Recensione

Killer7

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a cura di Alex64

All’alba dei 128bit, un accordo tra Nintendo e Capcom vincolava quest’ultima a sviluppare in esclusiva per Gamecube 5 nuovi titoli – i cosi detti “Capcom Five” – di cui faceva anche parte il progetto Killer7. Killer7, a detta della stessa software house, sarebbe stato un action/adventure surreale, la cui particolarità avrebbe sicuramente segnato un punto di stacco con gli altri esponenti del genere, una sorta di esperimento quindi, che prometteva di far felici e non poco i cubisti. Gli anni successivi però, videro la maggior parte delle esclusive promesse da Capcom, ben 4, uscire (alcune convertite in un secondo tempo, altre addirittura in contemporanea) anche sulla console di casa Sony, lasciando ai lidi cubici il solo e unico P.N.03. Killer7, lo avrete già intuito, fa parte di quei 4 titoli promessi a Nintendo e poi migrati altrove, in cerca di quote di mercato maggiori. Che sia stato un bene o un male, una perdita o un guadagno per la Grande N lasciarsi sfuggire questa esclusiva è difficile dirlo in termini assoluti. Quel che è certo, è che fin dai primi screenshots rilasciati, il titolo in questione ebbe il potere di dividere il popolo videoludico in estimatori e denigratori, in chi aspettava freneticamente l’uscita del prodotto finale e chi trattava ogni ulteriore rumor con freddezza e circospezione. Alle prime foto, come da copione, seguirono numerosi ritardi, e solo adesso, con la next gen alle porte, possiamo avere il privilegio di tenere fra le mani la nostra copia di Killer7.

Heaven Smile…Senza svelarvi troppo della trama, vera colonna portante del titolo, vi anticipo che il gioco prende piede in futuro ormai prossimo, un avvenire che, malgrado provenga da un periodo di relativa pace, si ritrova ora minacciato da una misteriosa cellula terroristica, un’oscura organizzazione criminale che si fa chiamare “Heaven Smile”. Il cervello di detta organizzazione, Kun Lan, ha un modus operandi alquanto originale: trasforma la gente comune in mostri kamikaze semi invisibili pronti a farsi esplodere tra la folla, coinvolgendo civili e militari, donne e bambini, senza fare ovviamente distinzione di sesso, razza o status sociale. Mentre il mondo, nell’altisonante figura delle Nazioni Unite, non si rende conto dell’imminente pericolo, i Killer7 vengono incaricati – da chi è un mistero – di fare piazza pulita degli Heaven Smile. Killer7, altro non è che un esperimento portato avanti su un soggetto, Harman Smith, che si auto proclamava il “Dio Assassino”. Costretto ormai su una sedia a rotelle, Harman era mentalmente splittato in 7 soggetti, ognuno con una propria individualità più o meno indipendente. A seguito dell’esperimento di cui sopra, a ciascuna di queste personalità fu dato uno stato fisico, e ad Harman – la personalità centrale – la possibilità di trasformarsi a piacimento in ognuno dei suoi alter ego. La mia finora è stata solo un’anticipazione, la storia in realtà è molto più complessa, piena di cospirazioni e colpi di scena, e si dipana a ritmo incalzante, talvolta raccontata in stile manga, più spesso mediante cut scenes realizzate con il motore grafico del gioco. In ogni caso, mai e poi mai riuscirete a prevedere cosa accadrà dopo ogni caricamento di fine livello. La Capcom, peraltro, è sempre stata una specialista nello spiazzare il videogiocatore tenendolo sistematicamente lontano dalla verità, e Killer7 non fa eccezione, anzi, ogni qual volta ci crederemo ad una passo dal capire il “disegno”, un nuovo tassello ci sarà rivelato scaraventandoci nuovamente nel dubbio. Solo a minaccia sventata (e a mente fredda) tutte le chiavi di lettura ci saranno svelate, e per quanto l’immancabile disclaimer si sforzi di convincere il videogiocatore che “ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti è da ritenersi puramente casuale”, non faticherete troppo a trovare nelle metafore di Killer7 continui rimandi al quadro socio-politico attuale, rimandi a volte nascosti, a volte invece, pesantemente espliciti.

In the name of Harman…Garcian Smith, conosciuto anche come “il pulitore”, è l’unico alter ego del gruppo ad aver il privilegio di poter comunicare direttamente con Harman, di conseguenza, il più delle volte, partirete in missione proprio da casa sua, dopo aver ricevuto istruzioni dal maestro ed esservi consultati con Christopher Mills, l’informatore di fiducia, il solo essere vivente in grado di contattare le personalità di Killer7. Garcian è dunque l’elemento di spicco della squadra: figura imponente, quasi divinatoria, ha il dono di poter percepire in anticipo gli Heaven Smile, e, cosa ancor più utile, di renderli visibili con una sorta di scansione dell’ambiente circostante, abilità che, per forza di cose, si estende anche agli altri membri del gruppo. Importante sapere che finché Garcian resterà in vita non morirete, il nostro amico infatti può resuscitare i compagni uccisi, basterà portarlo sul luogo di uccisione e fare il miracolo. Non farete fatica a ritornare sui vostri passi, il punto in cui morirete sarà evidenziato dal profilo in gesso del cadavere e da una busta per alimenti contente la testa del personaggio ucciso. Garcian non è certo il solo ad avere abilità speciali, tutti i membri della clan ne hanno come minimo un paio, inutile dire che imparare ad usarle sistematicamente durante il gioco è fondamentale, anche in relazione alle molteplici tipologie di nemici (“Giant Smile”, “Poison Smile”, “Spiral Smile”, etc). Per cambiare personalità, basterà accedere alla videata di stato e selezionare il personaggio voluto, solo Garcian è selezionabile unicamente dalla Stanza di Harman (“Harman’s Room”), la stessa in cui vi sarà possibile salvare i progressi, grazie alla bella Samantah, oltre che convertire il sangue in “serum”, ma di questo parleremo più avanti. Se qualche personaggio non sarà selezionabile fin da subito, vuol dire che non avrete ucciso la quantità giusta di Heaven Smile atta a svegliarlo, basta tornare nel livello e fare un pò di strage. Quando giocherete a Killer7, ricordate sempre che vi muovete nei meandri di una mente assassina (il sogno di ogni criminologo), di tanto in tanto quindi, incontrerete qualche strano soggetto. Non che quelli menzionati finora siano normali ben inteso, ma questi di cui parlo adesso sono fantasmi, per la maggior parte vittime dello stesso Harman – vedi il buon vecchio Travis – che adesso, quasi per contrappasso dantesco, aiutano il loro carnefice nelle sue imprese. Che sia un modo di vendicarsi di coloro ancora in vita?! Ad ogni modo, queste “persone” al limite dell’irrazionale avranno sempre tanta voglia di chiacchierare, di condividere con voi le loro angosce, se avrete la pazienza di ascoltarle, sapranno anche consigliarvi sul come avanzare nel gioco. Vi stupireste nel sapere quante misteriose entità albergano nella mente di un assassino, ma quella che decisamente mi ha colpito più di tutte è la piccola Susie, o meglio, ciò che rimane della piccola Susie: una graziosa testolina mozza a cui piace giocare a nascondino. Nonostante gli evidenti problemi esistenziali con la madre (spesso lavati col sangue), Susie troverà il tempo di venirci in aiuto, passandoci ad ogni incontro un anello dalle peculiarità sempre diverse (water ring, fire ring, wind ring, etc.). Sia chiaro che, se non vi fidate di questi tizi, potrete sempre rivolgervi al buon Iwarazu o, male che vada, al “Courier Pigeon”.

All you need is blood…Un gioco così particolare non poteva che avere un gameplay altrettanto inusuale: l’azione si svolge lungo dei binari prefissati, non una libertà di esplorazione a 360° quindi, ma solo la possibilità di scegliere di volta in volta quale bivio intraprendere, come se il personaggio, a differenza del giocatore, sapesse già dove andare. Già questo fa riflettere, ma quello che sorprende più di tutto, è l’elemento che sta alla base della meccanica di gioco, ovvero il sangue. Il sangue serve ad ottenere il “serum”, sostanza necessaria a potenziare le abilità degli alter ego (“power” – “speed” – “waver” – “critical”), in secondo luogo, è indispensabile per sbloccare, contestualmente agli avanzamenti di livello, nuove tecniche di attacco e difesa, infine, con il sangue “collezionato”, potrete curarvi dagli attacchi subiti e altresì caricare i colpi speciali (i “Demon Shells” di Dan), oppure usufruire dei poteri paranormali degli Smith per superare le barriere fisiche in game (la “Blood Shower” di Kaede). In sintesi, quando ingaggerete uno scontro con uno o più Heaven Smile, cercate di farli sanguinare il più possibile, colpiteli in testa con il mitico “Head shot”, sulle gambe o sulle braccia prima di finirli, insomma, fategli rimangiare quelle odiose risatine isteriche ammazzandoli un po’ per volta, stando sempre attenti – quando passate dalla terza alla prima persona – a quando compare il “Critical hit”, un punto evidenziato del nemico che, se centrato, vi farà raddoppiare la quantità di sangue recuperato nella flebo. In ultima istanza, sappiate che l’avanzamento nel gioco presuppone la risoluzione di piccoli enigmi, in cambio dei quali riceverete i “Soul Shells” con cui pagare il “Gate Keeper” poco prima di affrontare il boss del quadro. Niente di problematico comunque, non si tratta di trick ostici o eccessivamente psicologici, anzi, i giocatori più vissuti delle saghe Capcom potrebbero avere qualcosa da ridire sotto questo aspetto, di solito basterà avere un pò di spirito di osservazione per venire a capo del problema. Ricordatevi solo di guardarvi bene attorno prima di uscire da una stanza o abbandonare con troppa fretta una zona. Le munizioni sono infinite e non serve andarsele a cercare, sparate quanto volete e una volta scaricata, l’arma verrà ricaricata automaticamente dal personaggio, oppure se preferite potrete farlo direttamente voi con l’analogico “C”.

Un gioco malato…Se mi chiedessero di riassumere il comparto tecnico di questo gioco in una sola parola non esiterei a definirlo “malato”, un motore grafico a 128bit costretto – è proprio il caso di dirlo – a renderizzare textures in una manciata di colori tra primari e secondari (dovrebbero essere 6 in tutto), l’esasperazione del Cel Shading, mai questa tecnica grafica era stata spinta al limite come in Killer7. Ambienti a volte giganti con elementi scenario monocolori dalle infinite sfumature, talvolta quasi si fatica ad inquadrare gli oggetti, o a capire dove finisce una parete ed inizia il pavimento, ma in un gioco del genere simili chicche non danno fastidio, anzi, sono necessarie a fomentare la sensazione di perdizione nel giocatore, eccellenti. Venendo al punto, Killer7 non spinge sul chip ATI del Cubo, è palese alla luce anche di altre uscite contemporanee, ma sotto un profilo artistico, il titolo Capcom dà la polvere a molti altri lavori visti finora. Ad ogni modo, abbiamo comunque textures in HiRes e un frame rate stabile (almeno nella versione Cubica), un polygon count tutto sommato buono – sebbene la scelta cromatica evidenzi eccessivamente i vertici – e un self shadowing eccezionale, soprattutto sul volto dei personaggi, e, parlando di volti, non si può tralasciare la perfetta sincronia tra animazione e doppiaggio. L’engine ci fa mostra anche di ombre dinamiche sia del protagonista che dei nemici, di alcuni effetti di contorno non pesantissimi – come il fuoco o il fumo in alpha blending – ma che comunque fanno la loro figura, e di qualche mappa di riflessione che di tanto in tanto fa capolino. Accennati i pregi, tocca ai difetti, o meglio, alle mancanze del titolo; del resto, bisogna ammettere che l’interazione è ridotta all’osso, come anche gli effetti particellari: sparare ad un muro o ad una lampada non fa differenza, e comunque il risultato sarà sempre ben lungi dall’essere spettacolare, salvo forse per la pioggia particellare, che, effettivamente, merita una menzione ad honorem. Eccessivi poi i caricamenti, non tanto nella durata quanto nel numero, soprattutto in alcuni frangenti che vedono la ram decisamente poco impegnata. Ovviamente, a tutti questi aspetti, si passa – o si cerca di passare – sopra; quello che invece non si può ignorare più di tanto è l’aliasing, dovuto peraltro non ad una mancanza del relativo filtro AA, ma al forte contrasto provocato dall’accostamento di colori complementari, contrasto che notoriamente tende ad accentuare e non poco i jaggies.

The Sound is Listening…Ottima la colonna sonora, che spazia dal “Power Metal” alla “New Age” passando per la “Disco anni ’70”, decisamente eclettica direi. La realizzazione delle armi e dei relativi effetti sonori è quanto di più appagante ci possa essere: il doppio fucile a pompa di Mask de Smith o la Colt Special di Coyote su tutte. Eccellente la caratura cinematografica del doppiaggio, che in ogni caso è unicamente in inglese. I sottotitoli sono presenti durante il gioco, anche perché chi incontrerete spesso parla in un modo incomprensibile, ma purtroppo latitano nelle parti dialogate delle cut scenes, quindi, se non siete buoni conoscitori della lingua anglosassone, potreste non capire molto della storia, un vero peccato. Manca stranamente anche il supporto del Dolby Pro Logic II, a cui il Cubo ci ha da tempo abituati, il motivo non è dato saperlo, tuttavia, l’effetto Surround è ugualmente assicurato, non temete.

– Pura arte

– Trama esaltante

– Doppiaggio originale ottimo

– Leggero aliasing

– Poca libertà esplorativa

– Non è localizzato in italiano

8.0

Comprato quasi per scommessa, il gioco si è rivelato uno dei miei preferiti giocati su Cubo. Sicuramente la Capcom non ha raggiunto in Killer7 tutti gli obiettivi che si era prefissata, esistono ancora difetti da appianare, nel gameplay come nel comparto visivo, ma non me la sento di mettere questo titolo tra gli “esperimenti riusciti a metà”. Il livello di coinvolgimento emotivo ad esempio è piuttosto alto, e nel panorama videoludico attuale, dove spesso si preferisce il mix di poligoni e pixel alla storia, la voglia da parte di Capcom di creare un qualcosa di più profondo è da lodare, come anche il tentativo di dar vita ad un progetto nuovo e mai visto prima. Per correggere i difetti, ci sarà sempre tempo per un seguito su Console next gen, ma per adesso, godiamoci questo Killer7, sicuramente “capolavorico”.

Voto Recensione di Killer7 - Recensione


8

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