori. Anche la diplomazia e il lato politico non sono esenti da questo difetto di eccessiva superficialità. Le relazioni tra le varie potenze sono infatti limitati ad un arco di scelte piuttosto ristretto e molto standardizzato, che va dalla dichiarazione di guerra ai trattati di pace e di alleanza, passando per i tributi e la sottomissione al rango di vassallo. Le armi diplomatiche messe a disposizione sono molto spuntate e, ad esempio, il lato economico è tutto racchiuso nella dichiarazione di embargo, mentre le rotte commerciali legano le città in modo semi-automatico, laddove sono presenti i bazar. Inoltre, almeno fino al livello di difficoltà normale, l’AI pare fin troppo arrendevole e arriva a chiedere la pace – con congrui tributi – anche solo dopo una sconfitta. Se cercate un livello di sfida adatto ad un vero generale da mouse e tastiera, il consiglio è quello di selezionare le difficoltà più elevate. Per quel che riguarda la politica, tutto quello che c’è da sapere è racchiuso nel menù inerente agli editti, delle semplici leggi da emanare, che garantiscono preziosi bonus economici, un generale da schierare in battaglia o. ancora, il passaggio tra un’era e la successiva, con un occhio sempre rivolto ai costi e all’ordine pubblico.
L’arte della guerra
Rispetto ad altri 4X, Oriental Empires non riesce ad emergere proprio laddove altre produzioni hanno il proprio fiore all’occhiello ma, in un ribaltamento di valori, il titolo targato Shining Pixel Studios è capace di brillare esattamente nella componente spesso e volentieri trascurata negli strategici a turni, vale a dire l’aspetto bellico. A differenza dei suoi colleghi, Oriental Empires permette infatti di elaborare tattiche offensive e difensive, sfruttando ad esempio la copertura degli arcieri per supportare la fanteria pesante e ben addestrata: tramite alcuni intuitivi tasti, le schiere possono essere disposte su varie file o in colonna e, a ciascuna disposizione, è inoltre affiancabile un preciso ordine, come un attacco a testa bassa, oppure un accerchiamento dei nemici alle spalle. Questi spazi di libertà vanno comunque letti sempre nei canoni della strategia a turni, quindi, se cercate qualcosa di più simile ad un Total War, di certo la vostra fame di strategia bellica non verrà saziata da Oriental Empires, a cui va comunque riconosciuto il merito di esser andato ben oltre il solito compitino. Inoltre, tutte le truppe hanno svariate statistiche, a cui si aggiungono bonus e malus legati alla tipologia di terreno su cui vengono schierate: insomma, almeno in questo settore, la pianificazione e la strategia occupano un ruolo fondamentale. Purtroppo, il vero limite di Oriental Empires è la sua scarsa varietà, che di certo non viene aiutata dalle esigue modalità di gioco. La campagna in singleplayer è la portata principale ma, anche qui, spicca la poca flessibilità del titolo, dato che le uniche impostazioni su cui giocare sono il numero di turni e il livello di difficoltà. Anche la campagna personalizzata non fa molto per distaccarsi dal caso precedente visto che, difficoltà e turni a parte, vi è in aggiunta solo la scelta fra alcune mappe e il numero di fazioni presenti in essa. Solo la modalità chiamata “The Warning State” propone qualcosa di differente e cala il giocatore in un contesto già prescritto, con alcune visibili difficoltà da risolvere – magari tante città fra loro scollegate o varie guerre su più fronti – relazioni diplomatiche già sviluppate e alcune tecnologie già raggiunte.
Musi lunghi
Oriental Empires ha un art direction molto seria, tendente al realismo, lontana anni luce da quella vista e apprezzata in Civilization VI. Tale direzione assume alle volte dei connotati quasi comici, come ad esempio nei volti e nelle espressioni – quasi da maschera – dei vari capi fazione, imbalsamati nelle loro tipiche vesti e armature orientali. Lo stesso effetto lo si percepisce anche quando si scende nel minimo dettaglio di una città o si osserva da vicino un’unità, composta sempre attraverso la ripetizione dello stesso modello. Nonostante queste imprecisioni, Oriental Empires si lascia guardare, mano a mano che crescono, le città assumono forme sempre nuove ed è piacevole veder sorgere un nuovo porto lungo il fiume giallo, ma non mancano ulteriori cadute di stile, come ad esempio le animazioni molto legnose delle unità. Certo va detto che, un titolo come Oriental Empires, non deve essere giudicato in primis per la sua veste grafica, ma al di là del genere, notare un lag marcato quando si effettua lo zoom, rimane sempre un’esperienza spiacevole. Dal punto di vista del comparto audio non si segnalano invece né acuti positivi né particolari cadute di stile, anche se il motivo “orientaleggiante” che risuona in loop in sottofondo rischia di venire a noia dopo qualche ora di gioco.
Hardware
Requisiti minimi:
– Sistema operativo: Windows 7 64 bit (32 bit NOT supported)
– Processore: Intel Core i5-3230M @ 2.60GHz or equivalent AMD processor and above
– Memoria: 4 GB di RAM
– Scheda video: 256 MB DX 9 Compliant videocard with pixel shader 3,0
– DirectX: Versione 9.0c
– Memoria: 2 GB di spazio disponibile
– Scheda audio: DirectX 9 Compatible Audio
Requisiti consigliati:
– Sistema operativo: Windows 7,8,10 – 64 bit (32 bit NOT supported)
– Processore: Intel i5 3.2 GHz or equivalent AMD processor and above
– Memoria: 8 GB di RAM
– Scheda video: 512 MB DX 9 Compliant videocard with pixel shader 3,0
– DirectX: Versione 9.0c
– Memoria: 2 GB di spazio disponibile
– Scheda audio: DirectX 9 Compatible Audio
– UI chiara, pulita e facile da leggere
– Componente bellica approfondita
– Alberi della tecnologia ben sviluppati e ramificati
– Viene poco sfruttata l’ambientazione storica
– Tutto sa un po’ di già visto
– Fazioni troppo simili tra loro
– Poche opzioni nella personalizzazione delle campagne
In estrema sintesi, Oriental Empires è un onestissimo strategico 4X, tutto funziona bene, non ci sono particolari difetti nell’IA, l’UI è ben strutturata e leggibile e non manca nessuno dei pilastri portanti tipici del genere. Il titolo sviluppato da Shining Pixel Studios non va però molto oltre a questo, fermandosi spesso solo alla superficie delle molte sfaccettature che altri titoli simili hanno meglio approfondito, ad esclusione della componente bellica, senza ombra di dubbio uno degli aspetti meglio riusciti di questo titolo. Infine, forse l’aggravante che più va marcata, è la poca caratterizzazione ricevuta dal setting storico, culturale e geografico di Oriental Empires, ambientata in una Cina priva di approfondimenti e contestualizzazioni.