Recensione

Kelvin and the Infamous Machine

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a cura di Aeffe87

Delle graphic adventure alla Monkey Island non ci stanchiamo mai, sebbene oggigiorno il mercato faccia fatica a restituircene dei medesimi livelli autorali dei bei tempi che furono. È vero che gli estimatori dell’avventura tout court non hanno comunque molto di cui lamentarsi, tra una ricetta episodica “made in Telltale” che dopo anni ha ancora il suo bel dire e una costellazione di piccoli progetti indie che, seppur di qualità non sempre degna, hanno di sicuro contribuito alla rianimazione di un genere che pareva ormai tristemente agonizzante. D’altro canto, di quell’inconfondibile, geniale comicità nata dalla serie immortale di Gilbert, Grossman e Schafer, nelle moderne produzioni dalle simili ambizioni umoristiche, ne sono rimaste soltanto le briciole, là dove i tentativi, in ogni caso, non sono certamente mancati. Kelvin and the Infamous Machine, progetto argentino del piccolo team Blyts, tenta di battere esattamente la stessa strada del suo mentore piratesco e degli altri capolavori ridanciani firmati LucasArts, facendone propria la lezione per inscenare una storiella dai toni demenziali scritta interamente attorno a un tema sfruttato dai più disparati autori dell’audiovisivo fino al midollo ma che, in fin dei conti, risulta sempre piuttosto coinvolgente: quello dei viaggi nel tempo.

Il professore mattoIl dottor Lupin è uno degli scienziati più brillanti dei nostri giorni, il primo che è stato in grado di brevettare una macchina del tempo funzionante in tutto e per tutto. Ha tuttavia dei gusti estetici quantomeno discutibili, per cui il suo incredibile marchingegno, nome di battesimo “Infamous Machine”, ha il design di una cabina doccia con tanto di tendine a pois. È questo il motivo per cui, dovendo decretare le migliori scoperte dell’anno, il prestigioso Science Journal decide di relegare il capolavoro di Lupin alla nomina d’invenzione più stupida, oscurata da alcuni arnesi di dubbio valore quali un anello che frena i biscotti dalla caduta involontaria nelle tazze di caffè e un martello munito di puntatore laser utile a non pestarsi le dita della mano. 

Il professore non è evidentemente un tipo che prende le sconfitte con sportività, poiché dà subito in escandescenza e, in un impeto di follia, sfrutta l’Infamous Machine per viaggiare nel passato e alterare il corso degli eventi, prendendosi tra l’altro i meriti di alcune tra le più grandi creazioni della storia dell’uomo. Nella fattispecie, nei libri di storia egli figura adesso ufficialmente come compositore della Nona Sinfonia, ma anche come artefice della legge di gravitazione universale e realizzatore della Gioconda, privando di conseguenza Beethoven, Newton e Leonardo della legittima paternità dei rispettivi operati. Piccolo particolare: agendo in un modo così scellerato, Lupin ha messo inoltre in pericolo l’integrità del pianeta tutto, e diventa dunque necessario rassettare la Storia il prima possibile. 
Ci proverà Kelvin, l’assistente sempliciotto del professore, chiamato suo malgrado a far ritrovare l’ispirazione ai tre artisti sopracitati, visitando i luoghi da loro abitati nelle rispettive epoche. Ecco che allora Kelvin and the Infamous Machine divide la propria narrazione in tre capitoli ambientati rispettivamente nella Vienna del XIX secolo, nella Londra vittoriana e durante il Rinascimento fiorentino, con in più soltanto una fugace sezione che conduce il giocatore dritto dritto verso l’epilogo. Al quale, verosimilmente, è possibile giungere abbastanza in fretta, in non più di quattro o cinque ore di gioco all’insegna delle più classiche meccaniche da punta e clicca bidimensionale, per fortuna sorrette da puzzle e gag davvero ben riusciti.

A spasso nel tempoLa filosofia che impernia il gameplay di Kelvin and the Infamous Machine, dunque, non si discosta di una virgola da quella delle avventure grafiche degli anni d’oro: ci sono svariati problemi da risolvere, e all’utente viene affidato il compito di capire in quali modi agire per farlo. Per menzionare l’esempio meno a rischio di spoiler, è palese che al buon Newton non scatterà mai la scintilla senza che prima si sieda sotto il famigerato albero di mele; peccato che, nell’universo alterato dallo scienziato ammattito, egli non abbia alcuna intenzione di uscire da una biblioteca vicino casa, completamente assorto nella lettura di un libro intitolato “Larry Potter”, scritto – guarda caso! – da un certo J.K. Lupin. 

Per obbligarlo a spostarsi dovremo guidare Kelvin verso il recupero di oggetti molto specifici, da usare sul setting o da scambiare con gli NPC ora singolarmente, ora assemblandoli per creare nuovi aggeggi fondamentali per il conseguimento dell’obiettivo di turno. In una buona alternanza di rompicapo semplici e sfide logiche più articolate e stravaganti, la componente enigmistica del titolo Blyts si fa scoprire con estrema piacevolezza, capace di spremere le meningi del giocatore quanto basta per non cadere mai né alla spiacevole frustrazione né all’esagerato semplicismo. 
Tutti i puzzle hanno comunque soluzioni abbastanza sensate, che raramente scomodano l’impiego di un gran quantitativo di pensiero laterale: i bei tempi dei polli di gomma con carrucole in mezzo, insomma, sono parecchio lontani da qui. C’è comunque di che divertirsi, dato che la comicità di Kelvin and the Infamous Machine emerge bene sia grazie a un buon carico di citazioni e battute metaludiche nonché momenti narrativi esilaranti e quasi mai puerili, sia per merito di una squadra di protagonisti e comprimari forse non indimenticabile, ma di sicuro ben assortita. 
Kelvin più di tutti è un adorabile stordito, che non si farà molti problemi a sfruttare le funzioni detergenti della macchina-doccia viaggiando da un’era alla successiva, oppure a infilarsi una candela accesa nello zainetto in attesa di capire come risolvere l’indovinello del momento. L’efficace atmosfera farsesca, oltretutto, prospera per merito di un voice acting inaspettatamente di rilievo; non sappiamo se i doppiatori siano professionisti o meno, ma le performance da loro fornite sono tutte di ottimo livello, capaci di donare a ogni personaggio la giusta caratterizzazione e di creare un incedere dai tempi comici azzeccati e, in fin dei conti, parecchio spassoso. 
Specifichiamo che il titolo, che ribadiamo essere a basso budget, è interamente in inglese, dal doppiaggio fino ai sottotitoli, benché non vengano quasi mai usato termini particolarmente ricercati né espressioni gergali di difficile traduzione. Si tratta insomma di un racconto ben comprensibile anche soltanto possedendo una conoscenza basilare della lingua in questione: se siete interessati, per farla breve, non fatevi troppi scrupoli in vista dell’acquisto.

– Un’avventura comica che strizza l’occhio alla produzione LucasArts

– Puzzle più o meno semplici ma sempre ben concepiti

– Gag perlopiù riuscite

– Doppiaggio di grande qualità

– Non vi è nulla di realmente originale

– Si finisce in fretta

– Epilogo prevedibile e sbrigativo

7.0

Non farà la storia dei punta e clicca, così canonico nella forma e parco nella durata, ma Kelvin and the Infamous Machine sa di certo il fatto suo quando si tratta d’intrattenere con leggerezza e di dispensare un po’ di sane risate. L’opera di Blyts volge lo sguardo al passato di genere con fare devoto e restituisce infine un mix stravagante di situazioni, personaggi ed enigmi variegati che magari non stupirà i giocatori di avventure grafiche più scafati, ma gli terrà compagnia piacevolmente fino ai titoli di coda. Un adventure demenziale classico e delizioso, che ci sentiamo di consigliare a coloro i quali fossero a digiuno di questo genere e non ne disegnassero un nuovo, piccolo assaggio.

Voto Recensione di Kelvin and the Infamous Machine - Recensione


7

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