La Terra di Marie Byrd, in Antartide, è la più grande regione non rivendicata del pianeta; è un luogo inospitale, gelido, isolato, dove la morte per assideramento può sopraggiungere in pochi minuti. Mentre la protagonista tenta di sopravvivere a una tormenta di neve nel buio della più lunga delle notti polari, la consapevolezza di essere di fronte a un’impresa impossibile si insinua con insistenza nella sua mente, lasciando al solo spirito di sopravvivenza pochi strumenti per impedire che il freddo perenne la divori.
Inferno di ghiaccio
La vicenda parte subito con una voce in sottofondo proveniente da una radio (in inglese e senza sottotitoli), che lascia intendere quale sia stato il destino della protagonista: dopo uno schianto aereo, vi ritroverete abbandonati nei pressi di un centro di ricerca, con ventiquattro ore di buio ad attendervi e delle condizioni meteo che impediscono ogni tentativo di salvataggio. Nei paraggi, nessuno a darvi manforte né a rappresentare un’ulteriore minaccia.
In Near Death non ci sono persone, mostri, entità incorporee, visioni terribili o consolatorie; ci sarete solo voi, il gelo pronto ad annientarvi e la residua speranza di mettersi in contatto con qualcuno che possa salvarvi la vita. Non è pertanto quello che viene definito in gergo un “survival game”, è piuttosto un gioco sulla sopravvivenza e sulla capacità di adattamento.
Si tratta in verità di un gioco molto semplice, dalle meccaniche poco sviluppate, quasi essenziali. Ed essenziale è anche il menù che vi accoglie a inizio partita, con nessuna particolare opzione per le impostazioni grafiche e per il sonoro. Potrete però eliminare del tutto il fastidioso tremore che dovrebbe simulare la risposta di un corpo umano al gelo, ma che invece vi lascia sviluppare (non a tutti, è chiaro) la tanto odiata motion sickness. Al di là di questo, Near Death vi mostrerà gli obiettivi da portare a termine ma non vi darà indicazioni su come farlo, perché la vera missione del giocatore è trovare tutte le soluzioni nel minor tempo possibile, prima che in pochi minuti il gelo arresti le funzioni vitali della protagonista. Si tratta dunque di una continua e disperata corsa contro il tempo? In parte, sì, poiché nonostante non sia difficile reperire lungo il cammino le risorse per potersi difendere dal freddo, girare in lungo e in largo consultando una bussola e una mappa senza indicazioni può dilatare i tempi di ricerca, creando qualche grattacapo a chi ha dei problemi di orientamento. A maggior ragione se il buio imperversa, le fonti di luce rimaste non sono molte e le batterie della torcia si scaricano di continuo.
Near Death non presenta un’area ampia lungo cui spostarsi. L’ambientazione è suddivisa in dipartimenti dislocati, tutti appartenenti al centro di ricerca; alcuni sono invasi da dune di neve, altri hanno piccole zone inaccessibili e altri ancora sono liberi e abitabili. In questi ultimi è più facile difendersi dal gelo: bisogna posare per terra una piccola lampada a kerosene (da ricaricare sin troppo spesso), accogliere in sé un po’ calore e ripartire. È un complesso di azioni che farete continuamente, come se fosse una cerimonia alla quale non potrete mai sottrarvi. Pena: la morte.
Tanti problemi, poche soluzioni
Contro il grande nemico del gioco avrete diversi strumenti da utilizzare, ed è quei che entra in gioco il sistema di crafting, in verità piuttosto semplice e semplificato. Nell’arco delle 4-5 ore che impiegherete a terminare il gioco vi capiterà spesso, per esempio, di dover creare toppe che possano impedire al vento gelido di penetrare dalle finestre sfondate degli alloggi fatiscenti, o di dover fabbricare gli strumenti utili alla sopravvivenza o per riavviare dei macchinari. Ecco dunque che, dopo una fisiologica fase di smarrimento, prenderete confidenza col gioco e al contempo Near Death assumerà una precisa fisionomia. Dovrete fare delle brevi pause, riflettere, usare gli oggetti in modo pratico e intelligente, orientarvi, risolvere i problemi e sopravvivere. C’è poco spazio per gli errori, perché L’Antartide non vi perdonerà e non vi concederà il tempo che vi servirebbe per agire nella miglior maniera possibile. È per questo che bisogna marcare il territorio con delle luci speciali, sciogliere ostacoli di ghiaccio e trovare tutto ciò che serve per resistere a una situazione apparentemente irreversibile. Il bello di Near Death sta tutto qui, ma non aspettatevi qualcosa di complesso e elaborato, perché come già detto, si tratta di un titolo che fa della semplicità il suo vessillo. D’altra parte, si tratta di un’opera indipendente realizzata da due persone (assieme a un paio di artisti freelance ad aver dato il proprio supporto). Tecnicamente Near Death è modesto e mostra ambienti disadorni e molto simili tra loro, realizzati tramite una modellazione poligonale sin troppo basilare. Ha insomma un comparto grafico di circa due generazioni fa, accompagnato però da un buon accompagnamento sonoro che è in grado di far immedesimare il giocatore e calarlo in una realtà che sembra quella di un altro mondo. Ci sono dei piccoli problemi legati ai salti, ma considerando che non si tratta di un’azione da compiere con grande frequenza, si può anche chiudere un occhio almeno sulla sua goffa realizzazione. Va detto inoltre che, data la frequenza e la rapidità con le quali si arriva al game over, gli utenti meno pazienti potrebbero desistere prima di arrivare al finale, anche in virtù della possibilità di perdersi e non trovare nei tempi previsti il prossimo “checkpoint”, rappresentato di fatto dalle zone franche, dove il gelo dà tregua e lascia spazio a pochi secondi di salvifico tepore.
HARDWARE
MINIMUM: OS: Windows 7 (64-bit OS required) Processor: Intel Core i5 2.00 GHz or AMD equivalent (64-bit processor required) Memory: 4 GB RAM Graphics: Nvidia GeForce GTX 650 with 1GB memory (or AMD equivalent) Storage: 1 GB available space
– Siete soli contro un solo nemico: il gelo
– Buona atmosfera
– Tecnicamente arretrato
– Orientarsi non è semplicissimo
– Tempi di congelamento, di usura e di consumo irrealistici
6.5
Near Death è un gioco tutto sommato modesto, che punta a farvi vivere la disavventura di chi è costretto a lottare per la propria sopravvivenza lì dove le condizioni sono estreme, quasi impossibili da immaginare. Un forte accento è posto sul sistema di crafting e sulla capacità dell’utente di trovare nel più breve tempo possibile le soluzioni a una gran quantità di problemi, che pare concorrano a rendere ancora più complicata l’impresa di rimanere in vita e lottare contro il gelo perenne dell’Antartide. Potrete contare solo su voi stessi, sul vostro senso dell’orientamento e sullo spirito di adattamento, a patto però che accettiate le oggettive limitazioni di cui soffre l’opera, arretrata a livello tecnico e sin troppo semplicistica concettualmente.