Recensione

Final Fantasy XII: The Zodiac Age

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a cura di Gottlieb

Informazioni sul prodotto

Immagine di Final Fantasy XII: The Zodiac Age
Final Fantasy XII: The Zodiac Age
  • Sviluppatore: Square Enix
  • Produttore: Square Enix
  • Distributore: Koch Media
  • Piattaforme: PS4 , XONE , SWITCH
  • Generi: Gioco di Ruolo
  • Data di uscita: 11 luglio 2017 - 1 febbraio 2018 (Steam) - 30 aprile 2019 (Switch, Xbox ONe)

Manca circa una settimana alla release di Final Fantasy XII: The Zodiac Age, il remake della versione International del dodicesimo capitolo della saga Square-Enix. Un mese fa, negli studi londinesi del publisher giapponese, avevamo avuto occasione di approcciare per la prima volta, dopo dieci anni, il mondo di Ivalice con il tratto di Yoshitaka Amano dalla nostra. Adesso, a qualche giorno dalla recensione, vi raccontiamo le nostre prime tre ore in compagnia di Vaan e Penelo per le strade di Dalmasca.

Dalmasca delenda estLe vicende narrate, come è noto a chi ha già avuto modo di giocare a Final Fantasy XII una decade fa, partono da Rabanastre, la capitale del regno di Dalmasca. Sotto i nostri occhi si stanno celebrando le nozze della principessa Ashe di Dalmasca e del principe Rasler di Nabradia: un momento fondamentale per l’unione di due famiglie, di due regni, che siglano così una forte alleanza. La felicità, però, dura davvero poco perché l’Impero di Archadia invade Nabradia per conquistarla approfittando della disattenzione figlia della festa. Durante la battaglia il principe Rasler perde la vita e il re di Dalmasca, Raminas, è così costretto a firmare la resa, recandosi alla Fortezza di Nalbina. Qui, però, un drappello di soldati prova a interrompere le trattative e il capitano Basch, eletto capo della missione, uccide dapprima il re Raminas e poi Reks, un giovane volontario arruolatosi per difendere il re e testimone del tradimento del cavaliere. Basch, dopo il folle gesto, viene catturato e giustiziato, mentre Dalmasca cade nelle mani di Archadia, partendo da Rabanastre. Mentre il Marchese Ondore IV dà l’annuncio alla popolazione di quanto accaduto, a Rabanastre il fratello del defunto Reks deve farsi strada per i vicoletti della città, per cercare di sopravvivere e non farsi sopraffare dalle vicende che hanno colpito il mondo. Due anni dopo Vaan, il fratello di Reks, si prepara al suo viaggio dell’eroe.

Ritorno a IvaliceNelle nostre prime tre ore di avventura a Ivalice – un ritorno graditissimo nell’universo disegnato da Matsuno – chiaramente l’approccio col gameplay è stato abbastanza scarno, essendo l’inizio di Final Fantasy XII maggiormente votato alla contestualizzazione narrativa. Dopo quello che è a tutti gli effetti un tutorial nei panni di Reks, oltre che un prologo alle vicende di Vaan e Penelo, i due orfani protagonisti delle vicende che da Rabanastre si inerpicano per il resto del regno di Dalmasca, entriamo nel pieno dell’avventura. Ritrovare il Gambit, il battle system che nel 2007 conquistò gran parte della critica per il suo approccio completamente innovativo di intendere la strategia in battaglia, produce un effetto piacevole, ma anche da questo punto di vista abbiamo dovuto accontentarci di una versione ancora troppo embrionale: soltanto col procedere delle ore, con la possibilità di sbloccare nuovi elementi dello stesso così da perfezionare la strategia, sarà possibile apprezzare a pieno quanto Final Fantasy XII vuole raccontarci del suo battle system. Come d’altronde avevamo già denotato, però, durante la prima preview, il dodicesimo capitolo della saga di Square-Enix arriva in questo 2017 con una lentezza di fondo che si accusa, sia nei combattimenti che nell’esplorazione. Recks prima e Vaan dopo si muovono in maniera molto cadenzata, anacronisticamente a quanto accade in questi anni. Forti delle cento e più ore trascorse su Final Fantasy XV questo aspetto grava moltissimo sull’esperienza finale, ma a venirci incontro c’è la velocità accelerata, che può arrivare anche al 400%. Negli studi londinesi di Square non siamo andati oltre il 200%, percentuale già apprezzabile visto che andava a colmare una problematica che si è facilmente palesata sotto i nostri occhi, ma andare al 400%, invece, ci è sembrata un’esagerazione, nonostante il livello tecnico e grafico riesca a mantenersi su buoni livelli: stilisticamente, però, non ce la siamo sentita di ridurre Ivalice e Rabanastre a un nastro avvolto rapidamente, per questo ci sentiamo di suggerire – almeno dopo questo primo approccio con Vaan – di utilizzare la velocità accelerata soltanto durante le battaglie che sapete già di poter vincere, mentre l’esplorazione merita, anche per poter godere dello stile di Ivalice, di essere vissuta a velocità normale. 

La nuova eraDal punto di vista tecnico avevamo già avuto modo di snocciolare tutte le novità che The Zodiac Age porta in grembo: innanzitutto l’originale colonna sonora è stata completamente registrata da zero con un’orchestra che si è preoccupata di rendere ancora più dettagliate le melodie, per la prima volta non composte interamente da Nobuo Uematsu in un Final Fantasy. Chiaramente nel menù è stata inserita la possibilità di usufruire dello score originale, magari per un paragone molto rapido: va da sé che noi abbiamo preferito la versione moderna, anche per restare al passo del rifacimento grafico in alta definizione. Oltre alle texture completamente modernizzate, così come tutti i personaggi, le cutscenes sono state rimasterizzate in alta definizione, per poter godere meglio dell’esperienza, pur lasciando la banda nera nella parte inferiore dello schermo per i sottotitoli, in italiano: c’è da dire che, però, per adesso gli ambienti molto grandi non ci hanno soddisfatto al meglio, con il deserto di Dalmasca, che, ci è sembrato un po’ troppo succube degli anni trascorsi e con delle texture più sporche rispetto agli ambienti chiusi, come Rabanastre. Abbiamo notato, in ogni caso, anche una gestione più rapida dei caricamenti, soprattutto nel passaggio da una location a un’altra, che potenzia ancora di più quel discorso della velocità di cui sopra, fondamentale per affrontare un’avventura di questa grandezza in questi anni. Un lavoro che non possiamo non apprezzare e che soprattutto ci permette di giocare a Final Fantasy XII nella maniera più moderna possibile, con tutti gli accorgimenti del caso, e anche con una finezza legata al doppiaggio che finalmente ci concede la scelta tra giapponese e inglese. D’altronde, c’è da ricordare, The Zodiac Age riprende a piene mani la versione International di Final Fantasy XII, che già di per sé aveva delle migliorie rispetto alla versione europea che arricchivano l’offerta finale. Poterla avere tra le nostre mani, con tutte quelle correzioni che partivano dalla sostituzione delle magie, fino ai nuovi equipaggiamenti è sicuramente un ottimo motivo per giocare Final Fantasy XII, che sia la prima volta o che sia la prima dopo dieci anni.

– La velocità accelerata compensa la lentezza

– Il Gambit non è invecchiato

– Buon lavoro tecnico

– Le licenze sono ancora più dettagliate

– Alcuni ambienti non ci soddisfano

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Le nostre prime tre ore a Dalmasca ci hanno fatto rispolverare i ricordi che avevamo per Final Fantasy XII: tutti ricordi positivi, come d’altronde furono le recensioni nel 2007, che lo premiarono per svariati aspetti. Si parte dal Gambit, un sistema che approfondiremo in sede di recensione, quest’anno arricchito dallo Zodiac Job System, che ci permetterà di avere più licenze dalla nostra, con un secondary job oltre che un main job. Inoltre l’aver aggiunto una velocità di gioco accelerata è una palese ammissione da parte del team di sviluppo della lentezza del titolo originale, non più proponibile nel 2017: per questo abbiamo apprezzato anche questa aggiunta, che, però, vi consigliamo di usare in maniera moderata e ponderata. Per il resto, ben tornati a Ivalice. Appuntamento a lunedì prossimo.

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