Recensione

Nantucket, una recensione sulle orme del Moby Dick

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

I grandi classici della letteratura hanno da sempre fornito una ricca fonte di ispirazione a molti videogame: Alice: Madness Returns, i vari giochi ambientati nell’universo scaturito dalla penna di Agatha Christie, i numerosi Sherlock Holmes e buona parte dell’immaginario steampunk a là Jules Verne sono solo alcuni dei nomi di questa lunga lista, alla quale si aggiunge ora anche Nantucket, titolo al 100% italiano che attinge a piene mani da Moby Dick, il più famoso romanzo scritto da Herman Melville. A differenza dei suoi simili, Nantucket non trasforma le righe di Herman Melville in un action adventure, nessuna rocambolesca rincorsa sui sette mari alla ricerca della balena, ma il titolo sviluppato dai ragazzi di Picaresque Studio è uno strano ibrido tra uno strategico a turni e un gioco di ruolo, dove emergono con forza, oltre alle fonti letterarie, anche svariati stilemi presi in prestito da alcuni celebri videogiochi, fra tutti i grand strategy di Paradox Interactive. 

Un romanzo tutto nuovo

Avere alle spalle uno dei più celebri romanzi del XIX secolo è allo stesso tempo un’enorme risorsa, ma anche un pesante fardello: basta infatti una licenza poetica non richiesta o un piccolo passo al di là della fedeltà letteraria, che i fan sono già pronti con la forca in mano, pronti a puntare il dito contro chi ha osato tradire la memoria di Moby Dick e di Melville. Nantucket evita furbescamente questo pericolo, perché le vicende narrate dall’opera non sono esattamente quelle contenute nelle pagine del romanzo, ma l’avventura ha inizio dopo la disastrosa spedizione del capitano Achab e del Pequod. Il giocatore veste i panni di Ismaele – anche se ad inizio partita è possibile cambiare il nome del protagonista – l’unico sopravvissuto al naufragio dell’imbarcazione, in una disperata ricerca del mostro marino, sulle tracce oscure di chi è stato consumato, sconfitto e condannato ad una vita sulle orme di Moby Dick. Come detto in avvio, Nantucket è soprattutto uno strategico, genere che spesso mal si presta a raccontare una storia, mancanza che l’opera di Picaresque Studio riesce a colmare inserendo ispirati artwork e grazie ad una serie di missioni primarie in cui spicca l’aspetto narrativo, scandito da eventi in cui il giocatore, proprio come un novello Melville, scrive le pagine di un romanzo di cui è allo stesso tempo autore e protagonista. Al di là del racconto e della ossessiva caccia al capodoglio, Nantucket è anche un archivio interattivo in cui sono riportati i principali eventi storici del periodo in cui è ambientata l’avventura: questi ultimi vengono riportati a mo’ di notizia sui giornali presenti nei vari porti, forse non aggiungono molto a livello di gameplay, ma di certo aiutano l’immedesimazione e sono uno di quei piccoli dettagli che sottolineano la cura riposta dagli sviluppatori nei confronti della propria opera.

Vecchi lupi di mare

In Nantucket l’azione si svolge principalmente in tre spazi: porti, navigazione in mare aperto e a bordo delle scialuppe durante il momento della caccia, fasi in cui – assieme ai duelli contro pirati e altri esseri umani – il titolo si trasforma in un vero e proprio strategico a turni. Ogni fase segue delle regole precise e coniuga tante sfaccettature, che fanno di Nantucket un’opera poliedrica e ricca dove, nonostante le tante informazioni contenute e da tenere sott’occhio, l’UI riesce a riassumere ed esemplificare tutto ciò che c’è da sapere per evitare di trovarsi senza cibo in mezzo all’oceano o per non diventare il pasto di qualche squalo. A prescindere che si tratti della main quest o delle missioni secondarie, ogni viaggio richiede un’attenta pianificazione e ha inizio, prima ancora che si levi l’ancora, nei vari porti disseminati sulla mappa. Queste zone funzionano come dei veri hub e sono i luoghi in cui acquistare il materiale indispensabile per avventurarsi in mare – come l’acqua, il legno, il grog e il cibo – per potenziare la propria imbarcazione o acquistarne una nuova o, ancora, per reclutare i nuovi membri dell’equipaggio. Nella composizione della ciurma, Nantucket svela il proprio lato ruolistico, perché ciascun membro – a parte i primissimi mozzi con cui si inizia l’avventura – appartiene ad una determinata classe ed è caratterizzato da determinati tratti, che lo rendono più o meno idoneo ai vari ruoli a bordo della nave e che ne segnano l’impiego durante i duelli, come vedremo più avanti. Lo sviluppo del capitano/protagonista è ancora più ricco di elementi, attraverso l’esperienza, la crescita nei livelli e gli alberi delle abilità – differenti per ciascuna classe – è possibile creare un personaggio a seconda delle proprie preferenze, creando magari un infallibile cacciatore o, perché no, un abile marinaio in grado di schivare i pericoli del mare. Elencare in questa sede tutti i tratti inseriti dagli sviluppatori vorrebbe dire occupare svariate righe, perché Nantucket fa della profondità una delle sue armi migliori: se all’apparenza reclutare un marinaio o un altro non fa molta differenza, in realtà sono proprio i piccoli dettagli che segnano il confine tra la vita e la morte e, ad esempio, avere a bordo un medico in grado di annullare i danni da sanguinamento durante le battute di caccia, significa spesso non dover seppellire in mare qualche proprio compagno di viaggio. Nelle varie icone e nei vari tratti di ciascun personaggio è impossibile non vedere un richiamo al sistema utilizzato ad esempio in Crusader Kings II, ma se una cosa funziona alla grande, non vedo sinceramente cosa ci sia di negativo ad utilizzarla in altri lavori. I porti sono infine completati dai giornali, sezioni in cui, oltre alle notizie storiche, vengono anche riportate le missioni di caccia o di recupero dei relitti, indispensabili per accumulare prestigio e denaro, con i quali rispettivamente reclutare nuovi membri dell’equipaggio e fare shopping nel mercato. Queste missioni, a lungo andare, si rivelano un po’ ripetitive e non è raro battere le stesse rotte più e più volte, per poi trovarsi davanti un nemico già visto, solo con qualche punto vita in più. Dovendo invece trovare un neo ai porti, è che questi ultimi sfruttano tutti quanti il medesimo artwork statico e fa un po’ strano trovarsi davanti la stessa ambientazione sia nel mar dei Caraibi, sia nelle fredde acque inglesi e sia nell’estremo sud dell’Africa.

Ogni viaggio è diverso

I preparativi per i viaggi sono fondamentali, perché non si sa mai quali siano gli ostacoli che si possono incontrare in mare aperto. Gli spostamenti vengono gestiti su una cartina geografica che comprende buona parte dell’Europa, l’Africa, le due Americhe e qualche isola del Pacifico e per impostare la rotta occorre solo cliccare sul punto d’interesse. Teoricamente è tutto molto semplice, ma le profondità marine nascondono molte insidie ed occorre saper leggere bene una mappa sempre in cambiamento, in cui non mancano tempeste, pirati, rotte migratorie di balene e narvali e il vento può cambiare improvvisamente direzione. Anche in questo frangente emerge la qualità dell’interfaccia, pulita e chiara, dove non vi sono elementi nascosti che potrebbero sancire la fine dell’avventura. Alle volte la perizia e tutte le accortezze non sono sufficienti, perché i tragitti sono costellati da eventi casuali, ulteriore rimando ai già citati titoli Paradox Interactive, dove non sempre c’è una risposta positiva. Questi script event sono croce e delizia, alle volte sono il preludio per un ricco guadagno, ma sono anche una spada di damocle che costantemente pende sulla testa del capitano e della sua ciurma: alcune mie spedizioni sono finite in frantumi a causa di botti d’acqua contaminata che hanno costretto ad un dietro front, alcuni marinai hanno lasciato in mare un loro arto, mentre il gioco d’azzardo ha più volte messo in crisi le casse delle mie imbarcazioni. In base a determinate risposte a questi eventi casuali, i marinai ottengono anche dei tratti nuovi, che però non vengono espressi adeguatamente in questi frangenti. Una caratteristica evidenziata in verde è un’aggiunta positiva, mentre il colore rosso è associato ad un tratto negativo, ma non sono immediatamente visibili le ripercussioni effettive sul personaggio e così si rischia di rispondere senza avere pienamente il controllo della situazione. Inoltre, dopo decine e decine di viaggi, pur garantendo una certa dinamicità agli spostamenti, questi eventi finiscono con il ripetersi di frequente e dopo qualche ora si finisce con il rispondere in modo automatico ai vari dilemmi.

Strategia sui sette mari

Quale che sia lo scopo del viaggio, una battuta di caccia o la ricerca di Moby Dick stesso, l’epilogo è – quasi – sempre un combattimento a turni. Le meccaniche utilizzate dai ragazzi di Picaresque Studio sono decisamente peculiari e si integrano bene con le altre componenti del titolo, dove entrano in gioco le scelte fatte nei momenti precedenti. I duelli ricordano l’interfaccia dei TCG (trading card game), dove su due fronti opposti sono schierate le carte nemiche e quelle delle proprie unità, con i turni scanditi da un lancio dei dadi, i quali, in caso di esito positivo, permettono di utilizzare una delle mosse del proprio party. Questa descrizione non rende però in alcun modo onore al combat system, la cui profondità e dettata da numerose altre variabili. Ancora prima di scendere in campo, è fondamentale schierare un team ben assortito, le cui abilità devono integrarsi per compensare le debolezze di ciascun membro della ciurma: fra medici, marinai e cacciatori le combinazioni sono numerose, senza tenere poi conto dei vari tratti che contraddistinguono ciascun personaggio e che lo rendono unico sul terreno di gioco. Avanzando nell’avventura, la strategia diventa mano a mano più raffinata, le unità da schierare diventano più numerose, così come cresce la pericolosità dei nemici, non solo in termini di punti vita, ma anche di mosse a loro disposizione: nonostante ci si trovi spesso davanti alla stessa tipologia di avversari, gli scontri sanno sempre regalare qualcosa di nuovo e non è raro finire con le spalle al muro, vittime degli assalti di una potente balena, in grado di gettar fuori bordo l’intera ciurma con un colpo di coda. I combattimenti variano completamente a seconda che si fronteggino nemici umani o terribili mostri marini, in base al numero di avversari, per i loro punti vita o per i molteplici tipi di attacchi: insomma, Nantucket non è un gioco facile in cui i duelli si risolvono in pochi click, se il proprio capitano viene ucciso, addio sogni di gloria e non manca qualche sana imprecazione per dei turni in cui la fortuna ha voltato le spalle. Se i duelli vengono determinati principalmente dalla strategia adottata, l’aleatorietà è comunque una variabile sempre presente, visto il ruolo giocato dai dadi: nella fasi più concitate, bastano infatti un paio di lanci sfortunati per trovarsi con mezzo equipaggio stordito o, peggio ancora, defunto. All’opposto, qualche duello può rivelarsi fin troppo facile, non per via di uno sbilanciamento fra i contendenti, ma perché le mosse degli avversari non hanno nessun effetto sulle proprie unità, per via di alcune abilità in grado di azzerare certi tipi di danni. Complessivamente, si tratta comunque di piccoli nei in un combat system profondo e appagante, in cui è – quasi – sempre la strategia a determinare il successo e la sconfitta. 

Leave Her Johnny, leave her

Visivamente, Nantucket è composto per lo più da immagini statiche, ma l’opera di Picaresque Studio è comunque impreziosita dall’ottima realizzazione degli art work, soprattutto per quel che riguarda le “carte” durante i duelli e la mappa di gioco, mentre sono un po’ meno curate le interfacce che riguardano l’imbarcazione o i porti: non che questi siano poco dettagliati ma, come detto in precedenza, si assomigliano un po’ tutti quanti. Infine, se sulle prime Nantucket pare essere un gioco muto, in base ai cambiamenti del morale della ciurma – sì, c’è anche questo elemento – ecco risuonare in cuffia vari sea shanties, i tipici canti marinareschi intonati dagli equipaggi, come Randy Dandy Oh, urlato quando il morale è alto, oppure Padstow’s Farewell, quando manca l’entusiasmo a bordo del proprio brigantino. 
Hardware
Requisiti minimi:
– Sistema operativo: Windows XP or newer
– Processore: 2 Ghz or more
– Memoria: 4 GB di RAM
– Scheda video: DirectX 9.0c compatible
– DirectX: Versione 9.0c
– Memoria: 1000 MB di spazio disponibile
– Scheda audio: DirectX 9.0c compatible

– Combattimenti profondi e tattici…

– Ottima lavoro sulla ricostruzione storica

– Un vero romanzo interattivo

– Tante missioni, assieme alla ricerca del Moby Dick

-… Anche se non manca un pizzico di aleatorietà

– Le quest minori alla lunga si assomigliano un po’ tutte

– Qualche differenziazione fra i porti non avrebbe guastato

8.0

Nantucket si inserisce a pieno merito tra le prime sorprese di questo 2018, grazie ad un sapiente mix tra meccaniche tipicamente GDR ed elementi da strategico a turni, che ben si amalgamano e che sottolineano il lavoro svolto da Picaresque Studio, piccolo team indipendente italiano. Ad impreziosire l’opera, interviene poi un contesto storico interessante e ben ricostruito, il XIX secolo descritto da Herman Melville nel suo Moby Dick, romanzo di cui Nantucket si propone come diretto seguito videoludico, grazie ad una storia fatta di sacrifici, viaggi sui sette mari e caccia al maestoso capodoglio. Qualche piccolo passo falso è comunque presente, ma si tratta di sbavature che non impediscono di godersi a pieno Nantucket, imprecazioni comprese quando ci si ritrova senza grog dispersi in mezzo all’Oceano Atlantico.

Voto Recensione di Nantucket, una recensione sulle orme del Moby Dick - Recensione


8

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