Mentre la quinta stagione della serie TV de Il Trono di Spade è arrivata al settimo episodio (ormai manca poco alla fine), il Game of Thrones videoludico di Telltale Games tocca puntualmente il quarto episodio con questo Sons of Winter, titolo profondamente “martiniano” e splendidamente inserito nel mood di una sserie da cui però rimane difficile aspettarsi qualcosa di nuovo. Eppure non siamo di fronte a un episodio solo riempitivo e stanco in attesa di quello che dovrebbe essere il gran botto finale con gli ultimi due capitoli A Nest of Vipers e The Ice Dragon. Bisogna premettere che il mix di dialoghi, Quick Time Event, indagini e spizzichi di esplorazione concessa qua e là è quello di sempre e anche come longevità non ci si smuove della media della serie. In Sons of Winter mancano forse momenti davvero topici e tutta la parte ambientata al Nord nei panni di Gared Tuttle, che qui dovrà affrontare un incontro inaspettato e una fuga a dir poco spericolata, continua a essere la meno convincente tra le quattro tracce narrative ormai consolidate.
Un eroe di nome Asher
Una cosa che si nota piuttosto facilmente in questo quarto episodio è la massiccia presenza di dialoghi, ancor più rispetto alle tre uscite precedenti. Il ritmo finisce con il risentirne, anche se abbiamo apprezzato la possibilità di vedere quasi subito le conseguenze delle decisioni prese senza attendere l’episodio successivo. Ce ne siamo accorti in almeno due snodi narrativi e comunque l’azione non manca sia quando guidiamo Gared verso il misterioso North Grove, sia nei panni di Asher Forrester, il personaggio sicuramente più “cool” e intrigante di questa sfortunata famiglia. Anzi, tutta la parte con Asher e Beshka in quel di Meerreen, con tanto di dialogo con Daenerys Targaryen, è il clou dell’episodio. Il dilemma morale a cui si trova di fronte Asher, nel tentativo di costituire un esercito per tornare ad Ironrath e spazzare via gli odiati Whitehill, è il più intrigante di tutti e anche il passato dell’amica Beshka che si svela lentamente è un’ottima trovata, a supporto tra l’altro di uno dei personaggi più azzeccati dell’intera serie. Inoltre, ormai dallo scorso episodio, Asher ha i QTE più belli e articolati e questo mix di azione, personaggi carismatici (come non subire il fascino di Daenerys?) e scelte morali fa della sua traccia narrativa il vero fulcro di Sons of Winter.
Un poker di trame
Le altre due trame riguardano Myra ad Approdo del Re e Rodrik, che giorno dopo giorno riacquista le forze e sembra sempre più intenzionato a riprendersi Ironrath con o senza violenza. La parte di Myra, forse anche per l’ambientazione che ispira torpore con quei colori così caldi, è da sempre quella più parlata e dal ritmo languido, nonché quella più “investigativa” se così si può definire. La cosa bella ora è che Myra, perso l’appoggio della nuova regina e con il potenziale alleato Tyrion Lannister imprigionato per la morte di Joffrey, appare ancora più fragile e combattuta di prima, ma non per questo smette di lottare e la scena dell’incoronazione di Tommen è un piccolo tocco di classe. Dove la serie continua a essere più cupa e drammatica è invece nella traccia narrativa di Rodrik. Da un lato non vediamo l’ora che Ramsay Bolton paghi per tutto quello che ha fatto e che l’altrettanto insopportabile Ludd Whitehill faccia una brutta fine. Dall’altro l’incerto fisico di Rodrik e l’atmosfera da assedio continuo che contraddistingue questa parte aggiungono forti dosi drammatiche. Ne esce alla fine un episodio più che valido con anche un discreto colpo di scena finale, seppur con qualche dialogo di troppo (non tutti sono necessari), la solita resa grafica altalenante e momenti un po’ fiacchi ravvivati però dall’ottima parte affidata ad Asher.
– Asher Forrester è proprio un bel personaggio
– Le linee narrative si fanno più coese
– Non manca qualche bel dilemma morale
– A tratti è fin troppo logorroico
– QTE meno ispirati del solito
– Gared Tuttle continua a non convincere del tutto
Sons of Winter è un classico episodio mediano, con sicuramente più luci che ombre ma senza passaggi, trovate o colpi di scena davvero degni di nota. È forse lo scotto da pagare in vista dei due episodi finali che speriamo possano chiudere questa prima stagione nel migliore dei modi, ma il 7 che vedete in alto è comunque meritato, grazie soprattutto alla traccia narrativa di Asher, alla sofferenza negli occhi di Rodrik e alla solitudine di Myra. Se siete fan delle tre serie (romanzi, TV e giochi), vi basterà questo per apprezzare Sons of Winter.