Premessa del redattore: “Prima di tutto vorrei sentitamente scusarmi per il ritardo con cui pubblichiamo questa recensione. Life is Strange è un gioco relativamente breve, ma i suoi episodi sono sempre usciti in periodi “caldi” dell’anno che mi hanno impedito di dedicargli il tempo che meritava. Allo stesso tempo, devo confessare di avere rimandato l’impegno perché non mi sentivo dell’umore adatto per affrontare un gioco come questo. Da un punto di vista professionale, questa è una mia grave mancanza. Da un punto di vista umano, sono convinto di avere fatto la cosa giusta, attendendo il “mio” momento perfetto per giocare gli ultimi episodi. Come avvenuto con i primi due episodi, anche i restanti tre avranno una recensione dedicata: entro la fine di questa settimana pubblicheremo le recensioni di tutti gli episodi, al ritmo di una al giorno. Buona lettura”.
Le avevamo lasciate lì, di fronte a un tramonto, a un’inaspettata eclissi di sole. Il rapporto di Max e Chloe ha ormai iniziato a prendere forma, e le due giovani donne – un tempo inseparabili – stanno riscoprendo un’amicizia interrotta fatta di piccoli e grandi gesti, di follie e razionalità. Al momento non ci è chiaro se Max stia diventando un po’ come Chloe, o se Chloe stia iniziando a ragionare come Max, ma le due compagne di avventura sembrano iniziare a fondersi l’una nell’altra.
Ancora una volta, ci ritroviamo a lodare il lavoro svolto dagli sceneggiatori di Life is Strange, che con il terzo capitolo – Chaos Theory – sono riusciti a compiere qualcosa di funambolico. I Dontnod, infatti, non hanno soltanto sviluppato il secondo episodio come una storia a sé stante, ma sono riusciti a mostrare la forza del loro progetto completo. Chaos Theory, infatti, mette a nudo la struttura del gioco, che è stato realizzato con la tipica sceneggiatura in tre atti di scuola cinematografica. Questo terzo dei cinque episodi, come intuibile, include buona parte del secondo atto della sceneggiatura, e culmina con quello che viene comunemente detto “secondo punto di culminazione”, un momento nella storia in cui il conflitto del protagonista sembra risolversi ma che, in realtà, termina con la costruzione di un conflitto ancora più grande e getta l’eroe e lo spettatore nello sconforto. Poiché Life is Strange è un prodotto episodico, tale climax giunge in contemporanea al cliffhanger che conclude Chaos Theory e che ci dimostra quanto questo gioco sia stato costruito per tenere il giocatore con il fiato sospeso in continuazione. Così, possiamo finalmente distinguere le due anime della sceneggiatura di Life is Strange: una interna a ciascun episodio, ben scritta e con la capacità di seguire atti ben distinti, e una macroscopica, capace di mostrarci le bozze di un disegno più grande, i primi segni di una storia che è finalmente giunta a un punto di non ritorno.
Le decisioni prese dal giocatore hanno una reale ripercussione sullo svolgimento della storia, sebbene in questo capitolo vi siano dei punti inevitabili e dei puzzle “pilotati” che, almeno in parte, rendono meno affascinante il senso di libertà che il gioco si sarebbe potuto concedere. Senza entrare nel dettaglio della trama, vi sono sequenze che vi porteranno verso nodi gordiani della storia a prescindere dalle vostre scelte, e non vi sono questioni di vita o di morte come avvenuto nel finale del secondo episodio. Allo stesso tempo, abbiamo trovato poco ispirata la sequenza all’interno del bar, in cui il puzzle poteva essere risolto in un unico modo, attraverso una serie di dialoghi e di riavvolgimenti del tempo.
In secondo luogo, se il secondo episodio ci metteva di fronte ai limiti del potere di Max, questa volta tale limite sembra essere scomparso. Max continua a preoccuparsi del fatto di avere scoperto i confini del proprio potere, ma in tutto lo svolgimento della vicenda non vi è un solo momento in cui questo limite emerga per impedire a Max di abusare delle proprie capacità.
Abbiamo invece apprezzato un accenno a una meccanica stealth che, per quanto abbozzata, è servita per creare tensione dopo un momento estremamente rilassato, in cui abbiamo appoggiato il pad su di un cuscino per goderci uno splendido momento tra le due amiche.
E poi, come un fulmine a ciel sereno, ecco giungere in maniera del tutto inattesa l’arrivo di una nuova meccanica di gioco. Un nuovo potere di Max, se vogliamo, capace di sconvolgere per sempre le vite delle due protagoniste. Tutto quello in cui credevamo viene sgretolato da un semplice gesto, da un mazzo di chiavi nascosto, e le cose si innescano come nella teoria del caos che dà il titolo a questo terzo episodio. Il cliffhanger finale ci precipita addosso come un macigno, e noi restiamo di fronte allo schermo imbelli, con la sensazione di avere compromesso la vita di tante persone e con un dubbio amletico destinato a farci riflettere per settimane.
In sintesi, questo terzo capitolo di Life is Strange ci guida per mano verso un momento che sembra destinato a cambiare lo svolgimento delle ultime due parti del gioco. Il colpo di coda finale ci porta inevitabilmente a pensare, ma non ci pone di fronte ai dubbi del secondo episodio, poiché la conclusione è inevitabile ai fini della sceneggiatura. Così, i Dontnod hanno sacrificato un po’ della nostra libertà per porci di fronte a un dilemma da lasciarci con la bocca spalancata e con una voglia irrefrenabile di continuare questa avventura. Un prezzo da pagare tutto sommato accettabile, considerando la forza di questa serie.
– La sceneggiatura prende forma, ed è straordinaria
– Cliffhanger finale da lasciare a bocca aperta
– Accenni di nuove meccaniche
– Per certi versi, meno libertà nelle scelte
– Stessi screzi tecnici del secondo episodio
Chaos Theory, il terzo episodio di Life is Strange, si svolge in una maniera relativamente “tranquilla” se paragonata a crocevia di eventi ed emozioni dei primi due episodi. Incentrato quasi esclusivamente sulle figure di Max e Chloe, questo episodio sembra lasciare in disparte le situazioni potenzialmente mortali del secondo episodio per rafforzare il rapporto tra le due amiche, per poi culminare in maniera del tutto inaspettata in un finale di quelli da fare venire i brividi e suscitare in noi tante emozioni contrastanti. La forza della sceneggiatura emerge qui in maniera preponderante, e ci dimostra quanto il lavoro dei Dontnod sia meritevole di attenzione. Se ancora non fosse chiaro, Life is Strange si sta affermando come una delle avventure grafiche migliori degli ultimi anni, e questo terzo episodio – per quanto “di transizione” – ne è la consacrazione.