Recensione

One Piece Pirate Warriors 3

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a cura di JinChamp

Dalla matita di Eiichirō Oda prendono vita, ormai da 18 anni, alcune tra le più entusiasmanti avventure che Shonen Jump abbia mai ospitato sulle sue pagine. Chiamare One Piece semplicemente un manga risulterebbe per molti riduttivo se non addirittura offensivo. One Piece è probabilmente “il” manga. Il manga che ha saputo rimpiazzare nei cuori di milioni di appassionati quel Dragon Ball che ha dato il via a una nuova era del fumetto nipponico, il manga che ha saputo andare ben oltre gli stereotipi strutturali a cui i lettori si stavano abituando da tempo, il manga che – nonostante una longevità senza eguali – sa ancora intrattenere il proprio pubblico con storie profonde, ben meno banali di quanto un pubblico casual possa cogliere, e caratterizzazioni di personaggi e ambientazioni frutto di minuziose ricerche. Tutto questo rende One Piece quello che è, gli attribuisce un valore assoluto e un seguito più che meritato. Ne parliamo qui e ora perché è stato finalmente rilasciato anche nel resto del mondo, Italia compresa, il nuovo seguito di One Piece Pirate Warriors, serie ormai giunta al suo terzo capitolo, e poiché tale ultimo arrivato più dei suoi predecessori attinge a piene mani dal duro lavoro quasi ventennale del suddetto mangaka. Una mossa azzeccata sia per il salto generazionale che per la sua prima comparsa su PC.

Il Re dei piratiUn signore dai capelli rossi, barbetta incolta, mantello che ne cela in buona parte il corpo, che dona il suo cappello di paglia ad un bambino in lacrime. Una scena che per molti non significa nulla, quasi banale. Ma per chiunque segua One Piece si tratta di un momento capace di scatenare forti emozioni. È così che inizia la nostra avventura virtuale, esattamente come accadeva 18 anni fa nel manga. One Piece Pirate Warriors 3 non si ricollega ai precedenti due capitoli, né richiede al giocatore di conoscere qualcosa dell’anime o del manga, piuttosto si propone come un enorme riassunto dell’intera produzione. A differenza del suo predecessore, che aveva una storia originale creata appositamente come spin off, e del primo capitolo, che lasciava enormi buchi narrativi, il titolo di Koei Tecmo accompagna passo passo il giocatore in tutte le avventure dei Mugiwara, partendo dal reclutamento di tutti i primi componenti della ciurma, per poi continuare con la partenza verso la Grand Line, il viaggio tra le nuvole nel cielo, quello sul fondo degli abissi e poi chiudersi con l’avvio verso il Nuovo Mondo. All’interno dell’avventura principale, denominata Diario della Leggenda, non trovano però spazio proprio tutti i personaggi dell’universo creato da Oda, e i più marginali vengono lasciati per un momento da parte, pur venendo in buona parte integrati nel database incluso nei menù (ne consigliamo assolutamente la consultazione per tutti coloro che si approcciano all’opera per la prima volta, che non sono stati costanti negli anni o che semplicemente vogliono farsi una bella rinfrescata di memoria e recuperare dettagli che erano andati dimenticati nel tempo). Il tutto poi vedrà il suo epilogo a Dressrosa, come già largamente spoilerato dai vari trailer, il cui esito viene però orchestrato con buona dose di fantasia sia per necessità, dato che durante lo sviluppo del gioco la saga era ancora in corso, sia per collegare un eventuale seguito con una trama totalmente originale.La storia viene raccontata attraverso tre espedienti narrativi. Innanzitutto, all’inizio di ogni missione, troviamo il briefing tipico degli episodi dell’anime che illustra il contesto nel quale si verrà catapultati di lì a poco con tanto di voce narrante originale. Durante l’azione verremo interrotti più o meno frequentemente da intermezzi sia sotto forma di comuni cutscenes che di simpatiche scene “fumettose” con vignette (animate) e una maggiore staticità tipica del manga cartaceo. Un interessante metodo usato per completare la narrazione all’interno delle varie missioni è quello degli Eventi Tesoro. Questi particolari spezzoni non sono automatici ma sbloccabili in determinate circostanze che sta al giocatore riprodurre, consultabili comunque dal menù di selezione missione e durante l’azione mettendo il gioco in pausa. Alcuni di essi sono abbastanza marginali e messi lì giusto per dare qualcosa da completare, in altri si scoprono interessanti retroscena della trama che vale senz’altro la pena sbloccare.Le novità ci sono e si notano sin dalle prime battute, grazie ad inediti scenari dove bisognerà prima salvare Zoro dal Marine corrotto Morgan e poi salvare il villaggio di Usopp dal crudele capitano Kuro. In sostanza, tutto viene raccontato con grandissimo rispetto verso il manga, seppure non manchino alcune incongruenze (più che altro espedienti per non rendere certi capitoli eccessivamente scarsi di personaggi e brevi) anche legate a una localizzazione non perfetta. Premesso che il doppiaggio in giapponese, con tutti i voice actor che prestano la propria voce ai personaggi dell’anime, è assolutamente perfetto, qualcosa è andato perso per quanto riguarda la traduzione dei testi. Se è possibile perdonare fino ad un certo punto dei refusi grammaticali più o meno gravi, in alcuni casi il senso viene totalmente distorto da qualche traduttore che, evidentemente, non aveva nessuna conoscenza della materia e che nemmeno si è preso la briga di controllare. Ora, vogliamo anche essere comprensivi, ma leggere Super Novellini piuttosto che Supernove fa storcere decisamente il naso. Quanto al sonoro, invece, si mantiene perfettamente sugli standard dei due capitoli precedenti, se non altro perché pure le musiche sono riportate paro paro con pochissime novità. Peccato che non siano comunque sugli standard di quelle della serie animata, nettamente superiori per epicità.

E giù botte…Veniamo ora all’argomento più spinoso, ovvero quello del gameplay. I musou riescono quasi sempre a spaccare l’opinione di pubblico e critica in due, tra chi ne elogia le meccaniche e chi invece le critica severamente. È con un certo piacere che comunque scopriamo che One Piece Pirate Warriors 3 si conferma ancora una volta non il solito musou ma un titolo che cerca timidamente di fare qualcosa in più. Koei Tecmo è infatti riuscita ad introdurre ben 64 personaggi principali con caratteristiche uniche nella sua opera, 37 dei quali giocabili direttamente e corredati da una buona quantità di combo diverse, almeno due mosse speciali e un proprio perché. Per quelli invece non controllabili direttamente, possono essere trovati o come nemici speciali durante i combattimenti o come alleati, reintroducendo e reinventando da zero i famosi colpi ciurma. Qui li troveremo come Attacchi Kizuna, utilizzabili con un solo alleato selezionato tramite d-pad, il quale avrà bisogno di aver completato almeno il livello 1, ovviamente tirando giù orde di nemici come se non ci fosse un domani. Appena raggiunto il secondo livello sarà possibile completare ogni combo con un colpo aggiuntivo, ripremendo il tasto della combinazione già completata (quadrato o triangolo del dualshock), e alla festa si aggiungerà anche il nostro alleato con una sua mossa, più o meno utile a seconda dei casi. È qui infatti che sorgono i primi problemi, poiché non tutti i personaggi risultano perfettamente equilibrati, anche se rispetto al passato si riscontra un certo miglioramento. Ogni personaggio varia, a seconda delle proprie caratteristiche, tra melee o specializzazione dalla distanza con aree d’effetto più o meno limitate, o addirittura la possibilità di infliggere status alterati ai nemici colpiti. Quello che fa strano è trovare due tra i personaggi principali, e teoricamente più potenti, come Rufy e Zoro che risultano per buona parte del gioco tra quelli meno efficaci, specie se paragonati alla bella Nami e al suo poderoso Clima Tact. E questo discorso vale sia per l’utilizzo diretto del personaggio che come compagno per gli attacchi Kizuna. Una vera novità invece la si osserva quando il proprio compagno raggiunge il livello massimo. Premendo il grilletto destro si sprigiona tutto il potenziale dei personaggi, che culmina in un attacco speciale combinato. Fin qui nulla di eclatante, se non fosse che completare con successo un Potere Kizuna crea un legame col personaggio da noi usato, che lo porta a collaborare anche durante gli attacchi successivi e i poteri Kizuna attivati con altri alleati, per un totale massimo di quattro. Inutile precisare come il sistema possa dar vita a delle super combinate di assoluta epicità, oltre che tremendamente distruttive.Per quanto invece riguarda le meccaniche più basilari, non troviamo in effetti grosse novità. Sporadicamente vengono proposte situazioni di facile risoluzione per sbloccare nuove aree ma, in sostanza, per buona parte del tempo non si va oltre il solito pestaggio senza soluzione di continuità di qualsiasi persona, uomopesce o altro che ci si pari davanti. Tutto questo non giova di certo alla varietà del titolo, ma grazie al fatto che i personaggi ottengono con l’avanzare della storia nuovi attacchi e nuove combo, oltre alla possibilità di sceglierne uno diverso per ogni missione, si smorza un po’ quella ripetitività tipica del genere musou.Anche lo sviluppo dei personaggi è stato rivisto, restando sempre molto intuitivo ma almeno più elaborato che in passato. Oltre al livello, tutte le statistiche, tutti i poteri ed eventuali extra vengono gestiti tramite l’utilizzo delle monete. Queste vengono collezionate randomicamente per quanto riguarda quelle più comuni, mentre altre più rare o addirittura uniche possono esser ottenute solo in determinati capitoli della storia, o soddisfacendo i requisiti per completare al 100% un capitolo (che per la maggior parte dei casi prevede di ottenere un grado S nei risultati, sbloccare gli Eventi Tesoro, completare il livello a difficile e con determinati personaggi). Fortunatamente non è necessario fare tutto in un’unica soluzione, anzi il tutto è stato strutturato in modo da favorire la rigiocabilità per completare i tasselli del Livello Leggenda, ossia il manifesto di nove caselle che rappresenta il grado di completamento di ogni singolo capitolo.

… ma non soloIl passaggio da PlayStation 3 a PlayStation 4 ha dato modo agli sviluppatori di creare mappe ancora più vaste e dense di personaggi da mazzuolare. Peccato che lo sviluppo tecnologico non sembri proprio andare a genio ai ragazzi di Koei Tecmo, ancorati orgogliosamente alla tradizione dei tempi andati. Graficamente il titolo risulta migliorato rispetto alla versione old gen come impatto visivo, la quantità di poligoni a schermo è almeno raddoppiata e le animazioni sono sempre molto spettacolari e ben riprodotte. Dall’altro lato ci ritroviamo degli ambienti sì ben riprodotti e che colgono perfettamente gli scenari ideati da Oda, ma anche delle textures che in qualche occasione sembrano arrivare direttamente dalla prima PlayStation. Un altro aspetto che infastidisce è vedere come gli sviluppatori si siano ingegnati per risolvere, purtroppo solo in parte, il problema del pop-in dei personaggi facendoli talvolta saltare giù o dall’esterno dello schermo o da grossi carri posti nelle varie zone dei livelli a mo’ di cavallo di Troia. Perfetto, peccato che questa magagna venga sfruttata solo per il respawn dei nemici nelle zona che stiamo conquistando. Per tutto il resto vengono semplicemente gettati dentro al solito modo, e la cosa suona quasi come un messaggio del tipo “sappiamo come migliorare certi aspetti, lo abbiamo anche incluso nel codice di gioco ma, semplicemente, non ci interessa farlo”. Stesso discorso vale per la linea di orizzonte, se così si può chiamare. Ogni struttura della mappa è visibile da qualsiasi angolo, mentre personaggi che siano alleati o nemici appaiono magicamente entro un raggio troppo ristretto, inconcepibile ormai nel 2015 e su queste macchine. Buono invece il lavoro svolto sul framerate, piuttosto stabile anche sopportando centinaia di personaggi a schermo e svariati effetti. In rarissimi casi ci sono stati dei rallentamenti ma assolutamente perdonabili.Per quanto invece concerne le semplici meccaniche di combattimento, ci ritroviamo sempre la solita struttura che ci mette contro tre tipologie di personaggi. I più numerosi non sono altro che carne da macello, impossibilitati ad impensierire anche il giocatore più impassibile ed inesperto e buoni solo per far salire il contatore dei K.O. ed il livello Kizuna. Gli ufficiali si comportano bene e ne vengono anche presentati diversi tipi con specifiche abilità peculiari, che non li rendono più difficili da battere ma almeno invogliano il giocatore a cambiare approccio a seconda della situazione. I cosiddetti “boss”, che in realtà sono semplicemente personaggi più potenti, nonché reali protagonisti del manga, deludono abbastanza e, nonostante siano perfettamente in grado come noi di attaccare in combo e utilizzare mosse speciali, sono troppo prevedibili, troppo facilmente exploitabili e a tratti anonimi. Il che forse potrebbe anche essere una fortuna, visto che l’unica vera boss battle presente nell’intera campagna è quella contro Odr a Thriller Bark, estremamente noioso e legnoso da battere. Se questo è ciò che ci si poteva aspettare, tanto meglio che sia stato un solo caso isolato.Parlando di livello di difficoltà, dire che questa è inesistente probabilmente sarebbe esagerato, però cambiare tra normale e difficile ha di effettivamente arduo solo il rilevarne differenze. Ciò che cambia nella sostanza è il livello generale degli avversari che ci vengono mandati contro, con un conseguente innalzamento del livello consigliato. L’unica reale difficoltà è rappresentata dall’assoluta incapacità degli alleati di badare a loro stessi. Le uniche volte in cui siamo incappati in un fallimento della missione, costringendoci a ripetere tutto da capo, è stato quando – presi dalla foga – non abbiamo notato che dall’altra parte della mappa c’era un nostro alleato in difficoltà e costretto alla fuga. Ciò che realmente dà fastidio non è neanche il fatto che la ritirata di un alleato sia ragione di game over, piuttosto la totale impossibilità di prepararli al meglio per evitare di dover fare babysitting per un quarto d’ora su venti minuti totali di livello. Non serve né aumentare il livello del personaggio (anche tramite berry fino al limite raggiunto con almeno un altro personaggio) né massimizzare il livello ciurma. Ognuno dei nostri alleati sul campo saprà farsi mettere in difficoltà da una piccola orda di nemici comuni e un paio di semplici ufficiali. Sempre. E questa cosa, alla lunga, diventa un po’ frustrante.Per completare il quadro generale, parliamo di numeri. La storia del Diario della Leggenda è completabile senza badare troppo agli obiettivi secondari in una ventina di ore, a testimonianza del fatto che Pirate Warriors 3 è un gioco assolutamente enorme, quasi sproporzionato. A questo va poi aggiunta la possibilità di rigiocare ogni capitolo in modalità libera con qualsiasi personaggio già sbloccato e, per i veri appassionati di One Piece e del completismo in generale, una nuova modalità chiamata Diario dei Sogni. Qui ci si ritrova in un proprio personalissimo viaggio nella Grand Line, con tanti isolotti da esplorare con conflitti arrangiati da fazioni scelte casualmente di volta in volta, nel quale a volte è possibile scegliere da quale parte schierarsi. Completare un’isola dà accesso ad altre attraverso un sistema ad albero, che ci porterà poi a raggiungere quelle più importanti capeggiate da uno speciale personaggio, visibile già nella mappa, e sbloccabile solo qui. La chicca che potrebbe spingere tanti giocatori a spolpare anche questa modalità è la presenza di Shanks il Rosso nell’ultimo isolotto, solo che non sarà semplice né da raggiungere, né da battere forte del suo livello 100. Una menzione la merita sicuramente anche la componente multiplayer, sia locale che online. Lo split-screen locale permette, come ovvio, di giocare insieme ad un amico e ciò permette di completare molto più agilmente qualsiasi livello, purtroppo però al prezzo di avere una visuale a schermo veramente ridotta. Online la situazione cambia leggermente, come già fu per i due precedenti Pirate Warriors su PS3, e troviamo di una qualche utilità giusto la funzione SOS, che permette a chiunque di chiedere aiuto nel caso non si riuscisse a completare un determinato livello e a qualcun altro nel mondo di dargli una mano.

– Tutta (o quasi) la trama dell’anime in un solo gioco

– Enorme, sotto ogni punto di vista

– I Kizuna sono un’ottima trovata

– La licenza di One Piece pesa non poco

– Alla lunga può risultare stancante e ripetitivo

– Permangono in buona parte i soliti limiti tecnici tipici del genere

– Difficoltà quasi non pervenuta

– Una sola vera boss battle a dir poco deludente

7.0

One Piece Pirate Warriors 3 è un gioco mastodontico che sfrutta più che può l’importantissima licenza del manga per eccellenza e che, forse proprio grazie a questo non trascurabile dettaglio, sa anche innalzarsi al di sopra della media del genere musou, sotto quasi tutti gli aspetti. Solitamente si usa consigliare giochi come questo soprattutto a coloro che sono particolarmente legati al genere o alla serie, in questo caso ci sentiamo invece di consigliare vivamente l’acquisto anche coloro che vogliono approcciarsi a One Piece e che sono intimoriti – giustamente – dai circa 800 capitoli del manga e dagli oltre 700 episodi dell’anime. Vi terrà impegnati per decine di ore tra mosse spettacolari e orde di nemici senza problemi, a patto che non patiate troppo la ripetitività nell’end game.

Resta purtroppo la solita delusione nel vedere l’azienda giapponese sempre così cocciuta, restia al cambiamento e, forse, troppo condizionata da quell’orgoglio prettamente nipponico che fatica ad abbracciare le novità e le rivoluzioni. Quello che ci siamo trovati davanti è senza dubbio un buon gioco, ma resta in un certo senso un prodotto incompiuto, che avrebbe potuto fare molto meglio e si mantiene tristemente ancorato ai vecchi dogmi.

Voto Recensione di One Piece Pirate Warriors 3 - Recensione


7

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