Le visual novel sono un genere strano. In sé, la spiegazione si ricava dalla traduzione letterale: romanzi visivi, in cui immergersi in una storia e influenzarne lo scorrere tramite scelte in alcuni suoi momenti precisi. Genere nato e cresciuto in Giappone, ha eletto fin da subito il PC come il suo terreno prediletto. Tuttavia vi sono stati momenti (specie in era PlayStation 2) in cui anche le console hanno fatto la loro parte.
In ogni caso, raramente sono usciti dai confini natali. È infatti un genere abbastanza chiuso, “estremo” nel suo ancorarsi ad un’impostazione di gioco quasi esclusivamente narrativa e dalla grafica volutamente essenziale, a immagini fisse. Quella di oggi è proprio una di queste occasioni: Collar X Malice è una visual novel dura e pura, dove l’alta qualità si scontra con tutti i limiti del genere cui appartiene.
Il collare della gatta
Ci troviamo in un futuro poco lontano. Il Giappone è sotto scacco da parte di un’organizzazione terroristica chiamata Adonis. Dopo truculenti attentati che hanno visto vittime agenti di polizia, l’organizzazione ha annunciato l’arrivo di un fantomatico X-Day, localizzandone l’epicentro nel quartiere di Shinjuku a Tokyo. Il nostro principale punto di vista sarà quello di Ichika Hoshino, giovane poliziotta. Presa di mira proprio da Adonis (che le aggancerà un letale collare), si ritroverà suo malgrado coinvolta nelle indagini sull’X-Day e i delitti a esso correlati. L’aiuto principale le verrà da un gruppo di ex poliziotti, organizzatisi per l’occasione.
Queste sono le premesse, a metà tra la fantapolitica e il poliziesco. Non andiamo oltre nella trama per almeno due ragioni. La prima è che la vicenda può avere sviluppi estremamente personali a seconda delle scelte fatte; la seconda è che il sapere in anticipo cosa accadrà toglie pathos alle scelte, che in questo gioco sono veramente tutto. Il cardine qui non è l’azione, bensì la trama. Le indagini diverranno infatti un contenitore dove sviluppare i rapporti tra la protagonista e i numerosissimi comprimari maschili.
Le relazioni loro, infatti, sono tutto. Ichika farà la conoscenza di numerosi personaggi, i cui rapporti andranno gestiti sia “a voce” sia attraverso la messaggistica virtuale. Nessuna rottura della quarta parete: semplicemente la protagonista comunicherà attraverso un’app (Leaf, evidente parodia di Whatsapp) del suo smartphone. Qui arriva il primo difetto: la prolissità. Se da un lato il contesto poliziesco obbliga a dilatare i tempi, i dialoghi spesso si perdono in lungaggini fini a se stesse. Si finisce con il leggerli a malapena o a saltarli del tutto.
La pagina si volta premendo X
Ma se resisterete alla volontà di picchiettare la X (o lo schermo touch) della PSVita, scoprirete come il gioco abbia una storia approfondita e dalle molteplici sfaccettature. Basta poco per capire quanto i dialoghi siano ben piantati. Gli stessi termini volgari o vernacolari presenti sono usati con parsimonia, proprio per dipingere un contesto quotidiano e riconoscibile. C’è molta empatia, e la protagonista stessa ha una psicologia profonda che il giocatore stesso è chiamato a definire. Questo punto di vista “femminile” si pone anche negli elementi di contorno, disseminandosi di rimandi raffinati e in un’interfaccia semplice e accessibile. Come ogni visual novel, lo script si mantiene su alti livelli di elasticità, in quanto i modi per venire a capo della vicenda sono molti con altrettanto molteplici variabili. La storia infatti va avanti sempre, giungendo a una conclusione qualunque siano le scelte operate dal giocatore. Questa idea è comune nel genere, ma è controversa quasi allo stesso modo. Troppe scelte “sbagliate” portano la storia a concludersi prematuramente, in quello che altro non è che un game over mascherato.
Tale caratteristica abbinata alla mancanza dei salvataggi automatici rende la progressione assai più problematica. In funzione di questo nel gioco è presente il rewind: è possibile tornare indietro nei dialoghi e dare risposte diverse. Tuttavia tale funzione è limitata alla sola scena in corso, con il risultato di non arginare eventuali “errori” del giocatore. Facendo tornare prepotentemente il difetto in cui salvare al momento sbagliato (ad esempio prima di un vicolo cieco), obbliga a ripartire da zero.
Scelte e variazioni
Strutturalmente parlando, Collar X Malice però non manca di presentare qualche variazione interessante al solito scorrere dei dialoghi. Le scene d’azione non sono presenti, ma è interessante notare come la struttura da romanzo interattivo cerchi di adeguarsi al contesto e alla vicenda raccontata. Quando sarà necessario ai fini delle indagini, infatti, dovremo esaminare le scene dei delitti e degli attentati. In tale occasione dovremo muovere un cursore sul video, evidenziando gli elementi interessanti ed esaminarli (anche più volte) onde trarre indizi utili alla risoluzione del caso. Ancor più interessante è il cambio di punto di vista: a seconda delle scelte i capitoli verranno esposti sia attraverso gli occhi della protagonista sia attraverso il comprimario maschile con cui le abbiamo fatto stringere un legame. A tal proposito ogni tanto interviene anche qualche schermata di orientamento, in cui selezionare una destinazione: purtroppo anche qui la progressione è obbligata, dato che la destinazione prevista dalla trama sarà l’unica realmente selezionabile. Infine, potrà anche capitare di trovarci ad agire con tempismo, tramite semplici eventi in cui toccare al momento giusto un punto dello schermo. Tutte idee che però sono utilizzate con fin troppa parsimonia, cosa che le fa apparire come sprecate.
Atmosfera e immagini
Le visual novel vivono in un pianeta videoludico tutto loro, e in quanto tali necessitano di parametri di giudizio leggermente differenti da quelli “canonici”. Graficamente infatti il gioco è molto semplice, costituito com’è da immagini statiche. Gli sfondi sono soffusi e ben curati, dal piglio fotografico, mentre i personaggi sono disegnati a mano. L’attenzione al dettaglio in tal senso è assoluta, con look assai studiati e volti semplici ma espressivi. La qualità dei personaggi è messa ancor più in risalto da artwork singoli: presentati in momenti topici dei capitoli, sono di qualità veramente eccelsa. L’unico difetto in tal senso sta nella bassa risoluzione degli sfondi, che rende visibili i pixel a ogni zoom. I personaggi maschili sono ovviamente colonne portanti della storia, e sono ben sfaccettati: solo un paio appaiono eccessivamente stereotipizzati. Ovviamente l’approfondimento del carattere di ognuno varia enormemente a seconda dell’approccio e dell’atteggiamento che daremo alla protagonista.
Le musiche fanno un buon lavoro: una serie di composizioni di sapore squisitamente anime, dal sapore moderatamente moderno. Lo stile ricorda molto quello di fine anni Novanta, così come la teatralità dei gesti nei brevi segmenti in animazione limitata. Il gioco è parlato in giapponese con testi in inglese: il linguaggio utilizzato è mediamente forbito. In tal senso è davvero un peccato la mancanza di una traduzione in italiano.
+Trama profonda e sfaccettata
+Musicalmente piacevole
+Estetica ricercata
-Evidenti limiti di design
-Prolisso
-Inglese non facile
Collar X Malice è una visual novel di qualità, dalla grafica ricercata e dalla trama elaborata, aperta a molteplici bivi e interpretazioni. Ma nonostante tanti innegabili pregi risente anche di tutti i limiti del suo genere, dalla prolissità a un design punitivo a cui ormai il pubblico non è più abituato. La mancanza di una traduzione italiana restringerà ancora di più i potenziali acquirenti. Un vero peccato, perché chi saprà passare sopra a queste tare scoprirà una storia profonda e incline alla rigiocabilità, dove forgiare ogni volta un nuovo personaggio.