L’esperienza di un gioco come Journey ha lasciato il segno. Contravvenire alla regola che vede il gameplay quale aspetto più importante in un videogioco è molto rischioso, ma il titolo di Thatgamecompany riuscì a dimostrarci quanto l’esperienza possa racchiudere il senso del tutto il gioco, lasciando il giocatore soddisfatto e con una splendida sensazione addosso. Come insegna Paolo Coelho, il viaggio alle volte è più importante della meta, e questo genere di giochi ha spiegato come il cammino possa rivelarsi qualcosa di straordinariamente formativo.
Così, nel 2015, un piccolo studio di sviluppo italiano chiamato Storm in a Teacup dà alla luce Nero, un gioco che sembra prendere enormi spunti dal classico di Thatgamecompany nel tentativo di narrare il viaggio di un ragazzino alle prese con qualcosa di molto più grande di lui. Qualcosa di cupo, forse di terribile.
Gloomy journey
Nero è la storia del viaggio di un ragazzino, giunto in una caverna attraverso una piccola barca. Solo, forse spaesato, il nostro alter ego si dirige in un mondo fatto di toni scuri e freddi, contrappuntati da strane creature e piante bioluminescenti. Nel mondo, sospese nell’aria, incontriamo numerose scritte luminose che sembrano narrare una storia, o forse due. Pensieri e parole galleggiano nell’etere, e la voce narrante ci fornisce piccoli pezzi di quella che sembra la storia di un bambino alla ricerca di qualcosa. Non passa molto tempo prima di rendersi conto che, dietro a questo misterioso viaggio, si nasconde qualcosa di terribile: quando i pezzi del puzzle iniziano a combaciare, la storia di questo piccolo uomo inizia a prendere una piega che ci lascia a tratti col fiato sospeso, a tratti sopraffatti dallo sconforto. Nero non racconta il valore dell’amicizia o del ruolo del prossimo: Nero è un coltello infilato nello stomaco che inizia lentamente a rigirarsi, lasciandoci capire che – forse – non ci sarà via d’uscita.
Quanto messo in piedi da Storm in a Teacup dal punto di vista strettamente narrativo è molto interessante. La storia procede in maniera frammentaria, confusa e misteriosa: non si ha un’idea precisa di quello che sta accadendo, e in generale si hanno grosse difficoltà a comprendere chi sia l’autore (o gli autori) delle scritte che compaiono. Il narratore cerca di fornirci un’interpretazione di quanto sta avvenendo, ma la sua descrizione sembra alle volte procedere su di un binario parallelo rispetto a quanto sta avvenendo nel gioco. Le ambientazioni e i personaggi fungono da allegoria della storia che avvolge l’avventura, ma in alcuni frangenti confondono le idee e ci lasciano in preda ai dubbi e a un senso di smarrimento. Persino sul finale, quando i vari cocci iniziano a ricombinarsi, si può restare fortemente delusi dalla presenza di numerosi elementi lasciati in sospeso. Pezzi di storia che, fortunatamente, possono essere recuperati risolvendo i numerosi puzzle presenti nel gioco.
Sfere e pulsanti
La struttura dei puzzle in Nero è piuttosto semplice. Il nostro personaggio ha la capacità di lanciare delle sfere di luce con le quali attivare delle colonne, spesso lontane. Alle volte è necessario passare sopra ad alcune piastre a pressione per attivare degli eventi, mentre in altri casi siamo chiamati a guidare una strana figura, un compagno di viaggio adulto che incontriamo dopo pochi minuti dall’inizio del viaggio. Il suo triplice ruolo di osservatore, collaboratore e soggetto empatico viene sfruttato per aumentare il pathos, più che come reale meccanica di gioco, e questa specie di figura paterna non ha mancato di sorprenderci per il suo comportamento in alcune cutscene.
In generale, i puzzle di Nero non sono particolarmente originali e non ci siamo mai trovati realmente sorpresi dalle meccaniche di risoluzione messe in campo da Storm in a Teacup. L’intento di creare un gioco emotivo, più che un puzzle game, ci è chiaro, ma avremmo preferito qualche puzzle più ispirato. Se consideriamo, inoltre, che una certa percentuale di enigmi non è propedeutica al completamento dell’avventura, qualcuno potrebbe lasciare indietro qualche puzzle noioso con il risultato di perdersi grosse porzioni narrative. Il ruolo del nostro compagno di viaggio, inoltre, è pressoché nullo in numerosi momenti dell’avventura, ed è un peccato che non sia stato sfruttato in maniera più intensiva a livello di gameplay.
Luci e ombre
Da un punto di vista strettamente tecnico, Nero è un gioco con molti problemi. Se l’atmosfera ci ha catturato dopo pochi minuti, non abbiamo potuto evitare di notare i numerosi cali di frame rate che si verificano per circa un minuto, dopo i (lunghissimi) caricamenti di ogni sezione. Questi ed altri problemi, dovuti alla pesantezza del motore Unity One, saranno presumibilmente attenuati da una patch, ma a tratti sono risultati davvero insopportabili. Al contempo, non comprendiamo la scelta di mappare la corsa su RB anziché su LS: a detta degli sviluppatori del gioco, in Nero “non si dovrebbe correre, ma camminare piano piano”. Comprendiamo le loro ragioni, ma i nostri tendini della mano destra non ringraziano. Al contempo, ci saremmo aspettati qualche dettaglio in più nel gioco: vedere lo stesso modello di un bruco luminescente ripetuto cinque o dieci volte nel giro di pochi minuti non lascia certo una buona sensazione.
Da un punto di vista musicale – pur mancando la colonna sonora dei Sigur Rós paventata in fase di anteprima – ci troviamo di fronte a un gioco con splendidi temi musicali che accompagnano perfettamente il clima che si respira nell’avventura. Al contempo, la narrazione è letta splendidamente bene e scandisce i vari frammenti del gioco con maestria. In questo caso, dunque, possiamo affermare che sia stato compiuto un lavoro eccellente.
Infine, sebbene tale aspetto non abbia in alcun modo intaccato il nostro giudizio finale, Nero è un gioco interamente in inglese. Considerando la complessità dei temi e la presenza di alcuni termini ricercati nella narrazione, questo aspetto potrebbe rappresentare un problema per una certa parte dei giocatori italiani. Da uno studio di sviluppo con sede nella nostra capitale, potevamo aspettarci almeno i sottotitoli in italiano.
– Storia affascinante e densa di emozioni
– Ottime ambientazioni
– Il gioco lascia il segno nel giocatore
– Tanti problemi tecnici
– Scarsa varietà nei puzzle
– Solo in inglese
In qualità di opera prima per Storm in a Teacup, Nero è un parziale successo che vi consigliamo di provare. Pur non esente da difetti e con dei puzzle che, in molti casi, lasciano a desiderare in quanto a originalità e variazione, la storia raccontata da Nero ha saputo conquistarci ed emozionarci in molti momenti. Siamo passati dalla tranquillità all’inquietudine in un battito di ciglia, e alla fine dell’avventura i dubbi e le certezze ci hanno lasciato con diverse sensazioni in contrasto fra loro. Se lo scopo di Storm in a Teacup era mostrarci che ogni viaggio – bello o brutto – lascia il segno nell’essere umano, ci sono pienamente riusciti.