Recensione

Murasaki Baby

Avatar

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Con quel sorriso storto, brutto e sdentato, qualche sparuto ricciolo in testa e con quella risata stridula e tormentosa, Murasaki Baby sembra tutto fuorché un personaggio al quale potersi affezionare. Eppure, quella bambina sola e triste, con in mano il suo palloncino viola a forma di cuore, e alla disperata ricerca della propria madre, possiede quell’adorabilità delle creature indifese che hanno un disperato bisogno del vostro aiuto. Baby è persa in un mondo dove l’onirico si mescola al surreale e al grottesco, e lungo il proprio percorso di ricerca si imbatterà nelle vite di altri strambi personaggi che si incastonano alla perfezione con le assurde e innovative dinamiche di gioco, tutte (quasi) interamente gestite dai comandi touch di PS Vita.

Storia di una bambina viola
La grazia di Murasaki Baby non passa solo attraverso il curatissimo stile visivo, la sua riuscita sperimentazione di immagini e forme, e l’evocativo art design espresso lungo l’arco della brevissima e intensa avventura; ma si sublima nel momento in cui si comprende – sin da subito – come vada a estendersi anche alle particolari meccaniche attraverso cui diventa essenziale risolvere gli enigmi ambientali. Il titolo è infatti un platform con forti elementi puzzle che vanno spesso a intersecarsi nel punto di incontro tra due piani dimensionali: quello principale su cui si sposta la spaurita protagonista, e lo sfondo caleidoscopico su cui – come per un continuo cambio di diapositive – vanno alternate diverse scenografie, che gli sviluppatori hanno definito “stati d’animo”. Ognuno di questi scenari intercambiabili offre delle “conseguenze” che possono essere attivate tramite un tocco singolo sul retro della console. Ecco dunque che è possibile scatenare un diluvio momentaneo che crea pozze su cui poter far navigare delle barchette, tempeste di vento improvvise, impulsi elettrici che attivano e disattivano interruttori e così via, per una varietà sempre garantita nell’arco dell’ora e mezza – massimo due ore – che impiegherete a portare a termine il gioco. Tuttavia, nei quattro mondi popolati da personaggi simpatici e completamente fuori di testa, è difficile trovare una solida coerenza tra gli scenari, gli enigmi e le creature stesse. C’è sempre la netta sensazione che i puzzle e gli stati d’animo testé descritti siano proposti alla rinfusa, scollegati tra loro e con pochi punti di contatto coi mondi visitati. A eccezione dell’ultimo, dove in effetti il gameplay viaggia sulla stessa lunghezza d’onda della mini storia che precede l’inaspettato finale, si poteva pensare maggiormente a una migliore integrazione delle situazioni di gioco. 
Il potere delle dita
L’intenzione dei  nostrani Ovosonico era quella di creare un’interazione tra la protagonista e il giocatore che fosse il più possibile intima e viscerale, un rapporto diretto e senza intermediari, interpretato alla perfezione dalla mancanze di barriere della portatile Sony. Il compito è riuscito però a metà, e non per la mancata capacità di riuscire a coinvolgere il giocatore, ma per la macchinosità di un sistema di controllo non sempre preciso e talvolta convoluto, che costringe a giocare in modo innaturale e scomodo. Con un dito si trascina per mano Baby, attenti a non strattonarla troppo forte per non farla cadere rovinosamente a terra; con un altro dito, bisogna spesso fare in modo che il palloncino viola (che rappresenta la vita della protagonista) non venga fatto esplodere da fonti di calore, spine o insetti a forma di spilla da balia; per alternare gli stati d’animo, invece, bisogna scorrere il polpastrello sul touch pad posteriore. Inoltre, per far fuori gli insetti bisogna toccarli, mentre per attivare l’effetto studiato per ogni sfondo – come già detto – bisogna toccare tutte le volte il retro di PS Vita. Fin quando queste operazioni devono essere svolte singolarmente, non ci sono grossi problemi e tutto fila liscio a meraviglia; quando invece si è obbligati a un’alternanza di comandi che fanno aggrovigliare le dita, si va un po’ perdendo quella naturalezza che si è instaurata durante le prime fasi. E insieme ad essa, sfuma anche parte dell’emotività che è motore trainante di questa particolare opera dallo smisurato valore artistico, che ha dalla sua anche qualche problemino di troppo. 
Impara l’arte e usala fino in fondo
Dispiace che Murasaki Baby abbia queste disparità tra il profilo artistico e l’offerta di gioco, soprattutto perché la scintilla intimista che anima l’opera prima di Ovosonico è evidente e riesce a creare qua e là degli ottimi momenti di intrattenimento. La scelta di utilizzare le caratteristiche basilari di PS Vita funziona bene solo quando non si è costretti a mescolarle tutte insieme; nondimeno, negare input secondari è una volontà stabilita a monte che si rivela in alcuni frangenti controproducente. Non bastasse metà della mano ad oscurare gli splendidi scenari, nelle fasi finali bisogna capovolgere più volte la console mentre le dita si alternano ora al touch screen, ora al touch pad posteriore, in una sequela di azioni scomode da compiere e per certi versi un po’ forzate. Come forzata è anche una breve sessione in cui si utilizzano i due analogici, anch’essa decontestualizzata dall’avventura e fine a se stessa. Peccato davvero, perché Murasaki Baby ha tanto di quello stile da vendere, che in confronto le produzioni contemporanee indipendenti sembrano giochini sviluppati in fretta e furia da persone prive di idee. Il valore artistico del gioco di Ovosonico eclissa completamente una gran percentuale di titoli indie, ma da solo, non riesce a far svettare il progetto dei nostri connazionali come dovrebbe. Va fatto sicuramente un plauso alla capacità di rendere Murasaki Baby un gioco dal sapore internazionale, che elimina il linguaggio canonico dello storytelling per adottarne uno fatto di codici e simboli universali. Nonostante possa essere marchiata come una buona opera prima, siamo ancora distanti da un tipo di eccellenza che è diventata strettamente necessaria in questa industria. In Ovosonico, c’è molto talento ed estro, ma la strada da percorrere è molto lunga e tortuosa. Non si può sbagliare più nulla.

– Artisticamente ineccepibile

– Ottima colonna sonora

– Buone trovate nell’uso del sistema di controllo…

-… Che talvolta è un po’ innaturale da gestire

– Dura meno di due ore

– Poca coerenza tra gli “stati d’animo” e le vicende di gioco

7.0

Dal ricercato stile grafico fino ad arrivare alle musiche impreziosite dal maestro Yamaoka nei titoli di coda, Murasaki Baby sprizza tanta di quella originalità da far invidia alle opere indie degli ultimi anni. L’esigua durata e qualche forzatura di troppo nel sistema di controllo, però, non permettono al primo progetto di Ovosonico di ottenere una valutazione sopra le righe.

Voto Recensione di Murasaki Baby - Recensione


7

Leggi altri articoli