Recensione

Knights in the Nightmare

Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Siate sinceri: quanti di voi pensano che recensire videogiochi sia uno dei più bei (se non il migliore in assoluto) mestieri del mondo?Questa è un’idea diffusa, generalizzata, e spesso, purtroppo, generalizzante, che non porta a riflettere su determinati punti, come ad esempio il fatto che testare giochi ben realizzati è un piacere, quanto può essere una tortura dover spendere almeno una decina di ore in compagnia di un titolo progettato male, o peggio ancora noioso e monotono, dovendo poi passare per dei cinici stroncatori in sede di recensione.Ma c’è anche un terzo caso, quello in cui ci si imbatte in giochi che, indipendentemente dal giudizio qualitativo, sono oggettivamente difficili da spiegare, ostici da descrivere a parole come nemmeno il più astruso dei concetti di filosofia pura, e che solamente un’esperienza diretta approfondita e paziente potrebbe svelare in ogni loro sfaccettatura.Nemmeno a dirlo, Knights in the Nightmare è uno di questi: preparatevi a non capirci molto.

Di ritorno dal regno dei mortiScherzi a parte, proveremo a descrivervi nella maniera più semplice possibile uno dei titoli più arzigogolati e complessi degli ultimi anni, già visto circa due anni fa sul doppio schermo di Nintendo DS.Tutto nell’ultimo lavoro Sting, prodotto da Atlus anche in questa incarnazione su PlaystationPortable, è di difficile lettura, quantomeno ad un impatto iniziale, rendendo il gioco di nicchia, che ha avuto però il coraggio di portare una ventata di aria fresca nella stagnante situazione dei giochi di ruolo strategici degli ultimi anni.La trama che sorregge gli eventi cui andremo incontro è svelata man mano, con una tecnica quasi cinematografica, basata su una gran numero di flashback, e quindi molto frammentata sul piano temporale.Non pensiamo di fare torto a nessuno dicendo però che è ambientata nel regno medievale dell’isola di Santa Celestina, governata dal re “Cuor di Leone” Wilmgard, il cui vero carattere si mostrerà a poco a poco nel corso dell’avventura.Strano a dirsi, ma vestiremo i panni di un fuoco fatuo, che si aggira per le nebbiose ambientazioni dell’isola al calar delle tenebre, riportando in vita le anime dei soldati caduti nelle battaglie che hanno caratterizzato la storia passata del regno, ora apparentemente in pace, per richiamarle in azione, per uno scopo che appare del tutto oscuro durante le primissime ore di gioco.Non spaventatevi, però: in un processo di svelamento graduale che piacerebbe molto ad un regista come Christopher Nolan, le dapprima occulte trame di palazzo tese a rovesciare il potere e a portare di nuovo la guerra e la distruzione sull’isola verranno spiegate scena dopo scena, consegnando un quadro completo della situazione solo pochi minuti prima dello scorrere dei titoli finali.Solo un’avvertenza per godere appieno dell’intreccio proposto: non distraetevi nemmeno un secondo durante le sequenze di dialogo, perché la grande quantità di personaggi che popoleranno la scena (se ne possono reclutare circa 100) e la grande quantità di testo scritto, ulteriormente appesantita dal mancato doppiaggio durante le cut scenes, non perdoneranno gli utenti intenti a buttare l’occhio alla biondina alla fermata della metro o alla tv.Poi non dite che non vi avevamo avvisati.

Fuochi fatui e controlli fantasmaDescrivere in un solo paragrafo le meccaniche di gioco è un’impresa titanica, ma, anche in questo caso, sottolineiamo come un paio d’ore passate a impratichirsi con il gioco (magari scaricandone la demo dal PSN prima di procedere ad un eventuale acquisto) vi saranno più utili di migliaia di caratteri scritti.Il gioco si configura come un bizzarro miscuglio tra uno strategico a turni, con la classica visuale isometrica e una griglia su cui disporre le nostre unità, e uno sparatutto, nel quale, avendo il diretto controllo del fuoco fatuo di cui sopra, dovremo evitare la miriade di proiettili sparatici contro dai nemici presenti sul campo di battaglia.Questo a grandi linee, perché, nei fatti, sono diversi gli elementi che distanziano Knights in the Nightmare da entrambi questi macro generi: innanzitutto, differentemente dalla stragrande maggioranza dei SRPG disponibili sul mercato, non avremo il controllo diretto del movimento delle nostre unità, ognuna delle quali sarà dotata della sola possibilità di ruotare su se stessa (peraltro solo di 180 gradi) per colpire i nemici.Questo, unitamente al fatto che, tranne rarissimi casi, non potremo scegliere dove piazzare le unità all’interno del campo di battaglia, significa che la fase di preparazione agli scontri gode di pari importanza, ai fini della vittoria finale, di quella di battaglia vera e propria. Questo perché dovremo scegliere le unità che meglio pensiamo si adattino al combattimento successivo e con esse le armi selezionabili, ognuna con il suo raggio d’azione: inutile dire che un errore di valutazione potrebbe non consentirci di colpire un nemico lontano, che magari, dotato di attacchi a distanza, basterà, da solo, a farci la pelle, costringendoci a ripetere la missione.La fase di attacco è caratterizzata anche dall’alternanza di due diversi stili di combattimento, uno “legale” e uno “caotico”, diversi per range d’azione delle armi e potenza dei colpi inflitti, tra i quali dovremo barcamenarci a seconda del tipo di nemici che ci si parerà di fronte. Ogni scontro sarà scandito dall’impietoso trascorrere dei secondi, scaduti i quali la nostra missione sarà considerata fallita se non avremo saputo soddisfare le condizioni iniziali, che in genere prevedono l’eliminazione di tutti i nemici sulla mappa o di un particolare tipo di avversari tra i tanti che ci attaccheranno: ma non basterà avere la meglio con la forza bruta, se è vero che una roulette a fine turno ci consentirà di piazzare, orizzontalmente o verticalmente, un tris di mostri tra quelli appena affrontati.Se non dimostreremo sufficiente tempismo, saremo rimandati sul campo di battaglia per affrontare di nuovo i nemici appena massacrati, riportati in vita, seppur con una quantità minore di energia vitale.La fase sparatutto ci richiederà di evitare i danni nemici: avendo il diretto controllo del fuoco fatuo, dovremo zigzagare tra i proiettili che gli avversari indirizzeranno contro di noi, prodigandoci in acrobazie degne di un Gate of Thunder qualsiasi, in un inusuale (almeno per un JRPG di stampo strategico) tourbillon in cui riflessi e velocità d’esecuzione risulteranno di gran lunga più importanti della capacità di prendere sagge decisioni strategiche.E proprio qui che i nodi, purtroppo, vengono al pettine: se su DS, grazie al touch screen, controllare il puntino luminoso era intuitivo e appagante ma il discorso cambia, e non poco, su PSP: l’analogico sarà deputato a fare da interfaccia tra il nostro dito e la nostra incorporea identità virtuale, con risultati lungi dall’essere perfetti.La precisione negli spostamenti, fondamentale con il progredire dell’avventura, che ci porrà di fronte a sfide affatto accondiscendenti, viene inesorabilmente meno, e solo quanti non avessero avuto modo di provare la versione originale potrebbero, dopo un po’ di pratica, trovarsi a proprio agio con dei comandi sinceramente scomodi.A peggiorare la situazione, sarà necessaria la pressione di un ulteriore pulsante per variare la velocità di spostamento, laddove su DS il fuoco fatuo roteava vorticosamente nell’inferno di colpi nemici: non siamo sicuri che questo dipenda dalle caratteristiche di PlaystationPortable o da una carenza in fase di programmazione da parte dei ragazzi di Sting, o ancora ad una scelta di marketing a dir poco azzardata, che ha mal valutato l’opportunità di portare su un’altra piattaforma un titolo pensato e progettato appositamente per il sistema di controllo consentito dalla console portatile Nintendo.A pagare il conto di questa scelta, però, è il giocatore: non che il titolo sia ingiocabile, ma si ha la spiacevole sensazione che il sistema di controllo rappresenti un ostacolo al divertimento piuttosto che un prezioso alleato.

Maledetto touch screenLa realizzazione tecnica del titolo è più che positiva, e dimostra un consistente lavoro di restyling, tanto visivo che uditivo, apprezzabile perché valorizza le maggiori capacità tecniche dell’handheld Sony rispetto a quello della concorrenza: i colori sono più vivi, il motore tridimensionale più solido e anche solo gli artwork dei personaggi durante le lunghe sequenze di dialogo sono state migliorate.Un terzo personaggio giocabile e una nuova modalità disponibile dopo aver completato il gioco per la prima volta sono gradite aggiunte, così come le nuove tracce che i piccoli altoparlanti di PSP irradieranno, sebbene il grosso del comparto audio rimanga invariato rispetto alla versione precedente. Delude solo la scelta di non includere alcun tipo di doppiaggio, se non per gli effetti in game (che peraltro diventeranno presto monotoni) e i tempi di caricamento, leggermente sopra la media degli ultimi titoli che abbiamo provato su PlaystationPortable.La durata del titolo si attesta sulla ventina di ore, ma anche questo valore, come molti altri del gioco, è soggettivo: il solo tutorial iniziale potrebbe portarvi via 5 minuti, se aveste sviscerato la versione DS, come due ore se foste dei neofiti.Coloro che non hanno avuto modo di provare la versione con i controlli touch e che non si spaventano di fronte ad un titolo text heavy (e tutto in un inglese non proprio amichevole) potrebbero farci un pensierino, premiando l’originalità del sistema di gioco e la buona trama, ma non ci sentiamo di consigliare questa versione a chi possiede anche la console a due schermi di Nintendo, né a coloro che reputano tempo perso assistere ad un tutorial mastodontico.

– Complesso ma edificante una volta padroneggiato

– Riuscitissimo mix di azione e strategia

– Trama ben raccontata

– Sistema di controllo inefficiente

– Leggermente ripetitivo

– Troppo testo e nessun doppiaggio

7.4

Vi avevamo preannunciato una recensione particolarmente difficile, e così è stato: attribuire un valore numerico alla grandissima quantità di contenuti di cui questo prodotto si fa latore è compito ancora più arduo che provare a spiegarne le meccaniche, e il giudizio finale, che siamo sicuri avrete già sbirciato, non può non tenere conto della grande differenza in termini di maneggevolezza e di comodità dei controlli che la versione qui testata offre, in peggio, rispetto a quella originale, pur più debole dal punto di vista meramente tecnico.

Non ce la sentiamo di condannare i ragazzi di Sting, che hanno dovuto reinventare un’interfaccia da zero, e che hanno comunque saputo offrire un titolo originale e complesso anche all’utenza Sony, ma, a parte quello di provare il gioco prima di procedere ad un eventuale acquisto, rimane il consiglio di accaparrarvi, se potete, l’originaria versione per DS, per godere delle meraviglie che Knights in the Nightmare sa regalare ad un pubblico paziente e raffinato.

Voto Recensione di Knights in the Nightmare - Recensione


7.4

Leggi altri articoli