Recensione

Final Fantasy Fables Chocobo's Dungeon

Avatar

a cura di Mauro.Cat

La saga di Final Fantasy si rinnova da un episodio all’altro costruendo intere popolazioni e narrando vicende sempre differenti. Alcuni punti comuni, legati specialmente a nomi delle magie e bestiario, si possono però ritrovare in più di un capitolo. Final Fantasy Fables: Chocobo’s Dungeon parte dalle due certezze, presenti fin dal secondo episodio, universalmente riconosciute dagli appassionati della saga: i Chocobo e Cid. I due protagonisti di questo RPG atipico per Wii, ideale seguito di Final Fantasy Fables: Chocobo Tales per NDS, sono proprio loro e come da tradizione nuovi personaggi giungono a sostenere lo sviluppo narrativo di questo interessante esperimento.

Un tuffo nella mentePrima di cominciare l’analisi della nuova fatica firmata Square Enix occorre una necessaria premessa. Chocobo’s Dungeon non è propriamente un titolo per tutta la famiglia e neppure un gioco di ruolo rivolto necessariamente a un pubblico giovane. Al contrario, il testo completamente in lingua inglese, spesso fondamentale per comprendere il passo successivo, ed un livello di difficoltà non sempre accessibile potrebbero mettere in difficoltà chi, osservando il tenero Chocobo protagonista della vicenda, abbia erroneamente pensato ad un prodotto per tutti. La struttura di gioco impone la ripetizione di passaggi complicati all’interno dei labirinti che raramente risultano accessibili al primo tentativo.Lo spunto narrativo è certamente interessante. Cid ed il suo fidato Chocobo, due cacciatori di tesori giunti sulla cima di una sorta di torre, si ritrovano catapultati, insieme ad un gruppuscolo di rivali, nel paese di Lostime. La misteriosa cittadina basa la propria esistenza sul “dimenticare”. Ad ogni rintocco dell’orologio situato in centro gli abitanti perdono i ricordi e proseguono la loro tranquilla esistenza in questa sorta di prigionia. L’unica persona che cerca di opporsi a questa condizione è la piccola maga Shirma che giunge in nostro soccorso illustrandoci il contesto nel quale si vive a Lostime. La comparsa di uno strano bimbo di nome Raffaello, che è in grado di produrre labirinti dai ricordi delle persone, muta la stabilità della città. Il nostro compito è condurre il piccolo Chocobo attraverso i dungeon creati da Raffaello e liberare uno ad uno gli abitanti di Lostime.

Un po’ Final Fantasy e un po’ GauntletFinal Fantasy Fables è costruito prevalentemente intorno all’esplorazione dei labirinti. La struttura di base riprende le meccaniche del vecchio classico Gauntlet o dell’interessante, e semisconosciuto, Jack Bros per Virtual Boy con il quale curiosamente condivide alcune meccaniche. Una volta finiti nella mente del cittadino di turno cominciamo ad esplorare il piano del dungeon fino alla scala che ci permette di uscire o di salire al livello superiore (o inferiore). I labirinti sono creati casualmente ed è pertanto inutile memorizzare i percorsi per un’eventuale secondo tentativo. Presto si è costretti a guardare in faccia l’amara realtà e l’eventualità di una sconfitta è assai probabile visto che in FFF si perde molto più spesso rispetto ad un classico gioco di ruolo. Il fatto che non si muoia veramente, ma che si venga soltanto catapultati fuori dal livello, poco importa. L’energia a zero comporta perdite gravi, gli oggetti non equipaggiati e tutto il denaro, oltre all’uscita dal livello. Alcuni dungeon più avanzati contengono graditi punti di salvataggio. Non ci sono veri e propri scontri casuali visto che i nemici sono sempre bene in vista, ma la meccanica impone un’esplorazione di ogni piano molto rapida con combattimenti a turni, così veloci che sembrano in tempo reale, e con il continuo rischio di essere accerchiati dai nemici con conseguente esaurimento dell’energia vitale. Ogni piano è zeppo di armature e di oggetti, ma anche di trappole di vario genere che, nella maggior parte dei casi, ci arrecano gravi danni. Questa fase di gioco si rivela piuttosto originale ed impone al giocatore riflessi pronti e decisione visto che più tempo si passa in un piano, maggiore è la possibilità di uno scontro. Al termine del labirinto si affronta solitamente una sorta nemico finale. Oltre ai labirinti costruiti nella memoria si devono affrontare dungeon “reali”, simili nella meccanica e maggiori nelle dimensioni, presieduti da veri e propri boss ispirati agli elementi.

Una città da vivereSe i dungeons rappresentano la parte forte di Chocobo’s Dungeon, non vanno trascurate le meccaniche classiche da gioco di ruolo. Nella città è possibile fare acquisti, utilizzare la banca, far benedire gli oggetti maledetti ed affrontare varie altre attività. Le idee migliori sono legate all’utilizzo delle classi di gioco del Chocobo, chiamate lavori, sbloccabili dopo aver liberato la memoria del reverendo. I lavori ci legano a particolari abilità che sono assai indicate in alcuni livelli. Oltre a questo va segnalata la gradita possibilità di elaborare gli oggetti nella fabbrica, di dedicarsi alla fattoria di Stella, la madre di Shirma, o di andare a pesca. Fuori dai sotterranei è possibile salvare la partita in ogni momento aprendo la schermata delle opzioni.La vera novità, legata all’utilizzo della Nintendo Wi-Fi Connection, va segnalata soprattutto per l’originalità della proposta. All’interno della Mog-House, nella zona della miniera, è possibile accedere ad una sorta di titolo di carte totalmente autonomo rispetto all’avventura principale. Creando un proprio mazzo di carte, operazione non proprio chiara da svolgere, si affrontano dei duelli con giocatori sparsi in tutto il mondo. La meccanica di gioco riprende quella dei più noti giochi di carte del genere. Va segnalata la buona presenza di giocatori in rete, non ci siamo mai trovati senza avversari, nonostante questa sia una modalità secondaria. Anche la narrazione della trama non esce dai canoni dei classici GDR Square con filmati, che forse potevano essere più curati, e verbose sequenze di narrazione della trama. Chi non è abituato al genere potrebbe trovare pesanti queste fasi. Il vero punto di forza è legato invece all’atmosfera misteriosa e straniante che ci avvolge specialmente ad inizio avventura. Le frasi che ascoltiamo nella mente degli abitanti ed i primi dialoghi scambiati con il sindaco, costruiti con grande sapienza, stimolano la curiosità del giocatore.

I quattro elementiNon ci resta che analizzare i quattro elementi di giudizio del titolo. L’impianto grafico è senza dubbio la nota dolente del gioco. Non siamo ai livelli dei primissimi prodotti Wii lanciati dalle terze parti, ma abbiamo trovato davvero pochi spunti degni di nota. Alcuni effetti di luce sono piuttosto curati, ma in genere si può segnalare una certa mancanza di ispirazione. Anche con le animazioni, se si trascurano alcuni attimi legati al buffo sprite del Chocobo, siamo su standard piuttosto bassi.Ben altro giudizio merita invece il comparto sonoro. Alcuni brani ripresi e riletti provengono direttamente dalla saga principale e giocano con la memoria del giocatore. Anche le nuove tracce sonore risultano sempre all’altezza della situazione. A queste vanno aggiunti il parlato in inglese, sempre sottotitolato, e gli spassosi versetti del protagonista che accompagna come può i dialoghi.La giocabilità risente di una certa ripetitività di fondo e di un livello di difficoltà che, al contrario dell’aspetto generale, è sbilanciato da qualche insidia di troppo. Per giocare è necessario utilizzare il solo telecomando Wii, posto orizzontalmente o verticalmente, o il Classic Controller. Non abbiamo ben compreso la scelta di eliminare il Nunchuk. Per le fasi di esplorazione la croce direzionale si rivela perfetta ma per l’ambientazione cittadina sarebbe stato preferibile utilizzare il controller analogico presente sul Nunchuk. Per questo motivo il Classic Controller, con le sue precise levette analogiche che si alternano alla croce, risulta a nostro parere la miglior soluzione. Il telecomando richiede solo un po’ più di pratica, ma alla lunga funziona senza problemi. La longevità è garantita da un buon numero di dungeon e dalla presenza di alcuni extra come il gioco di carte o la coltivazione della fattoria.

– Colonna sonora deliziosa

– Livello di sfida stimolante

– Trama intrigante e ben approfondita

– Minigioco tramite WiFi Connection

– Interamente in inglese

– A tratti ripetitivo

– Qualche incertezza nel comparto grafico

8.2

Final Fantasy Fables: Chocobo’s Dungeon si è rivelato una gradita sorpresa. Un titolo che si presenta apparentemente come un gioco di ruolo semplificato, rivolto a utenti inesperti, nasconde molto più di quanto si possa credere. Un’atmosfera misteriosa, elementi spassosi, la solita impeccabile colonna sonora e una meccanica di esplorazione crudele al punto giusto, rendono onore al prodotto Square Enix. Altro punto di forza è il combattimento con le carte da sfruttare tramite Wi-Fi che rappresenta una sorta di omaggio al genere e un vero gioco nel gioco. Alcuni difetti legati a una certa ripetitività di fondo e a un comparto grafico sotto la media non penalizzano troppo il risultato finale.

Chocobo’s Dungeon, non pretendendo di diventare il miglior RPG su Wii, ha intrapreso una strada alternativa, ispirata a vecchi classici, risultando alla fine dei conti un prodotto assai divertente sia per gli amanti del genere che per i neofiti, adatto anche a un bambino, magari aiutato da un adulto. Attenzione però a chi non conosce l’inglese; il testo non ha traduzione italiana e spesso i dialoghi sono fondamentali per comprendere indicazioni sulle mosse successive.

Voto Recensione di Final Fantasy Fables Chocobo's Dungeon - Recensione


8.2

Leggi altri articoli