Recensione

Medal of Honor: Pacific Assault

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a cura di Maxduro

Sono certo che molti di voi sono ansiosi di sapere come è l’ultimo nato della serie “Medal of Honor” e sono anche sicuro che molti non aspetteranno certo questa recensione per andare a procurarsi una copia di uno dei titoli certamente più attesi degli ultimi tempi. Dopo l’eccellenza raggiunta da “Allied Assault” e la bellezza dei successivi add-on “Breakthrough” e “Spearhead” è lecito dunque chiedersi se “Medal of Honor Pacific Assault” (MOHPA) sia in grado o meno di intaccare il granitico piedistallo su cui si trova a tutt’oggi MoHAA , piedistallo a mio avviso solo blandamente scalfito anche da Call of Duty.È lecito domandarselo perché su MOHPA sono confluite una serie enorme di aspettative, quasi che il titolo fosse implicitamente destinato a prendere il posto del suo blasonato genitore. Alla prova dei fatti MOHPA si dimostra essere un titolo molto bello, scandito dal ritmo di una tracotante colonna sonora in stile cinematografico, realizzato con una grafica che, anche grazie alle recentissime acquisizioni tecnologiche, tocca a tratti vertici di bellezza e realismo sconcertanti, dotato di una serie di tanti piccoli accorgimenti nel gameplay che ne migliorano e ne amplificano la giocabilità rispetto ai precedenti capitoli…eppure non convince completamente. Intendiamoci, stiamo parlando di un signor gioco, ma agli occhi di un appassionato della serie appare evidente come forse l’eccessiva enfasi narrativa da filmone hollywoodiano, l’estrema linearità e ripetitività di molte missioni lo pongano un gradino più in basso rispetto al suo predecessore.

La storia di un uomo L’incipit di MOHPA è fulminante e senza accorgervene vi ritroverete catapultati direttamente nell’azione. Attraverso una sequenza molto bella di uno sbarco in forze su un isolotto controllato dai giapponesi, verrete scaricati letteralmente sul campo di battaglia circondati da esplosioni, dalle urla dei nemici e dei vostri compagni, dai fischi assordanti delle pallottole e ben presto, inesperti quali siete, verrete abbattuti inesorabilmente. In realtà, scoprirete, si tratta di uno stratagemma che permetterà agli sviluppatori di raccontare la vostra storia e le peripezie che vi hanno condotto in quella situazione utilizzando il meccanismo narrativo del flashback. In questo modo inizierete il gioco vero e proprio e ripercorrerete con Tommy Conlin, vostro alter ego digitale, il percorso che dall’accademia attraverso tre lunghi anni di guerre vi ha condotti a quel tragico istante. La trama di MOHPA si snoda sostanzialmente attraverso tre campagne principali che poi rappresentano le tre più importanti battaglie della campagna militare americana nel Pacifico e cioè, l’atollo di Makin, Guadacanal e Tarawa. Tali località faranno dunque da sfondo alle missioni che dovrete affrontare, missioni che, vi assicuro, vi vedranno impegnati davanti ai vostri schermi per molte ore di gioco.

Giapponesi in vista! L’aspetto grafico di MOHPA è semplicemente sbalorditivo. Il titolo fa uso abbondante di tutte le più recenti innovazioni in termini di qualità grafica, dall’implementazione dei vertex shader 2.0 che conferisce alle superfici riflettenti come l’acqua del mare un realismo strepitoso, alle bellissime animazioni degli uomini e delle loro espressioni facciali; incredibilmente efficaci gli effetti particellari utilizzati senza ritegno per creare frammenti e schegge che piovono attorno a noi nelle sessioni più concitate, per non parlare delle bellissime texture ad alta risoluzione e della splendida modellazione delle armi. Insomma potrei impiegare pagine per dire in definitiva che, da un punto di vista grafico, MOHPA si attesta su livelli stratosferici.Certo non aspettatevi che tutto questo ben di dei scorra fluidamente su macchine non pompatissime. In realtà da una serie di test risulta chiaro che la configurazione minima suggerita non garantisce che si riesca ad affrontare tutte le sessioni di gioco con disinvoltura. Alcune mappe della giungla infatti, anche al livello di dettaglio minimo, sono così claustrofobicamente sature di poligoni da permettervi sì di giocare ma ad un framerate indecentemente basso. Uomo avvisato mezzo salvato si dice dalle mie parti e se volete essere sicuri di giocare fluidamente su tutte le mappe (attenzione non dico al massimo dettaglio e con tutti i filtri attivati!) sinceratevi che la vostra configurazione sia almeno a metà strada tra quella minima e quella consigliata.Infine, da annotare un’ implementazione perfettibile del motore Havok 2.0, il cuore pulsante di MOHPA, in virtù di una serie di dettagli come la gestione dei corpi e degli oggetti solidi, non sempre soddisfacente.

L’arte della guerra A livello di gameplay, come ho accennato nell’introduzione della recensione, MOHPA non sconvolge certo l’approccio al quale i suoi prequel ci avevano abituato. Sarete chiamati ad affrontare una serie di missioni imperlate nel robusto filo narratore della campagna, senza possibilità decisionale alcuna; tanto meno all’interno dell singole mappe la linearità si farà mancare. Difatti vi accorgerete presto che lo sfavillante tripudio di fogliame nella giungla, ad esempio, sembra creato per occultare grandiosamente l’eccessiva linearità di alcuni percorsi. Conseguentemente avrete solo l’impressione di smarrirvi nella fitta selva, smarrimento che, per alcuni dal palato più fine, potrebbe trasformarsi in una asfissiante sensazione di incanalamento.A parte questo gli obiettivi delle molte missioni sono abbastanza vari anche se la maggiorparte del tempo la passerete nella giungla a fare fuoco contro giapponesi infrattati. Con questo non voglio dire che manchino i momenti emozionanti, soprattutto nelle prime fasi di gioco. La cacciata degli “zero” dal cielo di Pearl Harbor o la guida di un caccia da guerra ad esempio rappresentano momenti indimenticabili. Voglio solo sottolineare che nell’economia globale del gioco, questi rappresentano momenti isolati mentre a farla da padrone saranno una lunga serie di scontri a fuoco ben realizzati nella giungla ma non particolarmente entusiasmanti. Vi sono poi una serie di interessanti novità rispetto al passato. Innanzitutto sono stati eliminati i medipack, distribuiti in quantità forse molesta nei precedenti capitoli, sostituiti dalla presenza del medico. Questa unità che vi accompagnerà durante le vostre missioni e combatterà al vostro fianco è in grado di curare voi o i vostri commilitoni in caso di ferimento o dissanguamento. Quando verrete colpiti infatti cadrete bruscamente al suolo e, a questo punto, potrete chiamare il medico il quale, se nei paraggi e non bloccato dal fuoco nemico, si avvicinerà a voi per farvi una bella iniezione di morfina e rimettervi in sesto. Se da una parte questa novità aggiunge in termini di realismo, non sempre dall’altra il medico in questione sarà abbastanza sveglio da correre in vostro soccorso prima che perdiate la coscienza o che un giapponese vi finisca con un colpo in testa; inoltre non aspettatevi nessun tipo di copertura dai vostri uomini quando siete a terra: se cadete, colpiti, nel bel mezzo di uno scontro con i “jap”, dite pure addio alla vostra pellaccia.Un’ulteriore innovazione è rappresentata dai comandi di squadra. Molto attesi dagli appassionati dei capitoli precedenti, i comandi di squadra, richiamabili con la pressione dei tasti direzionali, permettono di gestire in maniera tattica il vostro gruppo ordinando l’avanzamento, la ritirata, fare fuoco e il raggruppamento. L’efficacia di questa new entry tattica è estremamente dibattuta. Alcuni li considerano inutili vista la non sempre brillante IA dei vostri commilitoni, altri invece sostengono che rappresentino addirittura quel “quid”, mancante nei precedenti capitoli, in grado di aggiungere un notevole spessore all’esperienza di gioco. Personalmente li trovo una piacevole aggiunta anche se la loro efficacia è un po’ mappa-dipendente. In alcune fasi di gioco, infatti, sono abbastanza inutili, in altre vi permetteranno di gestire in maniera un po’ più tattica la vostra squadra.Per quanto riguarda infine l’intelligenza artificiale di compagni e avversari Jap siamo di fronte ad una programmazione solida ed efficace, superiore forse a quella presente in MOHAA. I vostri uomini si muovono in maniera credibile, accovacciati da una postazione di copertura alla successiva; reagiscono ai rumori e alla vista dei nemici con una serie di frasi non scriptate che vi indirizzano nella direzione giusta e vi mettono all’erta in caso di pericolo. Sono in grado di ingaggiare autonomamente i nemici e si comportano, in generale, in maniera così verosimile da darvi davvero la percezione di fare parte di un gruppo. Certo non mancano gli scivoloni, e come ho accennato in certe fasi del gioco tendono ad imbambolarsi offrendovi una scarsissima copertura nelle situazioni più critiche. Anche i soldati giapponesi si comportano egregiamente. Si nascondono, non mettono in mostra facilmente parti del corpo per farsi colpire (effetto capolino!), si spostano di continuo, eseguono manovre di accerchiamento e nelle situazioni disperate vi corrono incontro brandendo la baionetta e urlando selvaggiamente…terrificante.

L’eco della battaglia Inutile spendere troppe parole per il comparto sonoro di MOHPA, anche qui ci troviamo di fronte ad una produzione magnifica e dal prepotente sapore cinematografico. Non solo però la colonna sonora del gioco è realizzata magistralmente, anche gli effetti sonori sono encomiabili: le esplosioni, il fischio delle pallottole, il rimbombo dei motori degli “zero” in picchiata, e perfino i rumori ambientali sono curatissimi e posizionati ad arte. Personalmente ho travato le esuberanti colonne sonore anche un po’ invadenti in certi passaggi, ma è un piccolo prezzo da pagare per un’esperienza auditiva decisamente coinvolgente.

– Grafica e sonoro spettacolari

– Eccezionale capacità di coinvolgimento

– Mappe dallo svolgimento un po’ lineare

– IA non sempre all’altezza della situazione

8.3

MOHPA è una esperienza bellica/ludica senza precedenti da molti punti di vista. Una grafica spettacolare ed una colonna sonora cinematografica investono i nostri sensi come un treno in corsa e sono in grado di calarci in un universo pulsante e credibile come mai prima d’ora. Persino la cornice del gioco rappresentata dalle varie schermate di opzioni ci trascina nell’atmosfera di quegli anni grazie alla presenza di canzoni d’epoca e un commentatore radio che sembra uscito direttamente dal film “Good morning Vietnam”.

Accantonando per un attimo però l’assoluto valore audiovisivo del titolo, dal quale a dire il vero si può rimanere facilmente abbacinati, la struttura ludica in se non è in grado a mio avviso di sortire lo stesso effetto, offrendo un’esperienza appagante ma non realmente innovativa. Non me ne vogliano gli appassionati, ma ritengo che il primo MOH resti per coinvolgimento ed originalità ancora insuperato.

Voto Recensione di Medal of Honor: Pacific Assault - Recensione


8.3

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