Dei problemi tecnici di
Homefront: The Revolution ne abbiamo parlato nella
recensione e durante i nostri approfondimenti. Il frame rate disastroso (assieme ai conflitti a fuoco approssimativi e ai tanti bug) ha condizionato un titolo dalla genesi molto travagliata, che non è riuscito a raggiungere gli standard qualitativi che ci si aspettava da una produzione del genere. Dall’uscita a oggi i ragazzi di Dambuster Studio (ultima delle software house che ha preso in gestione il progetto dopo una staffetta a tre che ha creato molti problemi) hanno tentato di arginare le problematiche più gravi, riuscendoci solo in minima parte.
La recente “Performance Patch” ha senz’altro migliorato la situazione, ma dobbiamo nostro malgrado ammettere che i risultati ottenuti non sono ancora soddisfacenti, nemmeno in questo DLC chiamato The Voice of Freedom.
Resistere alla Resistenza
Prima di raccontarvi il contenuto aggiuntivo dedicato alla storia, bisogna illustrare brevemente qual è la situazione del gioco attuale per quanto riguarda il comparto tecnico, ancora molto sofferente anche con configurazioni PC al di sopra dei requisiti raccomandati.
Dopo aver effettuato tutte le prove del caso per l’ennesima volta, siamo costretti a dirvi che Homefront: The Revolution arranca ancora molto, arrivando a lambire i 22-25 fps in modo incostante quando vengono impostati i dettagli al massimo (la configurazione è la medesima che trovate nella recensione). Certamente è un passo in avanti rispetto ai 15-18 fps degli inizi, ma non è ancora abbastanza per affermare che Homefront: The Revolution sia un gioco godibile da chi su PC esige il massimo e spende molto proprio per evitare che simili situazioni si verifichino. Ci sono alcune configurazioni più fortunate che hanno un impatto migliore sulle prestazioni del gioco, così come ce ne sono altre che invece hanno avuto problematiche più accentuate pur essendo migliori di quelle consigliate. Questa disparità, unita a un resa visiva non ancora soddisfacente e molto altalenante, testimoniano ancora oggi tutta l’instabilità del codice. A causa di tutto ciò, sono stato costretto ad abbassare la risoluzione pur mantenendo i settaggi al massimo, e solo così sono riuscito ad avere una fluidità dignitosa durante le due ore circa che ho impiegato per portare a termine The Voice of Freedom.
Aspettando Philadelphia
The Voice of Freedom è un prologo delle vicende narrate in Homefront: The Revolution. Si conclude esattamente con la scena d’apertura del gioco principale, con l’intervento perentorio di Benjamin Walker utile a salvare degli uomini che stavano per essere giustiziati. Il protagonista, già a capo della ribellione in Homefront: The Revolution e ricercato dalla carica più alta della KPA, si trova stavolta dentro una lunga rete di tunnel che conducono direttamente alla città di Philadelphia. Al loro interno si sono insediati i “The 90”, una fazione ostile da sgominare prima di giungere alla metropoli che ospiterà i moti rivoluzionari del popolo.
Non ci sono novità per quanto riguarda gli elementi del gameplay e molte delle caratteristiche presenti nel gioco di base fanno il loro ritorno anche qui; alcune tra queste, tuttavia, si rivelano non necessarie per completare il breve prologo. Basti considerare infatti che gli aggeggi da fabbricare verranno usati solo in determinate situazioni in cui sono presenti mezzi corazzati o che la personalizzazione delle armi verrà probabilmente messa da parte da molti giocatori. È dunque sufficiente attirare i nemici, infilarsi in un cunicolo e aspettare che arrivino uno dopo l’altro per farli fuori con relativa semplicità, anche con una pistola. Oltretutto, questa porzione di gioco è molto più lineare rispetto a quanto visto in Homefront: The Revolution: non ci sono spazi all’aperto dove girovagare e in linea generale si tratta di una porzione di gioco assai lineare e anche piuttosto guidata.
Ciononostante, The Voice of Freedom è ben concentrato e non lascia spazio a inutili divagazioni o variazioni sul tema di scarso interesse; al contrario, mescola al suo interno gli elementi più riusciti della produzione e organizza con più ordine ed efficacia quelli che risultavano più deboli. Giusto per fare un esempio, c’è una sezione a bordo della moto ambientata in un cunicolo che è parsa molto più spettacolare e adatta al contesto, rispetto a quelle molto confusionarie e mal realizzate del gioco di base.
Al di là di questo, il prologo risulterà appena sufficiente anche a chi ha apprezzato la tribolata opera di Dambuster Studio, che aveva nella storia il proprio vero punto di forza.
– Buon ritmo di gioco, molto concentrato e senza inutili riempitivi
– Contestualizza meglio alcune caratteristiche mal implementate nel gioco di base
– Molto breve e senza nessuna reale novità
– Ancora tanti, troppi problemi tecnici
The Voice of Freedom svela il retroscena della rivoluzione innescata da Benjamin Walker e caldeggiata dai suoi fedeli poco prima di entrare nella città di Philadelphia. Si tratta di un contenuto breve e che tutto sommato ha un buon ritmo; tuttavia, i molti problemi tecnici solo parzialmente risolti vi costringeranno ad accontentarvi di compromessi che difficilmente accetterete di buon grado.