Recensione

Monster Hunter Stories, la recensione dello spin-off della famosissima serie Capcom

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Dopo aver deliziato gli amanti della caccia grossa, con una sfilza di titoli di grande profondità, che i possessori di console della famiglia 3DS conosceranno bene, il franchise di Monster Hunter si concede una deviazione, improvvisando una sortita nel campo dei JRPG più classici con il qui presente Stories, in uscita domani sul suolo europeo dopo il debutto giapponese.
Gli spin off sono croce e delizia dell’industria videoludica, capaci di donare lustro ad un brand ma anche di segnare il punto più basso delle rispettive saghe: come si posizionerà, tra questi due estremi, l’ultima fatica Capcom?
Per saperlo non vi resta che continuare a leggere.
La dura vita del Rider
La narrativa di Monster Hunter Stories ruota attorno alla figura del Rider, inedita per la saga e (almeno apparentemente) contrapposta a quella del cacciatore: se questi ultimi, per anni, hanno cacciato bestie di tutti i tipi, tenendo al sicuro le rispettive comunità e fornendo loro sussistenza, i Rider addomesticano i mostri, vincolandoli a loro tramite un legame empatico.
L’alter ego del giocatore, che può essere creato ad inizio partita tramite un editor invero abbastanza scarno, vive nel piccolo villaggio di Hakum, uno degli ultimi a tenere in vita la tradizione dei Rider, e, insieme ai due amici di infanzia Cheval e Lilia, si prepara ad affrontare le prove che lo porteranno a divenire un Rider in piena regola.
A sconvolgere la tranquilla quotidianità del villaggio arriverà un improvviso e violento attacco di un Nargacuga infetto, che si renderà responsabile della morte della madre di Cheval: di qui, il destino dei tre amici si dividerà, con quest’ultimo che giurerà di uccidere tutti i mostri pericolosi e il nostro che, invece, si dimostrerà degno del titolo di Rider.
In seguito, dopo essersi dimostrato capace di badare a se stesso, il protagonista riesce ad ottenere anche il permesso di lasciare il villaggio natio ed esplorare il mondo, alla ricerca di una cura per il Flagello Nero, una misteriosa malattia che sta lentamente corrompendo i mostri di tutto il continente.
A penalizzare la storia dietro al titolo c’è un evidente problema di scollamento tra essa e il gameplay: nella parte introduttiva, invero alquanto lenta, la narrativa sembra prendere il sopravvento, costringendo il giocatore per le prime sei o sette ore di gioco in un’area di gioco ristretta e giustificando la cosa con un espediente narrativo.
Al contrario, all’alba della decina di ore, quando finalmente la mappa si apre del tutto, in coincidenza con l’arrivo nella capitale Gildegaran, la trama rallenta, fin quasi a divenire un orpello abbastanza inutile, lasciando il giocatore libero di affrontare le missioni nell’ordine che preferisce, con un’evidente diluizione dell’arco narrativo.
Di certo, se confrontata con quella degli episodi regolari del franchise, la storia prova timidamente a tratteggiare personaggi e a fornire motivazioni plausibili, ma, presa in sé, finisce con il risultare trita e un po’ infantile, utile più che altro a spingere il giocatore fuori dal villaggio iniziale.
Ladri di uova
Il gameplay dell’ultima fatica Capcom vive di una strana dicotomia che lo rende, allo stesso tempo, simile ai titoli del filone principale eppure completamente differente.
Pescando a piene mani dall’enorme database di mostri, e riproponendo la divisione delle mappe in aree separate da brevi caricamenti, il team di sviluppo ha inteso marcare una linea di continuità con i titoli che lo hanno reso famoso, ma è nel sistema di combattimento e in tutte le dinamiche legate alla costruzione del proprio esercito personale che risiedono le novità più consistenti.
Laddove Monster Hunter si è sempre distinto per battaglia in tempo reale dalla forte componente strategica, Stories adotta un sistema di combattimento a turni molto classico, basato su un triangolo di possibilità sulla falsariga dell’arcinoto gioco forbici-carta-pietra.
Una volta entrato in contatto con uno dei nemici che popolano tanto la mappa di gioco quanto i dungeon casuali che appariranno in diversi momenti delle fasi di esplorazione, il giocatore deve affrontare un combattimento facendo affidamento su quattro tipi di mosse differenti: gli Attacchi Potenza battono gli Attacchi Tecnica, gli Attacchi Tecnica battono gli Attacchi Velocità e questi ultimi battono gli Attacchi Potenza.
In aggiunta, consumando una barra che si ricarica in seguito agli attacchi combinati con il proprio mostro, si potrà accedere ad abilità speciali, che spaziano dal buff del proprio compagno di battaglia all’attacco congiunto, che avviene una volta saliti in groppa alla bestia, con tanto di animazione dedicata.
Al di là del canonico utilizzo di oggetti curativi, il combat system, in nuce, è tutto qui: gli scontri scimmiottano quelli resi famosi dal franchise Pokemon, con tutto ciò che ne consegue in termini di accessibilità ed intuitività.
Il prezzo da pagare, come spesso accade in questi casi, è in termini di profondità dell’esperienza e di ripetitività: tutto ciò di buono che il sistema di combattimento di Monster Hunter Stories porta in dote si palesa al giocatore durante la prima decina di ore, senza alcuna evoluzione durante la seconda metà dell’avventura, completabile in un tempo compreso tra le venti e le trentacinque ore circa a seconda del numero di missioni secondarie in cui si deciderà di imbarcarsi.
Spesso la sensazione è che il ventaglio di opzioni sia un po’ risicato, e che la semplificazione sia stata forse eccessiva, a tutto vantaggio dei neofiti del genere e di quanti non abbiano mai giocato un titolo del franchise.
Dove, invece, Monster Hunter Stories offre il meglio di sé, sfruttando il bisogno compulsivo di “catturarli tutti”, è nella costruzione di un proprio esercito di mostri (con un tetto massimo di duecento esemplari): la cattura avviene trafugando le uova nei nidi delle madri, che, affatto felici della cosa, inseguiranno il giocatore, costringendolo spesso al combattimento.
I nidi dei mostri appaiono casualmente sulla mappa, oppure, gettata una palla pittura su una delle bestie, questa si ritirerà nel suo antro, svelandolo così al giocatore.
Si possono portare in esplorazione fino a sei mostri contemporaneamente, così da sfruttarne le abilità peculiari, come la capacità di nuotare dei Lagiacrus o quella di saltare dei Velocidrome, ed è anche possibile mescolarne i geni, unendo due animali per ottenerne uno più potente: se avete sempre voluto allevare uno Yan Kut Ku che sputa ghiaccio dalle fauci, questo è il titolo che fa per voi.
Peccato, allora, che dedicarsi al farming ed all’allevamento selvaggi, per quanto divertente, abbassi ulteriormente il già risibile livello di difficoltà, parente remoto di quello, decisamente più impegnativo, degli altri titoli a marchio Monster Hunter.
Double face
Come spesso accaduto per le produzioni più recenti viste sulle console della famiglia 3DS, anche per Monster Hunter Stories va fatto un distinguo tra il lato meramente tecnico e quello artistico.
Se il primo convince solo fino ad un certo punto, con evidenti espedienti atti ad alleggerire il carico della CPU (come gli NPC che sfumano fino a divenire indistinte macchie azzurrognole non appena ci si allontana da loro) e caricamenti continui, seppure molto brevi, a spezzare il ritmo di gioco, il secondo è un trionfo di colori e di stile, evidentemente imparentato con tutta la simbologia della serie ma nondimeno incredibilmente unico.
Gli scenari sono abbastanza poveri di dettagli, inferiori a quelli visti nell’ultimo Monster Hunter, ma la fedeltà con cui sono stati rimpiccioliti e rappresentati i mostri dell’enorme bestiario allestito da Capcom negli anni è ammirevole e, nel complesso, su New Nintendo 2DS XL, piattaforma usata per il test, l’esperienza visiva è più che gradevole, nonostante i limiti tecnologici della console ospite comincino davvero a pesare.
A completare la corposa modalità per giocatore singolo ci sono le Battaglie in Rete, che consentono di sfidare i mostri di altri giocatori sia in locale sia online, ma durante i nostri test, con il gioco non ancora ufficialmente sui mercati occidentali, non siamo riusciti a saggiarne la bontà.

Decine di mostri da trovare e fondere tra loro

Accessibile ed immediato…

Missioni secondarie per tutti i gusti

Artisticamente delizioso

Combat system scorrevole ma limitato

…forse anche troppo

7.5

Se con Monster Hunter Stories Capcom cercava di bissare l’abnorme successo di franchise come Pokemon e Yo-kai Watch, la missione può dirsi compiuta solamente a metà, a causa di una combat system immediato ma forse troppo basilare e di una mappa dalle dimensioni abbastanza limitate.

Se, invece, l’obiettivo era quello di fornire una divertente alternativa ai titoli profondi ed impegnativi della serie principale, allora la software house di Osaka ha fatto centro, regalando all’utenza 3DS un titolo fresco, spensierato, nel quale, a patto di voler cercare il mostro perfetto, è possibile investire decine e decine di ore.

Se i titoli in cui collezionare ed allevare mostriciattoli sono il vostro pane quotidiano, l’acquisto dell’ultima fatica Capcom non può che essere consigliato.

Voto Recensione di Monster Hunter Stories, la recensione dello spin-off della famosissima serie Capcom - Recensione


7.5

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