Recensione

Kick and Fennick

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Dopo i platform classici delle vecchie generazioni di console con protagonista un solo personaggio carismatico, arrivarono grazie a Naughty Dog e Insomniac quelli composti da un duo dinamico caratterizzato a meraviglia, capace di donare oltretutto maggiore profondità e varietà a dei sistemi di gioco sempre più complessi e raffinati. Con Jak and Daxter oramai dati per dispersi e Ratchet & Clank non più sulla cresta dell’onda, su PS Vita sbuca letteralmente dal nulla una nuova coppia: Kick & Fennick, di cui potrete fare conoscenza gratuitamente grazie all’offerta PS Plus di questo mese.
Estranei e amici
Se state cercando dei nuovi e brillanti personaggi a cui affezionarvi, fareste bene a tenervi stretti i ricordi del passato, perché sia Kick che Fennick potrebbero galleggiare per sempre nell’anonimato senza che qualcuno possa davvero accorgersi della loro impalpabile presenza. E in effetti è proprio ciò che fanno per tutto l’arco dell’avventura, perché sono dei personaggi muti che praticamente si rifiutano di interagire l’uno con l’altro, non hanno background, le loro storie non si sviluppano mai e si incrociano per puro caso solo all’inizio, quando Fennick (che dovrebbe essere il monocolo robotizzato con la coda) fa capire a Kick (che dovrebbe essere il ragazzino biondo e un po’ sgranato che si risveglia dal sonno criogenico) di avere bisogno urgentemente di una batteria. Quando mi riferisco singolarmente ai personaggi, dico “dovrebbe” per il semplice fatto che non è mai veramente chiaro quale sia il nome dei due, e questo la dice lunga sulla cura riposta nella caratterizzazione dei personaggi, che è di fatto pari a zero. La storia, invece, non esiste. E non perché manchino dei testi a dare una minima infarinatura alla sceneggiatura o per via di una narrazione ambientale mai presa in considerazione, ma perché in Kick & Fennick il gameplay è l’unico aspetto della produzione su cui si è deciso di puntare. Aspetto che poggia le sue basi su un’intuizione tanto semplice, quanto efficace: il rinculo. Per enfatizzare ulteriormente l’idea su cui si sviluppa l’intero sistema di gioco, si è optato per una scelta di game design che prevede l’assoluta incapacità del protagonista di poter saltare; tuttavia, al ragazzino è permesso di poter cadere da altezze vertiginose senza subire alcun tipo di danno – a meno che non piombi in un baratro, s’intende. Il robottino fluttuante, dal suo canto, è poco più d’un orpello visivo che segue pigramente Kick con la scusa di essere utile ad accumulare un po’ d’energia vitale da somministrare nel momento del bisogno. È insomma tutto il contrario di ciò che dovrebbe essere un comprimario che si rispetti: un’ombra che svanisce per sempre dalla memoria appena dopo i titoli di coda.
Jump around
Dicevamo del gameplay e di come l’assenza del salto venga sopperita dall’introduzione fantasiosa del rinculo: sin dall’inizio, Kick entrerà in possesso di un enorme fucile dalla potenza spropositata, che può essere ruotato con la levetta analogica destra (o toccando lo schermo, ma non vi conviene). Trattandosi di un puzzle-platform a scorrimento orizzontale – che però sfrutta parecchio la verticalità degli ambienti – non c’è infatti bisogno di controllare la telecamera, che zooma e si allontana dinamicamente a seconda della densità degli scenari. Puntando il fucile verso i (rari) nemici e verso i muri da sgretolare coi proiettili si usa l’arma nel modo canonico; ruotandolo dalla parte opposta con angolazioni a piacimento, invece, si eseguono balzi portentosi, fino a un massimo di due volte prima di toccare terra. Inizialmente vi sembrerà di non potervi mai abituare a una così forzata meccanicità dei salti, ma la verità è che già dopo un paio di livelli vi sentirete pienamente a vostro agio, complice soprattutto una curva della difficoltà ben calcolata, che non dà grossi grattacapi nell’immediato. Va detto, in ogni caso, che il gioco è stato studiato per essere fortemente dipendente dal trial and error, pertanto capiterà di dover provare sezioni più ostiche delle altre molto spesso, con buona pace di chi è poco avvezzo ad accettare un po’ di frustrazione prima di godere della soddisfazione che arriva puntualmente alla fine di ogni stage. I checkpoint sono parecchi e molto ravvicinati tra loro, e visto che sbagliare un tentativo è una consuetudine alla quale bisogna abituarsi molto presto, la scelta sembra senza dubbio azzeccata. Ogni fallimento toglie una tacca dalla barra della salute, che può essere gradualmente ripristinata raccogliendo delle sfere energetiche sparse lungo gli scenari; sfere che, tra l’altro, faranno la felicità dei cosiddetti “completisti”, che avranno però la miserabile ricompensa di qualche nuova tuta da indossare. 
“Posso arrivarci”
Spararsi lontano dal suolo richiede spesso un buona dose di precisione e calcolo delle distanze, oltre alla capacità di figurarsi mentalmente dove atterrare al termine del secondo balzo aereo. Affinché queste operazioni non diventino un po’ troppo complesse, viene sempre indicata una traiettoria tratteggiata, anche durante il secondo salto. Ciò, avviene ogni qual volta la levetta analogica destra viene mossa, con un rallentamento momentaneo del tempo che lascia un minimo di spazio al ragionamento e un po’ meno all’impulsività, a dimostrazione del fatto che Kick & Fennick è un platform che sa come avvantaggiarsi dei momenti più compassati, quelli che appartengono in larga misura ai livelli più complessi e articolati. Sebbene il game design sia generalmente buono, non si può dire la stessa cosa per quanto riguarda la varietà: la sensazione di già visto la farà da padrone in ogni stage, che si limita ad accogliere sempre più elementi di disturbo senza offrire realmente nulla di memorabile. Quando bisognerà superare delle aree allagate, la fisica naturalmente cambierà e si potrà usare il fucile come se fosse un propulsore senza alcuna limitazione; ma a parte questo, il gioco resta grossomodo lo stesso senza particolari picchi verso l’alto. Le boss fight, soprattutto le prime tre, sono quasi delle prese in giro: dovrete affrontare sempre lo stesso nemico, con l’unica differenza che sarete costretti a ingegnarvi per trovare il modo adatto per sbarazzarvene.
L’idea di fondo è buona, ma la sua applicazione non è propriamente impeccabile, così come discutibile è la mappature dei comandi, non proprio tra le più comode. Tecnicamente, invece, il titolo è abbastanza modesto ma mai spartano o lasciato nell’incuria. Bisogna segnalare inoltre qualche bug, come i blocchi totali con tanto di schermata nera fissa dopo alcuni caricamenti, o degli errori di calcolo del sistema di collisioni. Abbandonare Kick & Fennick prima della chiusura della loro avventura, in fin dei conti, non vi sembrerà affatto un gran peccato, ma se volete impegnarvi per qualche ora con un platform decisamente atipico, avrete certamente pane per i vostri denti.

– La meccanica del rinculo funziona abbastanza bene

– Livello di sfida soddisfacente

– Qualche buona trovata nel design degli stage

– Tecnicamente è un po’ carente

– Protagonisti anonimi e senza un minimo di spessore

– La storia non esiste

– Mappatura dei comandi da rivedere

6.5

Con personaggi assolutamente anonimi e una storia che sembra essere stata messa di proposito nelle retrovie, a Kick & Fenning resta solo il gameplay, basato totalmente sul rinculo di un fucile laser che permette di saltare da un punto all’altro. La struttura del gioco è davvero tutta qui, con qualche buona intuizione qua e là nella costruzione dei livelli e poco altro che possa davvero fare presa sull’utente. Il livello di sfida è senz’altro soddisfacente, ma la ripetitività delle soluzioni adottate potrebbe farvi perdere interesse molto presto.

Voto Recensione di Kick and Fennick - Recensione


6.5

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