“Ah, i Musou. Questa magnifica arte”. Immaginatemi mentre lo dico con un cappello elegante e dei sandali, facendo roteare del cognac in un bicchiere ricurvo. Se la citazione di De Luigi vi è sfuggita non vi preoccupate, è comunque inadeguata. I Musou sono tutto fuorché un’arte, e non sono nemmeno magnifici. Sono l’action game primitivo, quello da cui sono derivati tutti gli hack ‘n’ slash tridimensionali d’azione, e l’unico che non si è mai, e ripetiamo MAI, evoluto. I timidi tentativi ci sono pure stati eh: qualcuno ha provato a inserire nella formula elementi strategici, c’è chi ci ha piazzato a forza delle fasi alternative, chi ha puntato sulla quantità degli eroi disponibili, ma alla fin della fiera hanno cozzato tutti contro la testaccia dura del pubblico nipponico, che si è affezionato a dismisura alla formula “sbatto la faccia contro il pad e stermino centinaia di nemici” e non ha accettato alcun ritocco. Quindi oggi ci troviamo qui, a guardare nell’abisso rappresentato dall’ennesimo esponente di un genere che non morirà mai, nella speranza di vederlo finalmente crescere. Oh, stavolta c’è di mezzo The Legend of Zelda, magari è la volta buona…
Nah, chi vogliamo prendere in giro. Benvenuti alla review di Hyrule Warriors, il solito Musou, con Link, Zelda e Ganondorf giocabili. È una schifezza? No, ma vi assicuriamo che non è nemmeno il caso di gridare al miracolo.
C’era una volta a Hyrul… COMBO!
Non vi ingannino le scritte che ricordano Ocarina of Time nella schermata iniziale o le indimenticabili musiche della serie, Hyrule Warriors ha ben poco a che fare con gli Zelda al di fuori della trama. Qui Link è un soldato al servizio della principessa Zelda, che dopo un attacco delle forze del male decide di lanciarsi in battaglia e scopre così di essere l’eroe della leggenda. Da questo punto in poi la trama gira attorno a una maga con una malsana ossessione per il guerriero di verde vestito, e al solito immancabile Ganondorf. Inutile aspettarsi una storia da manuale o una grande caratterizzazione dei personaggi, si tratta alla fin fine di una scusante per dare il via a un gran numero di battaglie, con l’occasionale new entry nel team di combattenti utilizzabili e un qualche terribile pericolo da affrontare.
L’unico complimento che ci sentiamo di fare agli sviluppatori è legato all’uso delle ambientazioni. Consapevoli che non avrebbero certo spaccato il mondo con le vicende del loro gioco, a un certo punto devono essersene bellamente fregati della logica, e hanno usato un paio di espedienti a casaccio per portare il giocatore a visitare locazioni ispirate a molti capitoli della saga. Probabilmente la scelta più furba che potessero fare.
La furbizia, tuttavia, non se la sono portata dietro quando è stato il momento di ritoccare il gameplay. Inutile sperarci, Hyrule Warriors cambia poco o nulla nella formula dei Musou, riuscendo a risultare passabile solo grazie a un paio di introduzioni derivanti proprio dagli Zelda, e non dal genere di cui il re è Dinasty Warriors.
Entriamo nel dettaglio: il motivo per cui spesso e malvolentieri ci troviamo ad attaccare la giocabilità del genere è la sua eccessiva semplicità. Un sistema intuitivo va bene, ma la possibilità di eseguire combinazioni di potenza devastante con la semplice alternanza dei tasti e la mancanza totale di finezza sia nelle manovre offensive che difensive fanno perdere qualunque personalità a un action, salvo che al giocatore non piaccia da matti sterminare centinaia di avversari a sforzo zero.
Giochi come Warriors Orochi 3, o persino l’ultimo Musou di One Piece, hanno migliorato leggermente le cose con team controllabili con più eroi e mosse combinate, o fasi alternative per spezzare la monotonia (spesso mal riuscite, ma tant’è). Hyrule Warriors invece introduce solo due fattori nel mix, il targeting degli élite e gli oggetti.
Punto, fine, the end, queste sono le due “grosse” aggiunte del titolo e, diciamolo in tutta sincerita, potrebbero persino rappresentare un cambiamento enorme considerando l’immobilità del genere, ma sono applicate in modo talmente banale da esser quasi ignorabili. Il targeting system funziona solo sulle unità élite, come detto, o sui boss, e pur permettendo manovre precise e combinazioni più complesse sui nemici potenziati, perde di importanza quando ci si rende conto di quanto pilotati e prevedibili siano gli attacchi degli avversari, o di come ogni personaggio disponga di un paio di combo che risultano sempre più efficaci delle altre in scontri 1 contro 1. L’uso degli oggetti è stato invece applicato per dare un tono al gioco più simile a quello degli Zelda reali, poiché contro certi nemici è obbligatorio sfruttare uno strumento specifico in modo da far apparire dei punti deboli da attaccare. Chiaramente, tutto viene reso evidentissimo dal titolo e anche il boss apparentemente più duro da sconfiggere può venir fatto a pezzi testando qualche oggetto alla carlona.
Insomma, non c’è planning, non c’è strategia, niente elementi ibridi per cambiare le cose, e nessuna spinta alla battaglia. È il solito Musou, e questo vale anche per la tipologia delle missioni.
La Master Sword non ha mai faticato tanto
In pratica ci si ritrova nei tipici grossi campi di battaglia popolati da nemici, con zone da conquistare e obiettivi variabili occasionali, come la liberazione di un luogo strategico o l’uccisione di un nemico particolare. I boss descritti sopra non sono abbastanza impegnativi da donare un pizzico di pepe al tutto, e in generale per tutta la campagna ci si riduce a un continuo ammazza ammazza senza arte né parte.
La missioni principali hanno una sola spinta all’avanzamento, lo sblocco dei personaggi, ma anche in questo campo Hyrule Warriors delude, con un roster davvero minuto se paragonato a quelli delle teste di serie del genere. Buona parte dell’attrattiva di un Musou dipende anche dalla possibilità di vestire i panni di innumerevoli guerrieri, qui invece i personaggi sono pochini e, nonostante il loro carisma immortale e gli stili di combattimento piuttosto unici, difficilmente vi incolleranno allo schermo. Ci sono armi multiple, perlomeno, che variano gli stili, ma siamo ancora spanne sotto alle centinaia di eroi visti in altri titoli simili. Il sistema di crafting inserito nel gioco, che permette di aumentare la potenza delle armi con effetti passivi, è poi troppo basilare e guadagna un minimo di senso solo nelle fasi finali. Non molto meglio lo sviluppo dei personaggi, basato su marchi ottenibili consumando materiali recuperati durante le missioni.
Sui contenuti perlomeno la software house non si è sprecata, inserendo un Adventure Mode, una modalità sfida, e una cooperativa a due giocatori. La co-op è solo locale, ma smorza molto il fastidio di certe missioni, dove l’infima intelligenza artificiale alleata perde zone conquistate con una frequenza quasi patologica, e permette di utilizzare il paddone come secondo schermo. L’Adventure Mode è invece una modalità a missioni dove si possono trovare armi, pezzi di cuore per potenziare gli eroi, o sbloccare alcuni personaggi non ottenibili nella campagna. La modalità migliore è sicuramente la sfida però, perché pone obiettivi non semplicissimi da superare con dei limiti di tempo, e rappresenta l’unica opzione dove il giocatore deve giocare stando attento a quel che fa (è al momento scaricabile con una patch pre day-one). Il problema della noia correlata al gameplay comunque rimane, e da quella non c’è scampo.
L’unico aspetto in cui Hyrule Warriors svetta sulla concorrenza è paradossalmente quello tecnico. Attenzione, non è un gioco tecnicamente avanzato, e mantiene le beghe di tutti i suoi concorrenti: cali di frame rate, pop up improvviso dei nemici, problemi di interpolazione poligonale e così via, eppure almeno per quanto riguarda la modellazione dei personaggi principali e dei nemici è stato fatto un buon lavoro, l’aspetto del titolo è colorato e piacevole, e il restyle dei personaggi della serie, seppur a tratti davvero troppo tamarro (no, dico, l’avete visto Ganondorf?!?), è riuscito. L’uso delle musiche originali, in alcuni casi remixate con tonalità rock più adeguate alle battaglie, ci mette seriamente del suo. Le mappe non sono certo una meraviglia se si parla di dettaglio, ma almeno sono molto diversificate, ed è il caso di accontentarsi.
– Tecnicamente e artisticamente sopra la media… per un Musou
– Accessibile e spettacolare
– Colonna sonora da manuale
– Gameplay ripetitivo, noioso e privo di evoluzioni sostanziali per il genere
– Le magagne tecniche tipiche restano
– Pochi personaggi rispetto ai concorrenti
Se vi aspettavate una reale evoluzione dei Musou da Hyrule Warriors, siamo costretti a tarparvi le ali. Il gioco si attiene ai canoni del genere ciecamente, e non bastano un paio di meccaniche e idee extra a uscire dalla melma in cui questi titoli ormai sguazzano da anni. È triste: questi proto-action hanno infinite possibilità di evolversi, migliorare e ibridarsi, eppure nessuno, nemmeno quando ha a disposizione un marchio come quello di The Legend of Zelda, osa perfezionarli. Non basta Link tra i personaggi giocabili a rendere Hyrule Warriors un titolo degno, gli diamo una sufficienza risicatissima solo per la cura di certi elementi. Esclusivamente per aficionados incrollabili del genere.