Dopo mezz’ora in compagnia di Nidhogg 2 ho già perso un paio di chili e mi ritrovo immerso in una pozza di sudore. Avere tra le mani un pad sudaticcio non è né la sensazione né l’immagine più bella, ma questa sauna estiva ha tolto ogni dubbio dalla mia mente: Nidhogg 2 è cambiato, ma l’arcade-action-simulatore di scherma sviluppato dai ragazzi di Messhof non ha nulla da invidiare al suo predecessore, non perso il suo carisma, la sua vena competitiva fatta di parate e attacchi e la sana dose di divertimento è ancora lì che mi aspetta. Ma Nidhogg 2 è cambiato, ha abbandonato l’ingenuità quasi infantile che ha contraddistinto l’opera prima di Messhof, ha evoluto, masticato, digerito e sputato meccaniche di gioco vicine ma allo stesso tempo lontane rispetto al basilare e immediato precedente capitolo. Nidhogg 2 è cambiato e questo non piacerà a tutti.
Sempre più grande
Per mantenere fede alle sue origini, Nidhogg 2 è un titolo che chiede semplicemente di essere giocato, non ha un vera story mode e le opzioni si contano sulle dita di una mano, ma se si viene rapiti dai duelli lungo le arene orizzontali, state pur certi che uscirete da quel delirio fatto di botte e sangue solo dopo decine e decine di ore spese online o sfidando un amico nel multiplayer in locale. Esiste una anche modalità arcade fatta da dieci livelli, ma va vista più che altro come una sorta di allenamento in cui scaldare i muscoli prima di passare al vero banco di prova, cimentandosi nel PvP, vero cuore pulsante del gioco. Il rischio principale è però quello di aver duellato in punta di stocco con tantissimi avversari in giro per la rete o fianco a fianco già nel primo Nidhogg ed è proprio qua che si innesta il paradosso: Nidhogg 2 è una vera gioia per i neofiti, grazie alla sua formula di gioco (per loro) fresca e immediata, ma per i giocatori di lungo corso rischia di essere una pugnalata alle spalle, orfani di quella grafica che pareva uscita da un Philips Videopac o da una Atari VCS e delle meccaniche di gioco tanto semplici quanto funzionali.
Con Nidhogg 2, il team di californiano ha infatti seguito la filosofia del “bigger is better”, ha stratificato il combat system ampliando il parco di armi, mentre le arene sono passate dalle quattro del primo capitolo alle dieci messe ora a disposizione. Sulla carta l’idea pare vincente e in buona parte lo è. Almeno nel suo impianto di base, Nidhogg 2 non è cambiato e lo scopo del gioco è sempre lo stesso: eliminare l’avversario che si ha davanti, mentre si procede in orizzontale nelle varie fasi dello stage, fino a che l’enorme Níðhöggr – una sorta di enorme verme volante – mangia il vincitore arrivato all’estremo del livello. Le regole del gioco sono però state stravolte dall’introduzione delle nuove armi: al fianco del già noto stocco, in Nidhogg 2 trovano anche spazio un pugnale, un arco e un pesante spadone a due mani, ognuno con un proprio moveset e tempo d’azione/reazione, ognuno con dei punti deboli e di forza. Quello che aveva reso indimenticabile ogni duello in Nidhogg era la loro democraticità: la stessa arma per tutti e che vinca il migliore. Nidhogg 2 si discosta da questa formula e costringe il giocatore ad imparare a maneggiare al meglio ogni arma per capire dove, come e quando colpire. Ad esempio, lo spadone è molto più lento rispetto al coltello e non può essere utilizzato a tre altezze differenti, come ad esempio lo stocco, capace di colpire alla testa, all’addome o alle gambe. Ancora, l’arco ha il vantaggio di infierire dalla distanza, ma se scagliato contro l’avversario non uccide sul colpo, i tempi di ricarica sono piuttosto lunghi e tra una freccia e l’altra, il proprio alter ego virtuale rimane esposto ai colpi del nemico.
Più cervello e meno muscoli
Non saprei dire se in questo secondo capitolo le sfide siano più o meno tecniche rispetto al primo Nidhogg, ma di certo i combattimenti seguono un ritmo diverso e più serrato, perché ad ogni nuovo respawn può capitare un’arma differente e la sorte costringe il cervello a reagire in fretta, a meno che non si voglia finire vittima dell’ennesimo fendente nello stomaco o con il cranio spappolato dopo una serie di calci. Non tutto però si incastra alla perfezione e alcune combinazioni di armi paiono piuttosto mal assortite, favoriscono o sfavoriscono uno dei due contendenti, rischiando così di far perdere l’equilibrio a quella sottile linea che teneva in piedi il perfetto bilanciamento. In molti scontri, coltello alla mano, ho così preferito scagliare la rapida ma cortissima lama contro il mio nemico armato di stocco, per poi magari aggredirlo dall’alto con un calcio volante: Nidhogg 2 costringe sempre ad elaborare strategie diverse e fantasiose ed è in questo senso che la maggiore varietà dell’armamentario va letta. Inoltre, gli scontri sono anche impreziositi da un level design ora più sviluppato e articolato; nella loro disposizione, le arene non sono altro che un susseguirsi di schermate orizzontali, ma saper giocare con i vari elementi ambientali significa guadagnarsi un notevole vantaggio, fattore tattico che era pressoché assente nel precedente lavoro di Messhof per via della sua essenzialità. Ora si gioca invece fra fitte boscaglie d’erba alta in cui nascondersi, su tapis roulant della morte che culminano dentro dei tritacarne affilatissimi o, ancora, sui ponti di una nave con porte e portoni da sfruttare per tendere agguati.
Un vero pugno nell’occhio
Esteticamente, Nidhogg 2 fa schifo. Non sto scherzando, è davvero bruttissimo, ed è per questo che lo adoro. Amavo nella loro estrema stilizzazione i due omini informi del primo Nidhogg, ma il character design messo in piedi questa volta dai ragazzi di Messhof è una di quelle cose talmente inguardabili, che fa il giro e alla fine te ne innamori. Sono consapevole che non sarà così per tutti e che la nuova veste di Nidhogg 2 non andrà giù a tutti i giocatori, che magari rimarranno impietriti dalla fabbrica dei mostri che corrisponde all’editor dei personaggi. Non importa quanto tempo passerete a modificare il taglio di capelli, non conta quanto vi impegnerete a ritoccare il busto del vostro alter ego, tanto verrà fuori sempre un personaggio disossato e impietoso, un vero pugno nell’occhio. Ma il gusto strampalato di questo Nidhogg 2 e si sposa alla perfezione con gli schizzi di sangue che esplodono in ogni dove, con il massacro continuo su e giù per i livelli. I fondali mettono tranquillamente tutti d’accordo e sono stati impreziositi con una pixel art più moderna e ricca di dettagli, già ravvisabili nell’isola che fa da hub alla modalità singleplayer. Infine, la colonna sonora meriterebbe una recensione a parte: datemi pure del partigiano, ma è quasi sempre da questi titoli fatti di pixel e dallo spiccato gusto retrò che provengono le migliori OST e quella di Nidhogg 2 non fa eccezione.
– Più ricco e vario rispetto al primo capitolo…
– Ma sempre frenetico e divertente
– La soundtrack è un piccolo gioiello
– Artisticamente ha uno stile tutto suo
– … Ma non tutti gradiranno le nuove aggiunte
– Le nuove armi non sono sempre ben bilanciate
– La nuova grafica non piacerà a tutti
Nidhogg 2, all’apparenza, è lo stesso gioco che arrivò come un fulmine a ciel sereno nel 2014, fatto di combattimenti 1vs1 frenetici e di corse a perdifiato lungo le arene. Messhof ha però ampliato e arricchito il combat system, ha dato ad esso una maggiore varietà, accelerando i ritmi di gioco in un festival fatti di morti, respawn e rimonte, senza un attimo di pausa. Il cambiamento però rischia di non essere gradito da tutti, in particolar modo dagli amanti del primo capitolo, che si basava tutto su un perfetto bilanciamento ed era un vero inno all’essenzialità. Allo stesso modo, anche la nuova veste grafica, con maggiore impatto, più vivida e ricca di preziosismi, da un lato funziona alla grande in un titolo costantemente sopra le righe come Nidhogg 2 ma, proprio per via della sua unicità, corre il pericolo di andare di traverso ad una fetta dell’utenza.