Recensione

Maximo: Army of Zin

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a cura di Upe

Il prode guerriero del primo episodio, dopo le tristi vicissitudini, è ancora alla ricerca della bella Sophie, scomparsa e mai ritrovata. I masochisti che hanno avuto la costanza di terminare Ghost to Glory, perché di autolesionisti si tratta, sono rimasti a bocca asciutta senza sapere cosa ne fosse stato. Si è parlato non a caso di gente disposta a soffrire, perché il precedente capitolo di Maximo, al dispetto di una particolare cura realizzativa, era fuori di dubbio un gioco tutt’altro che facile. Questo era il maggior difetto, una difficoltà tanto marcata da sfociare nella pura frustrazione. Portarlo a termine senza lasciarsi prendere dallo sconforto era (e per alcuni ancora lo è) praticamente impossibile.

Piccoli ritocchiCi sono dei giochi che non hanno l’assurda pretesa di rivoluzionare un genere, o anche semplicemente un episodio precedente. Beh, Army of Zin è uno di questi. Detto del principale problema che lo aveva afflitto in passato, gli sviluppatori di casa Capcom si sono concentrati soprattutto nel migliorare quanto c’era di sbagliato. Le modifiche riguardano principalmente la formula di gioco, nel tentativo di fronteggiare la fitta schiera di concorrenti che affollano lo specifico settore. Bisogna dire che l’obiettivo è stato centrato in pieno, pur nell’evidenza di qualche concessione sul piano tecnico e alcuni piccoli difetti. Si può dire tutto su questo prodotto: che l’impostazione sa di già visto, che graficamente non sia il massimo e che il sonoro sia limitato a delle semplici musichette. Sì, possiamo dirlo… ma poco importa quando l’intera avventura è ben strutturata e divertente. La rotta seguita dal team di sviluppo ha subito una decisa variazione, puntando speditamente verso il combattimento puro e tralasciando le fasi votate all’esplorazione, nonché inserito piacevoli e non troppo complessi elementi da gioco di ruolo. Infatti, l’interazione con i vari personaggi (principalmente si dovrà salvarli dalle grinfie del mostro di turno), pur non essendo essenziale ai fini ultimi, è comunque interessante. Si possono ricevere sostanziosi bonus o, ancor meglio, precise indicazioni sui successivi passaggi. La dinamica di tutta l’avventura, a parte appunto i brevi contatti con i PNG, è molto più frenetica che in passato e scorre via in maniera fluida, grazie anche e soprattutto ad una curva di difficoltà finalmente ben bilanciata. Anche la strutturazione dei vari livelli ha subito il medesimo trattamento. Ora il design delle locazioni appare meno caotico e decisamente meglio ispirato, anche se potrebbe far storcere la bocca ai “duri” per l’eccessiva linearità.

La Nera SignoraTralasciamo i dettagli della trama, peraltro già esplicitata nell’anteprima, limitandoci a dire che nel gioco avremo come scopo finale quello di trovare e salvare la bella Sophie, caduta non si sa come nelle mani della robotica Armata di Zin. Al nostro fianco La Morte (ehm), ossia la Nera Signora. Oddio, proprio una signora non mi sembra, anche in considerazione del nome che porta: Grim. Fatto sta, come è intuibile, che potremo controllare la “mietitrice di anime”. Il suo utilizzo è condizionato e limitato dall’incremento di un’apposita barra energetica, riempita la quale e mediante la pressione del tasto R1 potremo assumerne le bieche sembianze e diventare temporaneamente invincibili. Naturalmente questa rappresentata non è l’unica possibilità offensiva in nostro possesso. Non dimentichiamoci che controlliamo un prode cavaliere, dotato di spada e scudo. L’arma bianca in dotazione offre una notevole libertà di azione, con combo molto rapide e dirompenti, incrementabili nel corso dell’avventura grazie all’acquisto di abilità suppletive. Lo stesso scudo, ora indistruttibile, può essere oggetto di ritocchi nelle funzionalità. Ma non solo, si potranno reperire nuove e più potenti armi, tecniche e poteri, nonché corredarci di fantasiosi quanto utili boxer. Le mutande del nostro eroe, oltre che a coprire le vergogne, hanno funzionalità ben distinte. Ad esempio per aumentare la resistenza fisica o per aiutarci nella ricerca di tesori nascosti (facendo vibrare il pad). Tornando un passo indietro, relativamente al sistema di controllo, possiamo vedere come il lavoro degli sviluppatori si sia concentrato principalmente sulla giocabilità. Padroneggiare i movimenti del gagliardo Maximo non porterà via più di dieci minuti, tanto è immediata e rapida la risposta dei comandi, nonostante un numero di animazioni e combinazioni tutt’altro che scarso. Questa è di certo la parte meglio riuscita della produzione, laddove purtroppo alcune lacune fanno capolino allorquando ci si trova a gestire le poche azioni platform. Diversamente dal precedente episodio, dove sbagliato un salto si finiva immancabilmente nel baratro, è stato inserita l’opportunità di rimanere appesi al bordo, sfruttando il supporto della spada. Situazione, questa, che però ha le sue belle magagne e, praticamente, solo in rari casi si riesce comunque a scamparla. Tecnicamente, come detto, non ci troviamo di fronte a grosse rivoluzioni. La grafica rimane fumettosa, ben dettagliata e colorata, con un frame rate costante anche in situazioni di calca. Certo sarebbe stata cosa gradita una varietà più ampia di avversari e personaggi secondari, nonché una maggiore attenzione al comparto sonoro, dove si segnalano solamente simpatiche melodie ma nulla di particolarmente evocativo. Un’ultima annotazione la riservo alla longevità, dove venti livelli potrebbero sembrare tanti ma che, in realtà, finiscono fin troppo presto.

– Maximo è un figaccione

– Controlli immediati

– Divertente

– Musiche troppo ripetitive

– Qualche difetto tecnico

– Longevità sotto la media

7.8

Un miglioramento rispetto al primo capitolo, non tanto sotto il profilo tecnico, quanto per la giocabilità. Maximo: Army of Zin, risulta più vario, immediato e meno frustrante del predecessore. Merita di essere giocato dall’inizio alla fine, anche se qualche difetto lo esclude dall’eccellenza e la fine arriva troppo presto!

Voto Recensione di Maximo: Army of Zin - Recensione


7.8

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