Recensione

Manhunt

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a cura di pWi

I videogiochi non possono fare a meno della violenza gratuita? Mi scusino gli amanti dei giochi violenti o chi non sopporta la retorica (anche se cercherò di farne il meno possibile), ma giocando questo nuovo gioco di Rockstar Games il primo pensiero che mi è passato per la mente è stato proprio questo. Non dico di essere uno di quei puritani che non vogliono vedere neanche una goccia di sangue sullo schermo, anzi ho da sempre sostenuto che i videogiochi ricoprono giustamente un ruolo di alienazione dalla realtà che non fa mai male ad un pubblico in età molto giovane. Il punto è invece la violenza gratuita: insomma, quella che non è necessaria, che è messa lì solo per attirare masse di videogiocatori a comprare il gioco solo perché è violento. Purtroppo in Manhunt tutto questo è centrale. Non solo si vedrà molto sangue, ma gran parte di esso è perfettamente inutile: lo si vede solo per il piacere di vederlo. Forse si sta andando veramente oltre quello che è il buon senso. In alcuni momenti il gioco diventa veramente pesante e non solo per l’eccezionale atmosfera che lo caratterizza, ma proprio per le scene spinte a cui saremo chiamati ad assistere. E’ vero, d’altra parte, che un videogioco non può colpire ancora come può farlo, ad esempio, un film, ma bisognerebbe considerare che è destinato ad un fascia di pubblico che comprende anche fruitori molto giovani, cosa che per un film succede in proporzioni sicuramente più a vantaggio del pubblico adulto. Per il resto Manhunt è un’esperienza originale, intensa e tutta da vivere. Il gioco è già stato rilasciato su PlayStation 2 da qualche mese ottenendo un discreto successo di critica. Adesso Rockstar Games ha deciso di riproporlo su PC e X-Box confermando il canovaccio proposto in precedenza. Il successo sarà nuovamente alla portata di mano degli autori della serie di Grand Theft Auto?

Un finto condannato a morte Come avrete certamente capito dal nostro paragrafo introduttivo, Manhunt è pervaso da un’atmosfera fetish di violenza, sangue, uomini uccisi solo per il piacere di farlo e quant’altro possono essere nella mente malata di uno come “il regista”, il vero protagonista nascosto che darà avvio alle vicende narrate nel gioco. A dire il vero la trama di Manhunt è molto spartana, diciamo che è solo un pretesto per vedere tanto, tantissimo sangue. Il personaggio che impersoneremo è James Earl Cash, un’anima in pena solitaria e ingabbiata come non mai. A Cash viene fatto credere di essere condannato a morte, ma ben presto si rende conto che è al centro di una farsa. La condanna a morte è solo finta, è invece il frutto di un espediente per tenerlo in gabbia e costringerlo ad obbedire agli ordini del “regista”. Quest’ultimo, in pratica, è uno squinternato amante dei film horror di serie B nei quali gli omicidi sono veri. Cash, per riottenere la sua libertà, dovrà obbedire in tutto e per tutto al “regista”, il quale non farà altro che portarlo di volta in volta in delle arene delimitate da dei cancelli. Ogni arena è dotata di un consistente numero di telecamere, atte ad inquadrare in ogni momento le gesta di Cash. Il compito di Cash non sarà altro che quello di spappolare il maggior numero di persone che incontra ma, attenzione, qui viene il bello (o il brutto, dipende dai punti di vista): dovrà farlo nel modo più sanguinolento e violento possibile. Come vedremo meglio tra un attimo, infatti, sarà possibile decidere la violenza di ogni attacco anche quando tutto ciò è perfettamente inutile per lo svolgersi del gioco. La perversione del “regista” non finisce certo qui. La gente che dovremo uccidere, in realtà, è anch’essa armata fino al collo. Si tratta di malviventi conosciuti con il nome di “cacciatori”: essi saranno, in pratica, dotati delle medesime armi che avremo noi per rendere il tutto più equilibrato, almeno per la mente malata del “regista”. Beh che dire se non che tutto questo rende l’atmosfera di Manhunt veramente carica, andando certamente a costituire uno degli elementi di maggior impatto e, soprattutto, originali di questa produzione. Pensate che, per simulare l’effetto telecamera, lo schermo è pervaso dai canonici puntini di segnale poco chiaro dei televisori, dando all’immagine un aspetto assolutamente caratteristico. Ma, come vedremo tra un attimo, questo non è l’unico elemento innovativo di Manhunt.

La parola d’ordine è violenza! Manhunt è un gioco di azione a farla da padroni sono certamente i combattimenti con i vari cacciatori, il che lo avvicina molto ad un picchiaduro classico. Tuttavia, l’elemento certamente predominante nel gameplay di Manhunt è quello stealth. Insomma, sarà sempre possibile far fuori gli avversari di turno a colpi di mazza da baseball o di sparachiodi, ma il gioco diverrà sostanzialmente più facile se procederemo in maniera accorta e ponderando bene tutti gli elementi che ci circondano. Se considerate il fatto che Manhunt diventa ben presto impegnativo anche al livello di difficoltà più basso (sono due, fetish e hardcore), capite bene che è assolutamente fondamentale propendere per l’approccio stealth nella maggior parte delle situazioni. Assodato che l’elemento predominante è quello legato allo stealth vediamo quali sono gli elementi che, da questo punto di vista, ci aiutano a procedere nel gioco. Innanzitutto, come in tutti i giochi stealth degni di questo nome, il buio. Cash potrà nascondersi facilmente nell’ombra cercando così di passare inosservato ai cacciatori per poterli cogliere impreparati. Una volta che entreremo in una zona in ombra la sagoma di Cash che appare nell’angolo in basso a destra della schermata di gioco si colorerà di blu. Tutto questo ci aiuterà a capire se i cacciatori potranno vederci o meno. In realtà le zone d’ombra sono una sorta di porto franco. Infatti, i cacciatori, per rendersi conto della nostra posizione, dovranno passarci veramente molto vicino, praticamente salirci addosso. Una volta che siamo al buio nessuno ci vedrà e potremo agire assolutamente indisturbati. Un altro elemento fondamentale è l’attacco alle spalle. Se riusciamo a non farci vedere né sentire dai cacciatori, potremo attaccarli da dietro. Per far questo dovremo procedere in maniera accorta alle loro spalle e nel momento in cui delle frecce ci indicheranno che l’attacco è possibile, potremo agire con il tasto di azione speciale. E’ in questo frangente che la massima violenza di Manhunt si sprigiona. Diciamo innanzitutto che l’attacco è possibile attraverso vari tipi di arma, si va da mazze da baseball a coltelli, da sparachiodi a sacchetti di plastica, da cavi elettrici a spranghe e così via. Alcune di queste armi potremmo definirle “usa e getta”, altre permanenti. In pratica, il sacchetto di plastica potremo utilizzarlo una sola volta, altre armi come le mazze saranno permanenti. A seconda, inoltre, dell’arma utilizzata l’attacco di soppiatto sarà diverso. Se ci avviciniamo con un sacchetto o con un cavo Cash strangolerà il nemico di turno, se ci avviciniamo con una mazza lo prenderà a mazzate, se ci avviciniamo con un coltello lo infilzerà impunemente. Dicevo che in questo frangente viene massimizzata la violenza di Manhunt e vi spiego il perché. In pratica, le frecce che indicano che l’attacco è possibile possono essere di quattro colori. Se sono verdi vuol dire che l’avversario è troppo distante e quindi che non possiamo ancora attaccarlo. Gli altri colori invece ci indicano la violenza con la quale stiamo attaccando. Sostanzialmente, più a lungo teniamo premuto il tasto di azione speciale più il nostro attacco sarà violento. Le frecce, man mano che teniamo premuto diventano via via bianche, gialle e rosse con conseguente innalzamento della violenza di attacco. Quando sono bianche il nostro attacco si limiterà ad una veloce mazzata al cranio, quando invece sono rosse il nostro Cash stordirà dapprima l’avversario per poi dare un colpo letale al cranio e ridurlo in mille pezzi. Durante queste scene la telecamera si sposterà dalle spalle di Cash ad una ripresa cinematografica, mostrandoci sostanzialmente ciò che apparirà nel film del “regista”. Capite bene che tutto questo è assolutamente al di fuori di quello che è il gameplay di Manhunt, ma che è lì solo per dare al gioco quella violenza gratuita di cui tanto abbiamo parlato fin ora. Ritornando agli elementi stealth dobbiamo considerare anche il livello di silenziosità. Non fare rumore, infatti, è fondamentale come al solito. Calpestando alcuni tipi di superfici o, più semplicemente, correndo mostreremo infatti la nostra posizione a chi desidera solamente fare esplodere il nostro cranio. Per evitare di fare rumore ci sarà data la possibilità di procedere accortamente, cosa fattibile tramite un apposito tasto. Altra cosa da considerare, da questo punto di vista, è la presenza del radar che ci mostra di volta in volta la posizione esatta dei nemici. Questi appaiono tramite delle frecce con la punta rivolta dove è rivolto lo sguardo del cacciatore di turno. Se la freccia è di colore giallo, il cacciatore non è allertato e quindi non ci sta vedendo, se è arancione ha un dubbio su cosa gli sta succedendo intorno, se è rossa ci sta inseguendo con il massimo dell’odio in corpo. In questo modo, anche se realmente non vediamo la posizione dei nostri avversari, potremo costantemente seguire i loro movimenti e pianificare con calma la nostra strategia di attacco. Come vedete tutto questo non è altro che una semplificazione al classico gameplay da gioco stealth e, se sommato anche a quanto detto prima in merito alle zone d’ombra, ci porta alla considerazione che gli elementi stealth sono comunque accennati e, soprattutto, non possono assolutamente essere confrontati con la profondità di quelli di altri mostri sacri del genere (e con questo sto pensando ai vari Splinter Cell, Metal Gear Solid, Thief, Deus Ex e così via). Insomma, quello che è pur sempre l’elemento principale di questa produzione è realizzato in maniera approssimativa e questo dovrebbe già essere un campanello d’allarme.Una volta fallito l’attacco di soppiatto dovremo affidare la nostra sorte all’attacco faccia a faccia. Se uno dei cacciatori ci vede, infatti, correrà a gambe levate verso la nostra posizione intento a massacrare il nostro cervello. In questi frangenti Manhunt si trasformerà in un classico picchiaduro. Durante i combattimenti potremo attaccare con il tasto di azione principale o con quello di azione speciale. Nel primo caso i nostri attacchi saranno molto veloci ma poco potenti, nel secondo molto più potenti e meno veloci. Nei combattimenti bisognerà prestare soprattutto attenzione ai movimenti del nemico di turno. Questo infatti sarà molto veloce e saprà cogliere con furbizia i momenti giusti nei quali attaccare. La strategia che abbiamo trovato vincente è quella di difenderci nel momento di maggior sfogo dell’avversario di turno, per poi attaccare con calma, quando questi è in ripiego, con il tasto di azione speciale. Insomma, i combattimenti ci sono parsi molto divertenti soprattutto per l’immediatezza del sistema di controllo. Parare i colpi dei nemici, infatti, è molto immediato in quanto si realizza semplicemente stando fermi e procedendo all’indietro, cosa che rende comunque molto frenetico questo aspetto del gioco. Per quanto riguarda gli elementi dell’interfaccia non abbiamo ancora parlato delle barre relative alla nostra salute e al livello residuo di energia. Per quanto riguarda la salute non abbiamo niente da aggiungere se non che è possibile rimpinguarla tramite gli immancabili antidolorifici, che sanno tanto di Max Payne. Il livello di energia ci indica, invece, la nostra stanchezza. Si esaurirà se effettueremo movimenti veloci o se correremo. Questo è molto più importante di quanto possa sembrare inizialmente perché, in alcune situazioni, è più conveniente scappare a gambe levate dai mostri che ci hanno visto invece che affrontare un combattimento diretto. Una volta scappati e usciti dall’angolo di visuale dei nemici, questi ultimi considereranno il pericolo scampato e faranno finta che non è successo niente, quindi potremo reimpostare la nostra strategia di attacco. Prima abbiamo parlato di armi, vediamo adesso in quali tipologie sono distribuite. Sostanzialmente ogni arma si colloca, all’interno del nostro inventario, in uno spazio. Ognuno di questi spazi è contraddistinto da un colore, inoltre non potremo portare con noi più armi dello stesso colore. Ad esempio il colore verde è riservato alle armi ultra leggere, come il pugno o il cavo (che Cash avvolgerà intorno alla mano per renderla più letale), il colore giallo ad oggetti che possiamo usare per cogliere l’attenzione dei cacciatori (come mattoni o bottiglie), il colore blu alle armi a lunga gittata o ai coltelli, quello rosso alle armi molto pesanti come mazze da baseball o spranghe. Insomma, dal punto di vista delle armi abbiamo senza ogni dubbio una bella varietà, solo che questa varietà non si traduce sempre in sostanziali modifiche al gameplay. Uno dei difetti più consistenti di Manhunt, infatti, è la ripetitività in cui si cade dopo qualche ora di gioco. Gli elementi per far fuori gli avversari sono sempre gli stessi, e cioè legati all’attacco stealth o a quello in stile picchiaduro, le ambientazioni assolutamente ripetitive, lo stile di gioco sempre il medesimo. L’unica differenziazione è legata alle armi a lunga gittata come, ad esempio, lo sparachiodi o il fucile a pompa, le quali ci permettono un’impostazione leggermente differente nella strategia di attacco. Tuttavia, queste rivestono comunque un’importanza secondaria nel contesto di gioco, soprattutto per lo scarso numero di proiettili che troveremo. Ultimo discorso lo facciamo in merito alle ambientazioni. Come abbiamo detto queste sono molto ripetitive ma, d’altra parte, sono estremamente originali e sanno calarci bene nell’atmosfera dark del gioco. La maggior parte delle volte dovremo giocare in ampi piazzali ricoperti da immondizia di ogni tipo, mentre saremo circondati solamente dalle tenebre. Se a questo aggiungete le urla rauche dei cacciatori, la paura che suscita un loro attacco a sorpresa, i cervelli sconquassati che saranno protagonisti del nostro cammino, vi renderete conto che l’effetto horror è garantito e i sobbalzi sulla sedia anche. Giocare Manhunt al buio e di notte, insomma, è un’esperienza irripetibile.

La grafica di una conversione Come abbiamo detto in precedenza, la versione PC di Manhunt è il frutto della conversione dalla versione PlayStation 2 e, con questo, vogliamo dire che non c’è assolutamente nulla di più che non si vedesse già nella precedente versione del gioco. Questo rende la grafica in alcuni punti assolutamente ridicola, anche se si riscatta comunque in altri. Siamo rimasti delusi nel vedere accatastamenti di immondizia ricostruiti solamente tramite insignificanti enormi cubi, capisco che bisognava risparmiare poligoni ma così mi sembra veramente troppo. Ovviamente neanche le texture e gli effetti grafici quali esplosioni o illuminazioni sono allo stato dell’arte. Quello che invece ci ha convinto e che ci ha portato a dare comunque un voto alto a questo aspetto del gioco è l’estrema fluidità con cui si muove il tutto e la capacità del motore grafico di gestire ampi spazi aperti. Il motore di Manhunt, insomma, somiglia molto a quello già visto in GTA: Vice City e forse questo giustifica l’abbondanza di spazi aperti. Anche le animazioni ci hanno fatto ricordare l’ultimo gioco della serie Grand Theft Auto, queste sono infatti veramente molto fluide, realistiche e attinenti con l’atmosfera che ci circonda. Ovviamente dobbiamo anche sottolineare l’effetto sgranamento da telecamera che abbiamo citato in precedenza, il quale dà un qualcosa di assolutamente caratteristico a Manhunt. Nelle sequenze che mostrano i nostri omicidi, l’effetto sgranamento, le ottime animazioni e comunque un sufficiente dettaglio grafico portano quasi a scambiare quell’immagine con un qualcosa di precalcolato e assolutamente non in tempo reale. Passando all’aspetto sonoro, anche qui siamo rimasti soddisfatti. Ottimi gli effetti sonori di spari, delle urla dei cacciatori, dei crani distrutti a colpi di mazzate. Buone anche le musiche che fanno da sottofondo, le quali contribuiscono a rendere dark l’atmosfera di Manhunt. Concludiamo la nostra recensione dicendo che, in Italia, il gioco è commercializzato con il parlato in inglese e con i soli sottotitoli nel nostro idioma. Il tutto resta comunque ampiamente fruibile anche per la scarsa consistenza della trama.

– Immediato e, talvolta, esaltante

– Originale in alcuni aspetti

– Adatto a chi ama particolarmente i giochi violenti

– A lungo andare monotono

– Elementi stealth approssimativi rispetto ai mostri sacri del genere

7.5

Manhunt è senza dubbio un gioco immediato ed esaltante in quei momenti in cui si riesce a far fuori consecutivamente diversi cacciatori senza farsi scoprire. Inoltre, è parecchio originale per molti aspetti del gameplay, per l’atmosfera di gioco, per l’effetto sgranamento che contraddistingue l’immagine. Giochi così su PC se ne vedono, purtroppo, sempre meno per cui tutto questo va sufficientemente premiato. Gli elementi negativi sono, però, legati soprattutto all’estrema ripetitività del gameplay, il quale oltre a combattimenti furiosi e a strategie stealth sempre uguali fra loro non sa assolutamente andare. Insomma, Manhunt è noioso già dopo qualche ora di gioco. A questo aggiungiamo che gli elementi stealth, che comunque costituiscono l’elemento portante di questa produzione, sono assolutamente stilizzati rispetto alla profondità che si riscontra nei mostri sacri del genere. Per tutti questi elementi ci sentiamo di consigliare questo nuovo gioco della Rockstar Games a chi ama i giochi violenti ed immediati. Questa tipologia di gioco è talmente rara su PC che un acquisto come Manhunt, da questo punto di vista, è quasi obbligatorio. Se, invece, vi aspettate profondità dal punto di vista stealth o vi spaventate dell’eccessiva monotonia di gioco rivolgete pure i vostri sguardi altrove.

Voto Recensione di Manhunt - Recensione


7.5

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