Il terzo episodio (come il terzo album di una band) non è mai semplice e nel caso di Game of Thrones, che è partito alla grande con un ottimo primo capitolo per poi sedersi leggermente con un secondo episodio più lento e senza grandi colpi di scena, è ancora più rischioso. Telltale Games sembra però aver letto nel pensiero dei moltissimi appassionati della saga fantasy di George R.R. Martin rimasti un po’ delusi il mese scorso da The Lost Lords, confezionando con questo The Sword in the Darkness un episodio più avvincente e meglio calibrato. Rimangono purtroppo i classici limiti della serie tra cui una grafica appena sufficiente, un’ottimizzazione del motore grafico (pur vecchiotto) che lascia un po’ a desiderare, la solita scarsità di interazione con l’ambiente e un gameplay ridotto ormai all’osso, tanto che pur di farci premere un pulsante del gamepad ogni tanto gli sviluppatori hanno pensato bene di rendere interattivo (si fa per dire) il giuramento di Gared alla Barriera. Un piccolo esempio che però la dice lunga sul grado “ludico” ormai prossimo allo zero della serie, che a parte due QTE all’inizio e alla fine in fase di combattimento e un banalissimo mini-game con una mappa è ormai diventata un mix quasi esclusivo di dialoghi, cut-scene e risposte multiple.
Contrasti e vendette
Prendere o lasciare, ma se decidete di prendere sappiate che questo terzo episodio può darvi parecchie soddisfazioni. Qui infatti le decisioni fondamentali da prendere sono numerose e riguardano in gran parte Rodrick, che nonostante le precarie condizioni fisiche fa di tutto perché la sua famiglia non ceda di fronte ai Whitehill (tra cui l’odiosa new entry Gryff) e perché i Forrester mantengano il controllo sulle loro preziose foreste. Rodrick è un bel personaggio, diviso tra gli accorti consigli della madre (c’è un fratello piccolo da salvare) e l’impeto di vendetta e odio nei confronti di Roose Bolton e Gryff Whitehill, senza contare che i soldati che invadono Ironrath non si comportano proprio da signori. Nei panni di Rodrick avremmo spesso voluto uccidere tutti e vendicarci per l’atroce fine di Ethan, ma in Game of Thrones la strada dell’istinto e della vendetta porta quasi sempre ad altre tragedie e quindi è meglio evitare. Il senso di sofferenza e di difficoltà coinvolge anche le altre tre storyline dell’episodio. Quella di Gared alla Barriera, fin troppo soporifera nel secondo capitolo, si accende improvvisamente con una missione quasi da avventuriero a la Indiana Jones, che però metterebbe il giovane Guardiano contro il giuramento appena pronunciato. Gared inizia ad acquistare spessore come personaggio e anche lui, diviso tra la fedeltà ai Forrester e quella ai suoi nuovi “fratelli” (Jon Snow compreso), è dilaniato dai dubbi e la comparsa improvvisa di una vecchia e odiata conoscenza non fa che peggiorare le cose.
Due ore a Westeros
Ad Approdo del Re la storyline di Mira continua a convincere. Si tratta della parte più “politica” della serie, con inganni, sotterfugi, odi striscianti tutti al femminile e continue bugie. L’unico rammarico in questo terzo episodio è la sciatteria con cui è stato affrontato il tragico matrimonio di Joffrey (un fuori campo di una decina di secondi), evento che avrebbe invece meritato uno svolgimento più articolato e meno raffazzonato. Tutta la parte ambientata a Meereen che vede come protagonisti Asher, suo zio Malcolm e la tostissima Beshka ha un po’ il freno tirato in questo episodio, nonostante l’inizio “infuocato” (capirete subito il perché) e il carattere da tipico sbruffone di Asher. Lo stesso finale dell’episodio, con Asher sempre protagonista, è un cliffhanger che introduce uno dei personaggi più amati della saga, ma l’epilogo manca sia della tragedia del primo episodio, sia della triste elegia del secondo capitolo. Insomma, alla fine The Sword in the Darkness, che abbiamo giocato su PC e terminato in circa 110 minuti, allinea quattro storyline tutte più o meno riuscite e lo fa con un ritmo migliore di The Lost Lords ma anche con qualche caduta qua e là, come il duello sulla Barriera o le già citate “nozze porpora”. Per il resto le considerazioni da fare sono sempre quelle. La formula di Telltale Games si ama per la componente narrativa o si odia per un gameplay ormai ridotto al lumicino. A noi continua comunque a piacere, anche se i timidi tentativi di inserire un po’ di interazione qua e là fanno ormai più tenerezza che altro.
– Tutte e quattro le storyline funzionano
– Il tono si fa sempre più cupo e minaccioso
– Rodrick e Mira non sfigurerebbero nella saga originale
– Finale con sorpresa ma un po’ moscio
– Comparto grafico superato
– Solita interazione ridotta quasi a zero
The Sword in the Darkness è un buon episodio grazie soprattutto a un’uniformità tra le varie linee narrative che era mancata in The Lost Lords e in parte anche nel primo episodio. Qui infatti tutto è meglio amalgamato, non ci sono particolari cadute di tono o di ritmo e i personaggi di Rodrick e Mira si stanno dimostrando i migliori della serie. Finale poco esplosivo e di parti “giocate” c’è ormai davvero pochissimo, ma in fondo ce lo aspettavamo.