Per molti stiamo vivendo il periodo buio dell’animazione giapponese; il tutto perché più in generale la crisi economica ha costretto le case di produzione in un loop che tende a frenare ogni tipo di investimento avventato. Così ci ritroviamo costantemente di fronte ad anime tratti da manga o light novel già di grande successo, pronti quindi a capitalizzare su quella che è una vittoria sicura. D’altro canto poi c’è l’estrema serializzazione dei prodotti più in voga, tanto da andare a stremare il lato narrativo per cercare di tirare fuori il più possibile da un brand. Per queste ragioni il mercato sta avvizzendo, con sempre meno acquirenti per l’home video, meno investimenti da parte delle major e sempre più anime “sicuri” sugli schermi. Non è più il periodo dell’animazione sperimentale fatta giusto per provare nuove tecnologie, come successe al tempo con Gainax che tirò fuori dal nulla FLCL (che tra l’altro incredibilmente tornerà nel 2018 con ben due film). Ma sempre orbitando attorno allo studio diventato famoso per lo più grazie alle opere di Hideaki Anno, qualche ex membro sta comunque cercando di non restare con le mani in mano e tirar fuori qualcosa dal cilindro.
Addio Gainax
È il 2013 e un piccolo team appena creato da ex membri di spicco che in Gainax avevano lavorato Sfondamento dei cieli Gurren Lagann e al meno famoso, ma più spinto in tutti i Panty & Stocking with Garterbelt, sciocca il mondo con il primo episodio di quella che sarebbe diventata la serie animata rivelazione: Kill la Kill. Caratterizzata da un’azione incessante che riempiva lo schermo in ogni fotogramma possibile e non lasciava allo spettatore la benché minima possibilità di respirare tra una scena e l’altra, il primo genito di Studio Trigger è riuscito sin da subito a settare nuovi standard per tutta l’animazione che sarebbe stata disegnata da lì in avanti, specialmente nella scena del genere d’azione. Nonostante l’apprezzamento eccezionale da parte di addetti ai lavori e appassionati, le storie di Ryuko e Senketsu non sono riuscite a fare breccia nel cuore di quel grande pubblico che avrebbe dovuto supportare a dovere l’opera fino alla fine. Forse per il tipo di disegno più semplicistico oppure per l’utilizzo di animazioni particolarmente fuori dal comune sia per quanto riguarda lo stile che per la tecnica, la disfatta con cui si è concluso il progetto Kill la Kill ha fatto sì che Studio Trigger rivedesse la propria situazione e il proprio impegno nell’animazione giapponese. Da qui nasce la volontà di muoversi all’interno dei festival e cercare di fare innovazione restando indipendenti: il primo passo è stato preso con il primo cortometraggio dedicato a Little Witch Academia, un progetto che nasce da un soggetto completamente nuovo e interamente sviluppato internamente da studio Trigger. Subissati dai commenti degli appassionati d’oltre oceano che hanno accolto il cortometraggio pubblicato su YouTube, lo studio ha iniziato ad interessarsi a Kickstarter e con una campagna di grande successo è stato possibile finanziare una seconda iterazione di Little Witch Academia, questa volta di medio metraggio e con il sottotitolo The Enchanted Parade. Abbracciata la distribuzione mondiale tramite Netflix e l’interesse ormai crescente nei confronti dello studio, il 2017 è stato scelto come l’anno per il debutto della serie televisiva da 26 episodi dedicata alle streghette.
Il potere della magia
La serie tv ricomincia da capo la storia, cercando di raccontare più lentamente tutte le vicissitudini della protagonista Atsuko Kagari, detta Akko, ma anche delle sue due strambe compagne di stanza Lotte Yanson e Sucy Manbavaran. Akko è una ragazza semplice, nata e cresciuta nel Giappone che noi tutti conosciamo, che a dodici anni si innamora della magia e non farà altro nella sua vita se non anelare a diventare come Shiny Chariot, strega diventata famosa nel mondo per i suoi spettacoli. Una volta arrivata alla scuola per streghe purtroppo Akko si scontra contro un’istituzione fatta di persone che vivono la magia da generazioni, e si ritrova ben preso a vivere ai margini di questa società. Ad ogni modo le vicende che si susseguono nei primi tredici episodi attualmente disponibili cercano di stigmatizzare quanto il mondo della magia stia vivendo un momento nero, dome le streghe non sono in grado di usare la magia se non esclusivamente in prossimità della pietra che sovrasta la scuola, e la dirigenza dell’istituto sembra sempre fin troppo conservativa e inefficace a combattere la problematica. Sembra quasi che Studio Trigger voglia quasi creare un parallelismo con lo stato attuale dell’animazione sopra descritto, dove servirebbe l’ingresso di una Akko a smuovere la situazione. Atsuko è testarda, incosciente e determinata a diventare la migliore strega, nonostante tutti i suoi sforzi non la porti mai avanti nel cercare di raggiungere il suo obiettivo. Ciò che la fa avanzare è l’ignoranza con cui si pone di fronte alle problematiche e le soluzioni alternative che adotta per raggiungere un risultato inaspettato. Nonostante tutto però, al posto di distribuire la serie completa nei sui ventisei episodi, è stato scelto di spezzarla in due stagioni, facendo sì che al tredicesimo episodio non si concluda pressoché nulla e tutto resti in attesa degli altrettanti episodi che porteranno delle risposte.
Non è solo animazione
Dal punto di vista tecnico Little Witch Accademia rappresenta un netto passo in dietro rispetto a Kill la Kill, nonostate si tratti della prima e vera serie dalla mira internazionale dopo l’opera del 2013. Lo stile è indubbiamente riconoscibile, con scene che si compongono di innumerevoli inquadrature che non restano a schermo se non per pochi attimi: è evidente che ci sia stato un lavoro per rendere il tutto più veloce e d’impatto, ma manca quell’energia nella vera e propria animazione. Ci sono alcuni elementi che cercano di strizzare l’occhio a quel tipo di animazione innovativa, con disegni che ruotano o vengono scalati, ma in generale la sensazione è che non si sia voluti andare troppo in là, facendo sì che un anime con una storia dalla trama orizzontale tutto sommato banale non riesca ad impressionare una volta finiti i titoli di coda. La trama verticale prova a mettere una pezza, con episodi che ricordano il concept con cui sono stati creati gli originali due Little Witch Accademia, con tanti personaggi esterni che tratteggiano un mondo delle streghe che poi tutto sommano non è così lontano dai problemi della realtà.
Un anime tratto da una storia originale
Stile d’animazione non convenzionale
Personaggi e situazioni approfonditi
Trama orizzontale che non parte e resta banale
Manca quel guizzo in più sul lato tecnico
Manca tutta la seconda parte
Nonostante non si possa che dare fiducia incondizionata a Studio Trigger, forse in questo caso è meglio aspettare l’arrivo di tutta l’opera per poterne godere appieno, senza restare sospesi a metà. Purtroppo però c’è anche da tenere da conto che pur trattandosi di qualcosa che va oltre alle convenzioni e sorpassa tranquillamente buona parte dell’animazione fatta con lo stampino che inizia a dilagare sulle televisioni nipponiche, non siamo di fronte a quel Kill la Kill che ha scossi gli animi. E forse passerà di nuovo parecchio tempo prima di provare di nuovo quella sensazione.