Hard to Be a God
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a cura di Dartagnan
Hard To Be A God nasce per volontà degli sviluppatori di origine russa Burut ed Akella. Basato sull’omonimo romanzo di natura fantascientifica dei fratelli Strugatsky, Hard to be a God racconta di come le popolazioni della Terra e di Arkanar, un tempo alleate, arrivarono a separarsi per via di un sanguinoso conflitto.Questo stato di isolamento portò col passare tempo ad una singolare divergenza evolutiva: mentre i terrestri raggiunsero col tempo uno stato di modernità ed armonia, per mezzo della scienza e della tecnologia, gli arkaniani rimasero misteriosamente bloccati all’epoca medievale, come se ci fosse una sorta di crisi temporale.Il protagonista principale è un investigatore incaricato di indagare su delle faide locali e che venuto a contatto con degli abitanti della Terra, visti come Dei dalla popolazione di Arkanar, inizierà pian piano a fare luce sulla sua civiltà.
Tratto dal romanzo di Arkadi e Boris Strugatzki:“La repressione impazza ad Arkanar, nel paesaggio si stagliano le forche.Il Re ha messo al bando tutti gli intellettuali.Gli studiosi inviati dal pianeta terra, ormai pacifico ed evoluto, cercano di confondersi tra gli abitanti di Arkanar, studiano, osservano, trasmettono informazioni.Intervenire? Creare forzatamente nuovi equilibri, nuove alleanze? Funzionerebbe? Sarebbe giustificabile eticamente? Com’è difficile essere un Dio!”
Non è quindi difficile vedere più di un’analogia fra il totalitarismo di Arkanar e le infinite varianti, per quanto nascoste, che la tirannia assume nel nostro pianeta.
Con un cavallo andremo alla conquista del mondo interoL’assai intrigante cornice storica che contraddistingue Hard to be a God, come già detto, prende lo spunto dall’opera letteraria dei due celebri scrittori russi, autori tra l’altro di Roadside Picnic, per il quale c’è stata la reinterpretazione cinematografica con “Stalker”, fonte di ispirazione per il pluririmandato S.t.a.l.k.e.r.: Shadow of Chernobyl. Gli sviluppatori hanno deciso di fornire per questo titolo uno stile di gioco ed una struttura che riporta ai classici giochi di ruolo per PC. Il titolo ha inizio con un breve allenamento, molto utile per fare pratica col funzionamento del gioco, che comunque risulta molto intuitivo e poco stressante. E’ proprio in queste fasi iniziali che possiamo apprezzare l’aspetto su cui Hard to be a God non dà il meglio di sé, vale a dire il sistema di combattimento, scandito da una barra della fatica che si prosciugherà tanto più velocemente quanto maggiore sarà la concatenazione degli attacchi portati. Alternare fendenti veloci a potenti affondi, usando allo stesso tempo la parata per recuperare le forze, sarà indispensabile visto che la possibilità di soccombere non è certo remota. Purtroppo se in principio il sistema di combattimento sembra ben progettato e semplice da usare, proseguendo avremo più di un problema a contrastare i nostri nemici. Quindi, oltre a trovarci davanti avversari molto più forti di noi (e non poco), dovremo fare anche i conti con un sistema di attacco poco efficiente ed a volte davvero stancante. Qui entra in gioco l’ultilizzo del cavallo disponibile fin dai primi minuti, col quale sarà possibile fuggire in caso di forte pericolo e combattere direttamente in sella, causando molti più problemi ai nostri nemici ma al tempo stesso rischiando, in casi di attacchi diretti, ancora di più, in quanto risulta di notevole difficoltà riuscire a gestire il puledro con l’ausilio di mouse e tastiera.Altro aspetto da menzionare è la determinazione della classe, associata alla tipologia degli indumenti che indossiamo. Sarà di vitale importanza liberarsi al più presto della divisa ufficiale, in favore di una meno vistosa per non attirare l’attenzione dei malviventi che regnano incontrastati attorno alla capitale; ignorare tale particolare significherà complicarsi e di molto l’esperienza.
CaratteristicheIn questo titolo stupiscono le ambientazioni realistiche, create e sviluppate in maniera quasi stupefacente. Esse sono corredate da alternanza di giorno e notte, e condizioni meteo variabili (nebbia, pioggia,…) che condizionano le attività degli altri personaggi e degli animali. C’è inotre la possibilità di interagire con tutti gli esseri umani presenti per chiedere loro informazioni coinvolgendoli in conversazioni.Sono presenti tre categorie di nemici: esseri umani, animali (lupi per lo più) e creature staordinarie di vario tipo, oltre a dei nemici “speciali” quali mostri.Uno degli aspetti molto importanti è rappresentato dalle classi di armi, che in tutto sono sei per un totale di circa 200 armi (davvero tante). Esse possono essere usate anche dalla distanza, grazie ad alcuni armamenti con caratteristiche balistiche a lungo raggio, che variano di potenza e precisione.Inoltre il sistema di combattimento ci permetterà di effettuare varie combo ed attacchi speciali che dovranno essere supportati dalle nostre abilità e dalle armi che abbiamo, anche se a volte risultano poco sfruttabili. Il Regno di Arkanar è suddiviso in molti ambienti ed il gruppo viaggerà tra i vari luoghi usando la Mappa Globale, ricordandoci che i nostri movimenti influiranno il mondo intorno a noi. I nuovi luoghi appariranno subito dopo i dialoghi avuti con i personaggi non giocanti ed il meccanismo di scambio permette di vendere e comprare oggetti, oppure barattarli in caso di accordo.
Quasi in ombraIn generale possiamo dire che Hard To Be A God ha deciso di rischiare poco con la creazione di un sistema di crescita del personaggio che, tra le abilità principali (armi leggere, medie e pesanti) e le caratteristiche secondarie (armi a distanza, salute, diplomazia, stamina, medicina), è composto da solo otto voci, tutte potenziabili con l’utilizzo dei punti abilità ottenibili con un necessario incremento del livello di esperienza. Stesso discorso per i dialoghi, spesso anonimi e forse eccessivamente accademici. Hard to be a God ha però dalla sua una storyline con diverse biforcazioni e molteplici finali possibili. Per concludere, sebbene il motore grafico appaia un bel pò datato, visivamente il gioco si difende abbastanza bene, grazie ad una palette cromatica ricca ed al sistema di ombre generate in tempo reale. Una buona stabilità ed un sufficiente livello di dettaglio vanno a completare il comparto tecnico.
HARDWARE
Requisti minimi:P4 1,6 Ghzwindows xp o vistaram 1 gb (1,5 gb con vista)scheda video 128 mb compatibile con directX 9.0c scheda audio compatibile con directX2 gb di spazio su HD
Requisiti consigliati:
P4 2,5 Ghzwindows xp o vista2 gb di ramscheda video da 256 mb compatibile con directX 9.0cscheda audio compatibile con directX2 gb di spazio su HD
MULTIPLAYER
Non presente
– All’inizio sembra un titolo assai divertente
– Audio molto intenso ed accattivante
– Buona varietà di armi
– Dopo una decina di ore di gioco, si mostra noioso e ripetitivo
– Sistema di combattimento poco interessante
– Alcuni bug durante l’esplorazione sia a piedi che a cavallo
7.5
Dopo S.t.a.l.k.e.r.: Shadow of Chernobyl e The Witcher, Hard to be a God è l’ennesimo titolo della ormai influente scuola dell’Europa dell’est. Sebbene in passato Akella e Burut non abbiano sempre rispettato le aspettative, visto il potenziale del contesto narrativo, questa volta sarebbe stato legittimo aspettarsi un tributo all’altezza dell’opera letteraria cui il gioco fa riferimento. In parte sono riusciti nel loro intento, ma tra i titoli che rimangono nella storia ed Hard To Be A God, il salto è abbastanza rischioso. Di sicuro l’universo di gioco, l’atmosfera medioevale e i personaggi principali ripresi dal libro contribuiscono a fare di questo titolo un buon videogame, vista la supervisione dello stesso autore Boris Natanovich Strugatsky. Potrete giocare quindi ad un gioco di ruolo con buone fondamenta, che cambia a seconda del luogo e del personaggio selezionato, permettendovi di creare una varietà di allineamenti con gli altri personaggi non giocanti ed aumentare le esperienze del vostro eroe. Attenzione però, visto che alla lunga potrebbe risultare un po’ ripetitivo, soprattutto per coloro che non apprezzano completamente il genere dei GdR.
Voto Recensione di Hard to Be a God - Recensione
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