Recensione

Lego Star Wars III: The Clone Wars

Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Dopo averci deliziato sin dalla più tenera età, i mattoncini Lego sono diventati negli ultimi anni partner di gioco anche a livello videoludico, con tutta una serie di titoli che hanno parodiato, di volta in volta, alcuni mostri sacri dell’immaginario collettivo, dall’uomo pipistrello a Indiana Jones, strappando più di un sorriso e dando vita ad un franchise che ha fatto registrare dati di vendita di rilievo un po’ su tutte le console, dai piccoli due schermi di Nintendo DS fino alle console next gen, che proprio in questi giorni hanno goduto di Lego Star Wars III The Clone Wars, titolo dedicato alla serie animata tratta dall’universo di Guerre Stellari. In questa sede analizzeremo la declinazione dedicata a PlaystationPortable.

La guerra dei cloni in absentiaDopo un filmato introduttivo abbastanza generico, saremo catapultati senza troppi fronzoli nell’hub centrale del gioco, la nostra base operativa in cui potremo, tra le altre cose, effettuare acquisti e scegliere la missione da affrontare: avremmo gradito un acclimatamento più graduale all’interno del mondo di gioco, invece quel poco di trama che sorregge gli eventi si dipanerà solamente nel corso delle missioni, lasciando alla potenza evocativa dei personaggi e delle ambientazioni il compito di far sentire il giocatore nel bel mezzo della guerra dei Cloni. Non c’è nulla che non abbiamo già visto in una delle precedenti iterazioni Lego e quindi non ci sono sorprese nell’affrontare dei livelli ricolmi di nemici in stile mattoncino, deliziosamente riadattati e deformati, che difficilmente non susciteranno ilarità. Le cut scene che accompagneranno il progredire dell’avventura, rigorosamente mute, si riveleranno azzeccatissime, e trasuderanno il tipico humour che tutti i titoli dedicati ai mattoncini danesi hanno da sempre offerto: la gestualità della versione digitale di Yoda, il sorriso risaputo di Han Solo e le smorfie degli improbabili droni dell’Impero reggono da sole la baracca, dove, come detto, la narrazione lascia dei notevoli buchi. Questo ai fan dovrebbe bastare.

Action che più action non si puòLe meccaniche di gioco, immediatamente riconoscibili da chi abbia già fruito di uno qualsiasi dei titoli Lego pubblicati negli anni scorsi, pongono il prodotto sviluppato da Activision nella categoria ibrida del platform con sfumature puzzle e adventure: il tempo di gioco sarà equamente diviso tra sparatorie (o colpi di spada laser), salti tra piattaforme (mai troppo impegnativi, a dire il vero), piccoli enigmi contestuali, per lo più legati all’uso della forza o del personaggio adatto tra i tre che avremo a disposizione, e battaglie con i boss di turno. Tutta l’avventura gioca sull’alternanza tra i nostri alter ego, che varieranno innumerevoli volte nel corso dei livelli, permettendoci sulla carta di affrontare ogni frangente in modo del tutto personale, optando di volta in volta tra un approccio basato sulla forza bruta a scapito dell’agilità, piuttosto che sulla rapidità di esecuzione, perdendo in potenza di fuoco. I più attenti tra voi avranno notato l’espressione “sulla carta”. Purtroppo, infatti, questa possibilità rimane “in nuce”, senza trasporsi, nei fatti, in una reale varietà dell’azione di gioco. La scelta di condurre un personaggio invece che un altro è spesso del tutto ininfluente ai fini della buona riuscita delle nostre azioni – visto anche il livello di difficoltà decisamente tarato verso il basso – e, cosa ancora più grave, sarà quasi sempre “pilotata” dal gioco, che suggerirà, facendo lampeggiare l’icona corrispondente al personaggio necessario per poter proseguire, la nostra prossima mossa. La sensazione, dopo pochi livelli, è di essere uno dei cani di Pavlov, portato a cambiare il nostro alter ego quando la CPU ci impone di farlo, pena il mancato superamento di situazioni come baratri da oltrepassare, interruttori da raggiungere e nemici da far saltare in aria.I primi titoli Lego erano caratterizzati da un livello di difficoltà nella media e da una comicità che sembrava indirizzata più ad un pubblico di giovani adulti che non agli adolescenti: di episodio in episodio, precisamente da Lego Harry Potter in poi, probabilmente a causa di una precisa scelta di marketing invece, si è assistito ad una virata decisa verso una difficoltà ai minimi storici che, se da un lato farà proseliti tra i neofiti e i fan più giovani della serie animata, dall’altro frustrerà chi è cresciuto a pane e platform. L’esperienza di gioco è in generale appesantita da un eccessivo riciclo di situazioni e stilemi, che hanno perso di freschezza di capitolo in capitolo, risultando oggi stantie e poco entusiasmanti.Ci si trascina così dal principio di un livello alla sua fine, tra nemici che provano a compensare con la superiorità numerica quello che perdono in intelligenza artificiale, aspettando il momento del prossimo siparietto comico.

Compitino tecnicoLamentarsi di un comparto tecnico ordinato e pulito potrebbe sembrare ai fan un esercizio di eccessiva severità in fase di giudizio: eppure la realizzazione tecnica, così ben riuscita sulle console da salotto, lascia abbastanza indifferenti sullo schermo 16:9 di PSP, a parte i filmati, ben realizzati e sempre spiritosi. Il motivo di questa bocciatura, che comunque non è senza appello, va ricercato innanzitutto in un level design piatto e poco ispirato, non solo nella costruzione stessa dei livelli, ma anche nelle strutture poligonali, raramente convincenti e spesso anonime e ripetitive all’interno dello stesso stage, visto che invece la varietà di missione in missione risulterà soddisfacente. Nei momenti di maggiore affollamento poi, il frame rate balbetta e si fatica a capirne il perché, dato che l’handheld Sony, giunta al crepuscolo della sua vita videoludica, sta sparando le ultime cartucce, sfoggiando titoli di grande impatto visivo come The 3rd Birthday o Dissidia Duodecim: Final Fantasy.La qualità delle texture a schermo e la scarsa complessità delle costruzioni tridimensionali non giustificano questi rallentamenti, sebbene crediamo che i fan più accaniti dell’universo creato da George Lucas sapranno soprassedere su queste pecche.La piattezza del design dei livelli e la sconcertante facilità dei livelli tolgono poi peso specifico alla longevità del titolo, che risulta insufficiente soprattutto tenendo conto che il titolo è venduto a prezzo pieno, contrariamente ad altri titoli dedicati ad un target molto giovane.

– Guerre Stellari è pur sempre Guerre Stellari

– Umorismo imperante

– Narrazione deboluccia

– Eccessivo riciclo di situazioni e meccaniche

– Design dei livelli privo di ispirazione

– Davvero troppo facile

6.1

Come anche in altre delle uscite più recenti, la serie Lego si accontenta su PSP di svolgere un modesto compitino, adagiandosi su meccaniche di gioco eccessivamente risapute e prive di un qualsiasi spunto di originalità.

Questo, in aggiunta alla decisione di abbassare drammaticamente il livello di difficoltà a vantaggio di un’utenza più casual, restringe molto il campo di quanti potrebbero apprezzare l’ultima fatica pubblicata da Activision.

A meno di non accontentarsi di piacere solo ai giovanissimi, questa saga necessita di un corposo rinnovamento negli aspetti cardine della moderna offerta videoludica, dal level design alla varietà delle situazioni proposte, per poter regalare al pubblico più del minimo sindacale rappresentato da questo Lego Star Wars III The Clone Wars.

Voto Recensione di Lego Star Wars III: The Clone Wars - Recensione


6.1

Leggi altri articoli