Bunnylord è tornato dal futuro per salvare il mondo. La missione è semplice: mettere la parola fine all’esistenza di un manipolo di criminali, guadagnare consensi popolari e diventare sindaco del mondo. Perché, a quanto pare, questo è l’unico modo per salvare il mondo da un’invasione aliena e dal potenziale armageddon.
Not a Hero è un gioco in stile 8 bit nato da un’idea dello stesso team di sviluppo di OlliOlli, un gruppo di ragazzi inglesi con la fissa per lo skateboard e un sacco di idee strambe. Questa volta, dunque, ci spostiamo dalle atmosfere “violentemente rilassate” di OlliOlli per arrivare in una città soggiogata dalla mafia multietnica, in cui un coniglio gigante antropomorfo fa uso di svariati personaggi discutibili per fare una strage. E ottenere voti. Il risultato è uno shooter con meccaniche di copertura e un tasso di morti piuttosto elevato, il tutto condito da una violenza pixellosa al limite della comicità, impreziosita da dialoghi su ketchup in pieno stile tarantiniano.
Mayor of the world
L’idea di fondo è piuttosto semplice: il personaggio in Not a Hero si può spostare di copertura tra vari nemici estremamente aggressivi, con un’intelligenza artificiale semplice ma funzionale. Anche gli avversari, infatti, tendono a restare nascosti quando si trovano sotto i nostri colpi, ed avanzano minacciosamente quando siamo impegnati nella ricarica della nostra arma, dotata di un caricatore limitato. Altri nemici sono corazzati e tendono ad esporsi di più, mentre i nemici speciali ci obbligano ad esporci o a tenerci a distanza. L’ingente quantitativo di cattivi trasforma il gioco in una vera e propria carneficina, che raggiunge i confini dell’assurdità quando entrano in gioco i power up per l’arma principale e le armi secondarie. I power up – solitamente consumati alla prima ricarica – sono droppati dai nemici uccisi potenziano i nostri colpi trasformandoli in vere e proprie granate, in colpi respingenti, in proiettili incendiari o, addirittura, in raggi laser che inceneriscono all’istante qualunque nemico. Le armi secondarie, invece, si trovano spesso in aree ben custodite del livello e spaziano dalle più tradizionali granate fino ai poco ortodossi gatti esplosivi, bombe piene di chiodi, mine antiuomo e molotov. Non vi rovineremo la sorpresa elencandovi l’intero arsenale, ma vi basti sapere che molte delle armi non convenzionali presenti in Not a Hero ci hanno fatto chiedere sotto l’influsso di quale fumo alcolico fossero gli sviluppatori al momento della realizzazione del gioco.
Allo stesso modo, i personaggi e la storia di Not a Hero sono frutto di un qualche trip mentale piuttosto contorto. Il personaggio di Bunnylord, in particolare, è l’ambiguità fatta persona (o, meglio, fatta coniglio), e non si riescono a capire le sue reali intenzioni nemmeno alla fine del gioco. L’avventura è punteggiata da dialoghi assurdi e da briefing improbabili, che introducono svariati personaggi tra cui l’improbabile zia di Bunnylord, una vecchia armata e affetta da logorrea. I personaggi che si incontrano nel corso dell’avventura – zia esclusa – possono essere utilizzati dal giocatore. Ognuno di essi apporta modifiche sostanziali al gameplay, e ogni personaggio ha dei caratteri unici che lo rendono particolare in battaglia. Al contempo, va applaudita la caratterizzazione di tutti questi personaggi giocabili, doppiati splendidamente dal team inglese che ha scelto di stereotipare le voci con accenti marcatissimi, talvolta con sottigliezze che difficilmente verranno comprese dai giocatori di lingua italiana (ad esempio, non tutti potrebbero notare che i dialoghi degli SWAT che agiscono “in nome dell’America” sono in realtà doppiati con un forte accento britannico).
Corto ma rigiocabile
L’intera avventura di Not a Hero può essere terminata in meno di tre ore. Vi sono appena 21 livelli da completare in appena tre location, con le tipologie di nemico che variano di ambientazione in ambientazione e alcuni miniboss. I livelli, sempre basati su edifici dotati di scale, porte e finestre attraverso cui irrompere, non si distinguono particolarmente e, in generale, il level design è uno dei punti deboli di questo gioco. Da questo punto di vista, crediamo che gli sviluppatori abbiano compiuto un passo falso: tre location sono un numero estremamente esiguo, e il giocatore tende a stancarsi abbastanza in fretta dei palazzoni multilivello che caratterizzano ogni singola stage di Not a Hero.
Ogni livello include tre obiettivi secondari, i quali contribuiscono a fare salire il consenso popolare di Bunnylord che mira alla sua elezione quale capo supremo del mondo. Così, l’avventura di Not a Hero per poter essere completato al 100% (e sbloccare i quattro finali inclusi) necessita di completare un elevato numero di obiettivi secondari, talvolta a livelli di difficoltà ridicolmente elevati. Se siete dei completisti, questo gioco vi darà del filo da torcere, e alcune missioni raggiungono dei picchi di difficoltà al limite dell’umana sopportazione. Se, poi, avete intenzione di completare la campagna con i personaggi aggiuntivi… preparatevi a sputare sangue, perché alcuni di essi rendono le cose terribilmente più difficili.
– Azione pura
– Gameplay semplice ma profondo
– Power up divertenti
– Dialoghi esilaranti
– Poche ambientazioni molto simili fra loro
– Piuttosto breve, nonostante la rigiocabilità
Not a Hero è un gioco divertente, con un gameplay sorprendentemente solido nonostante la relativa semplicità del concept. La storia, benché faccia da cornice a un vero e proprio concentrato di azione, ci ha regalato alcuni momenti esilaranti, e la follia degli sviluppatori è stata riversata in Bunnylord e negli altri personaggi che popolano questo titolo. Una campagna piuttosto breve e, soprattutto, la scarsissima varietà nelle ambientazioni impediscono a questo gioco di raggiungere risultati di eccellenza. Ma se dopo Hotline Miami 2 cercate un’esperienza simile che vi sappia anche fare sorridere, date fiducia a Not a Hero.